Male non fare, paura non avere. Tvboy è forse il più famoso tra gli street artist italiani. La sua cifra stilistica sono fondamentalmente i santini, come quelli che nonna teneva nel vecchio portafoglio che si apriva a fisarmonica. Soltanto, al posto di San Damiano imbellettato, di San Filippo corrucciato, di Santa Melecchia contrariata e di San Petardo inesploso, ci sono Santa Giorgia, San Gigino, San Matteo e, ricorrentemente, Santa Chiara dei Pandori. L'opera che ha presentato oggi Tvboy si intitola La carità ai tempi dei social, e ritrae Chiara Ferragni nell'atto di sganciare un obolo a un mendicante, mentre lo riprende con lo smartphone. Se fossimo brava gente, o comunque dei critici d'arte, potremmo limitarci a dire che l'artista vuole rappresentare l'inautenticità primigenia ed epocale delle istanze reiterative attraverso le quali l'atto oblativo ci rende tutti padroni e contemporaneamente schiavi della società visuoimperativa; ma siccome non siamo né critici d'arte né belle persone, ci limitiamo a dire che l'opera ha un minore impatto critico rispetto a una cacatella di piccione. D'altronde, l'imprenditrice social numero uno in Italia era già stata protagonista di un'altra opera di Tvboy, ai tempi dell'acqua Ferragni, dove veniva raffigurata come una Madonna con l'acqua santa in mano. La critica fu così ferocemente corrosiva che la povera Chiara fu costretta a ripostarla sul suo profilo, e a far pubblicare un'intervista sul suo sito, The Blonde Salad, in cui l'artista la paragonava a Madonna, la cantante, e la presentava come icona dei nostri tempi. Lo stesso accade con l'opera di oggi, che non fa male a nessuno, non dà fastidio a nessuno e non disturba nemmeno. Una polemica in punta di piedi, con tanto di sorrisino e pacca sulla spalla. D'altronde, detto con le stesse parole dell'artista durante un'intervista pubblicata sul Resto del Carlino: “Cerco un po’ la provocazione su temi di attualità anche per innescare una reazione un po’ da attivista ‘politico’, anche se a me la definizione politico non è mai piaciuta”. Un po’ di provocazione corrisponde a un po’ di reazione, un colpo al cerchio e uno alla botte, senza politica né critica, non esageriamo. La castrazione della street art, la quale nasce come controcultura, come atto abusivo, notturno, illegale. Ma non stiamo facendo qui i puristi dell'arte, né vogliamo sostenere la tesi per cui gli artisti non dovrebbero essere mainstream o guadagnare dalle proprie opere, e nemmeno fare mostre ufficiali e patrocinate dal Comune di Milano, anche se questo va davvero contro i principi stessi che la forma d'arte scelta dovrebbe sostenere.
Il vero problema nasce dai contenuti, da quello che porta avanti Tvboy con il suo percorso artistico. Il problema sono i santini, che non fanno male a nessuno se non a noi poveretti che dobbiamo vederceli presentati su Repubblica, sul Corriere della Sera, su Skytg24 e ovunque come opere dissacranti, velenose, cattive, mentre la vera cattiveria è il fatto che vengano definite tali. Seguire i trend e intercettare le opinioni più graziose non è impegno sociale, ma è impegno di marketing. Così Tvboy prima realizza un Vladimir Putin visto come Iron Man, e qualche anno più tardi lo ritrae dietro le sbarre, con la stessa profondità di un Damiano dei Maneskin sul palco del Coachella, il che ci fa riecheggiare le parole dette da Pierpaolo Capovilla, che è sinceramente cattivo, in un'intervista a Rolling Stone: “Conformisti, intrappolati nel successo, purissima plastica, perfetti rappresentanti di una generazione di imbecilli”. Lo stesso vale per altre opere di Tvboy, come il Papa Francesco Superman o con il cuore arcobaleno. La lista sarebbe infinita, e potrebbe coprire tranquillamente tutto il calendario esattamente come i santi: Matteo Salvini, Liliana Segre, Luigi Di Maio, Giorgia Meloni, Francesco Totti, Re Carlo d'Inghilterra, Cristiano Ronaldo, Michela Murgia e così via. Uno spiedino abnorme di hashtag sverniciati sui muri dei palazzi di tutto il mondo, pronti per essere ripostati e ricondivisi. Sempre parlando di marketing, come dimenticare le sue collaborazioni con Nescafé e con Fiat, ovviamente per beneficenza, che ormai è una componente irrinunciabile nelle campagne di brand reliability. Ma non è un problema relativo soltanto a Tvboy, o all'opera in questione. Scorrendo le bio degli street artist, dallo stesso Tvboy a Ericailcane, da Jorit allo stesso Banksy, pur non mettendo in questione né la genialità né la bravura, ciò che emerge è sempre questo aspetto di innocenza mascherata da critica, che fondamentalmente ha strarotto le strapalle. Le opere in sé sono bellissime: quello che vogliamo sottoporre a una critica è la pretesa di impegno sociale che le accompagna.
