Manco Sergio Mattarella é così difficile da raggiungere mettendogli il sale sulla coda - pardon la scorza di limone - quanto Ruben, 27 anni, romano, che dal balcone di casa sua strilla a tutti di sotto “ahoo che te voi magnà?”. Sono mesi che cerchiamo di salirci su quel dannato balcone, ma lui è ormai una star che collabora con Barilla e altri marchi prestigiosi e la sua fama sta rapidamente eguagliando quella di Marco Gavio Apicio, cuoco e gastronomo romano del primo secolo a.C. In questi giorni di canicola estiva Ruben Bondì, il moretto di Instagram con 1.7 milioni di follower, peregrina per serate capitoline con la sua attrezzatura per spadellare tra uno show cooking alla Limonaia di Fuksas, in centro storico, e quello alla famigerata ‘Città dell’Altra Economia’, spiazzo testaccino nei pressi di Monte de’ Cocci riciclato come sappiamo fare solo noi, dandoje ‘na romanella. Dopo lo sgombero di un bellissimo luogo per eventi scapestrati, conosciuto negli anni 2000 con il nome di Villaggio Globale, accanto all’ex mattatoio storico, quello spiazzo è oggi divenuto una terra di mezzo tra ignave pretese culturali e qualche concerto estivo. Noi abbiamo raggiunto il cuoco del balcone dal dolce sorriso da paraculo, presso una nota azienda di mobili a Pomezia, cittadina dell’Agro Pontino dalle fattezze architettoniche fasciste, bonificata da buonanima Mussolini negli anni Venti. Il ragazzo, che ha conquistato i cuori a suon di sfrigolii di piatti romaneschi durante la pandemia - che ci ha visto più o meno tutti in gran fermento creativo per non uscire pazzi - ha accolto ammiratori golosi, parenti e giornalisti tra gli stand delle cucine del mobilificio.
Vederlo dal vivo fa una certa impressione. Pare di incontrare un vecchio amico che però adesso è acclamato come un divo hollywoodiano. Eppure, ci domandiamo come mai Ruben Bondì grazie a un fornelletto e un balcone sia diventato così celebre, con quello sguardo malandrino mediorientale, la gestualità e la favella romanesca. “A Ru, che ce fai oggi?” gli abbiamo chiesto: “Oggi te faccio ‘na pasta che è na meravija!”. Vederlo all’opera live è un’emozione vera, qualcuno mormora tra i presenti “ahò, mi ha guardato!”, altri sbiancano dinanzi alla sua eroica impresa di tagliare venti pomodorini a metà, grazie al trucco del piatto sopra e sotto, e noi siamo impazienti di sentirlo urlare l’iconico richiamo. Presto fatto, il giovane cuoco in parannanza, con tanto di nome ricamato sul taschino, viene sollevato di peso sino alla terrazza dalla quale osserva la fiumana di gente presente di sotto e ripreso dal volo di un drone mentre strilla di sotto: “Ahòò che ve volete magnà?”.
Le richieste si sono sprecate – “C’avemo fame, facce ‘na cacio e pepe!” - ma il piatto di oggi è la famosa pasta alla romana, talmente famosa che nessuno la conosce. Ai fornelli Ruben ha tritato il prezzemolo fino fino, perché “più è fino e più rimorchi” - cit., sbucciato gli spicchi d’aglio, sciolto le alici nell’olio e abbrustolito il pan grattato in padella per saltarci delle meravigliose mezze maniche con soffritto di aglio, olio, gambi di prezzemolo, alici e pomodorini, mantecando tutto con una vagonata di pecorino romano, pan grattato e scorza di limone. Ricordiamo tutti la ricetta, per cortesia. Un momento di goduria collettiva per le fauci di una folla di affamati adoranti attorno ai fuochi, davanti ad un Ruben trascinatore di gente.
Avere successo sui social senza apparente motivazione può apparire stupido – in fin dei conti Ruben cosa fa a parte cucinare in balcone dal quartiere romano di Monteverde Vecchio? – ma il nostro ha dalla sua una grande passione nata in giovane età, nutrita da ricette di famiglia che sono patrimonio culturale giudaico-romanesco, una scuola alberghiera capitolina, il Vincenzo Gioberti, la gavetta presso lo stellato ristorante Il Pagliaccio e il londinese The Ned – mica fusaje, direbbe lui-. Provateci voi a diventare famosi grazie agli intrugli in cucina. Noi personalmente tentiamo da anni di preparare un piatto di concia – tipica ricetta giudìa de Roma con le zucchine - ma non sappiamo tritare nemmeno il battuto di erbe aromatiche nel quale le zucchine fritte vanno adagiate, prima di farle riposare per poi divorarle nel panino. E sono problemi, perché, come dice Oscar Wilde nell’immortale Ritratto di Dorian Gray “quando sono veramente nei guai rifiuto tutto tranne che di mangiare e bere”, e noi per questo lo stimiamo un gran tanto. Insomma, scolata la pasta e condita, ci siamo fiondati sui piatti accasciandoci sulle cucine in esposizione e chi s’è visto s’è visto. Dopo le mezze maniche abbiamo avuto il coraggio di sterminare anche una porchetta intera proveniente dai Castelli Romani, con la sua crosticina croccante nel pane di Genzano e annaffiata con un bicchiere di rosso. E l’omo campa. Un saluto del mitico per MOW, mentre già on line furoreggia il nuovo video di In cucina con Ruben, per far venire l’acquolina in bocca con i fiori di zucca fritti ripieni di ricotta e alici. Sapete che c’è? Oggi li facciamo anche noi!