Dopo Bruno Barbieri, l’anno scorso, tocca a un ex giudice di Masterchef. Al Bsmt Gianluca Gazzoli intervista Carlo Cracco, prima due, poi una stella Michelin, tra gli chef più popolari d’Italia, allievo di Gualtiero Marchesi, ristoratore a Milano, in Galleria vicino al duomo. Il successo quindici anni fa con i programmi Sky, gli insulti, le critiche, i piatti lanciati ma anche la consapevolezza che si tratta di un copione (“Anche i ragazzi lo sapevano; praticamente vivevamo insieme”). Ne ha raccontate tante, soprattutto su quella stagione televisiva. “Era un momento abbastanza complicato, anche perché c’era stata la crisi del 2008. Un anno o due anni prima [della prima edizione nel 2011, ndr] mi arriva questa telefonata e mi chiedono di andare a fare un provino. Io risposi al telefono fingendo di essere un’altra persona e dissi: ‘No, guardi, ora non c’è, è occupato’”. Ma a Sky non lasciano perdere e ci riprovano: “Dopo due anni mi richiamano. Alla fine mi convincono, anche per colpa di Rosa [la moglie di Carlo Cracco, ndr]. E quindi decidiamo di andare a fare questo provino. Io Masterchef lo conoscevo già perché all’estero era molto conosciuto, però da noi nessuno ci credeva più di tanto. Ma quando decidemmo di provare scoppiò il finimondo”. Cracco prova a smarcarsi elegantemente, ma Gazzoli gli chiede in cosa consistesse il provino: “Mi mettono davanti una ragazza, che era una segretaria, con un cannolo siciliano e mi dicono: prova a giudicare. E in fondo alla stanza avevo rosa, gli autori e pochi altri. E io ho pensato: se faccio quello gentile forse mi prendono, per cui faccio l’opposto, faccio il maleducato. Comincio a essere duro, ci sono andato già pesante. Alzo gli occhi e vedo la gente esultare (mentre Rosa mi faceva segno come per dire “Un po’ meno”). Alla fine esco e mi dicono: ‘Preso’. E poi abbiamo iniziato”.
Cracco spiega anche la sua austerità, diventata quasi proverbiale: “Cercavo di autogiustificarmi, nel senso che cercavo di essere corretto ma di tenere il punto. Non mi interessava lo show, mi interessava che qualcuno venisse fuori”. Nel frattempo il successo “ha avuto un impatto devastante”, soprattutto se si pensa alla popolarità che investì il suo ristorante. Sempre pieno, persone che vogliono delle foto, curiosi, ormai era il suo pubblico a voler mangiare da lui. Non sempre, però, era facile gestire tutto: “Cerchi di sopravvivere, cerchi di venirne fuori. Ci ho messo un po’”. La parentesi televisiva dura sei anni, poi stop. Ma in quel periodo Masterchef non era stato l’unico programma a cui aveva deciso di partecipare. Sempre Sky, infatti, lo ingaggiò per l’edizione italiana di Hell’s Kitchen. Esperienza ancora più spettacolarizzata ma che, Cracco ammette, lo ha soddisfatto di più: “Qualche soddisfazione in più lì l’ho avuta. Il vincitore della prima edizione [Matteo Grandi, ndr] ha una stella per esempio. Ci sono tantissimi ragazzi di quelli che sono usciti da lì che hanno posizioni importanti”. E poi “lì era divertente, perché era completamente finto. Delle volte ridevo della mia cattiveria”. Certo, qualcuno, ammette, potrebbe esserci rimasto male nel momento in cui iniziava a tirare dei piatti. Ma spero, almeno in quei casi, la rabbia era autentica. Gazzoli gli chiede se quel comportamento sia tipico della cucina nel mondo reale: “No, ma va. In cucina si può essere severi al massimo, ma queste cose no. Ci può essere durante della tensione durante il servizio e allora ti puoi arrabbiare, ma poi pensi a recuperare e cerchi di aiutare. Magari il linguaggio è duro ma ci si ferma lì”.
L’addio alla tv, comunque, fu una scelta necessaria per poter seguire il nuovo ristorante in Galleria: “Quando ho visto che c’era bisogno di concentrarsi molto sul progetto, ho deciso di lasciare. E devo dire che è stata un’ottima scelta. Alla fine sono ritornato a quello che mi piace di più. La televisione mi piace sempre, per esempio quello che faccio con Dinner club, però non è più un programma di cucina, ma intrattenimento”. Gazzoli gli chiede anche cosa ne pensa delle recensioni negative ai locali. Sono uno strumento utile o no? “Cerco di volare sempre un po’ più alto. Se in un posto mangi male non ci vai più. Criticare è facile, io non lo faccio mai”. Molte sicurezza, ma come ha affrontato la perdita di una stella Michelin? In realtà la versione di Cracco non è mai cambiata nel corso degli anni: “Perderla fa parte dell’esperienza, è sempre formazione. Però non è che abbandoni il tuo lavoro, anzi, lo fai ancora meglio. Tu devi essere convinto di quello che fai. Io sono convinto di quello che faccio, faccio quello che mi piace e cerco di farlo al meglio. Se viene bene, se non viene è uguale. Ormai per me non è più una gara. Tu devi lavorare perché sai lavorare bene, puoi lavorare bene e puoi servire come esempio per i ragazzi che lavorano con noi”. E chi, come gli chef del ristorante Giglio di Lucca, sceglie di rifiutare la stella, risponde con comprensione e senza assolutismi: “Ognuno cerca il suo equilibrio, attraverso delle scelte. E quella è una scelta. Come l’hai presa la perdi. Non è per sminuire, però è fondamentale che tu ti senta bene. Se tu stia bene con una stella o con tre stelle, allora è il tuo. Se ti pesano non è tuo”.