L'impegno sociale è sicuramente un valore aggiunto all'opera d'arte, ma bisognerebbe concentrarsi su una qualche definizione di impegno sociale, prima di considerarlo come un plusvalore. Partiamo dal negativo: impegno è il contrario di disimpegno. Si può discutere in eterno sul fatto che l'arte debba essere pura evasione o viceversa. Punti di vista. Però il significato di disimpegno ci obbliga a pensare l'impegno principalmente come critica, e critica a sua volta ci rimanda alla parola crisi. Se volessimo considerare l'arte come critica, allora l'opera dovrebbe mettere in crisi l'oggetto al quale si rivolge, dal punto di vista estetico tanto quanto del significato. Ed è questo che manca, nel murale di Tvboy, il quale arriva in qualche modo a festa finita, dopo giorni e giorni di vere critiche alla Ferragni, e il suo effetto è in qualche modo quello contrario: una sorta di riabilitazione pubblica dopo gli scandali sulla beneficenza imprenditoriale, che è già una contraddizione in termini. Il titolo spiega già tutto: la beneficenza ai tempi dei social. Come se fossero i tempi a determinare la maniera di fare beneficenza, rispetto ai quali la Ferragni sarebbe incolpevole. Stesso procedimento, ma rovesciato: se Tvboy raffigura spesso i soggetti da criticare, Jorit dipinge sui muri i personaggi da glorificare per criticare un qualche altro problema sociale. Maradona, Lucio Dalla, Julian Assange, Nelson Mandela. Qui l'impatto è più sottile, mediato dalla conoscenza che abbiamo della persona ritratta, e per la gran carità le opere sono eseguite magistralmente, e c'è un tentativo di riqualificare zone degradate, periferiche o colpite da tragedie, come nel caso del murales di Ozmo a Genova, vicino al Ponte Morandi, ma l'effetto santino è sempre in agguato, e visto che viviamo i tempi dei social media, siamo sempre in qualche modo costretti a sospettare il fatto che l'impegno sociale sia, come la beneficenza, un'operazione di marketing. E lo faremo non senza qualche buona ragione, finché l'arte non metterà davvero in crisi il sistema, magari andando a criticare le condizioni che creano i santini, e non rappresentandoli. Omnia munda mundis: tutto è innocente per gli innocenti, e finché l'impegno sociale rimane in questo circolo vizioso di purezza, anche il cambiamento sociale è destinato a rimanere chiuso nel portafoglio di nonna, insieme a tutti i disegni che il nostro Banksy dei santini ci ha abituato a considerare come sovversivi, in modo da poter essere santificato a sua volta come il martire di un impegno sociale che sottrae alla satira il suo vero cuore, ovvero la cattiveria. Postilla: con tutto l'amore che provavo per nonna, se mi avesse fatto guardare i santini li avrei guardati anche volentieri. Quelli che appaiono sui muri anche no, e andrà anche a finire che ci ritroveremo come ad Atene durante lo scandalo delle Erme, simili a statuette di Priapo con il caz*o rotto.