Cinque giorni di manifestazioni sold out, 250 conferenze con 700 relatori dall’Italia e dall’estero, 700 espositori, 180 Presidi Slow Food, 3000 delegati della rete di Terra Madre provenienti da 120 paesi, e noi potevamo mancare? Certo che no. E in un immenso frullatore di esperienze e biodiversità, tutte compresse nel Parco Dora di Torino, realizzare reportage non è stato per nulla facile. Tante, troppe, le delizie in degustazione e le storie da raccontare, da far uscire di testa. Tra nuove amicizie e confronti con realtà italiane e internazionali, protagoniste della rivoluzione gentile che parte dal cibo, non è difficile e far conoscere ancora di più l'importanza della filiera corta e della produzione etica. Se Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, dice di non soffermarsi sui numeri della manifestazione, non saremo da meno e puntiamo tutto il resoconto sulle scoperte fatte. Quello vissuto a Torino è stato un vero e proprio viaggio tra sapori, tradizioni e innovazioni culinarie da tutto il mondo. L'evento non è stato solo una celebrazione della gastronomia, ma anche un'occasione per scoprire ricette antiche, ingredienti rari e storie affascinanti a loro legate. Terra Madre è stato un melting pot di culture culinarie. Tra gli stand internazionali, per esempio, erano presenti una varietà di ricette e prodotti dal mondo da non voler smettere mai di chiedere e assaggiare. Come non menzionare il platano, alimento che ha nutrito e ispirato intere generazioni nelle Americhe. Chef colombiani e dominicani lo hanno rivisitato in forme contemporanee che le mangeresti all'infinito. Qui c'è anche il miske, la bevanda alcolica distillata ecuadoriana ricavata dall’agave andina, e la chicha, la tradizionale bevanda fermentata, ottenuta dal mais. Il Nyekoe e il Lipabi li avevate mai sentiti? Piatti della tradizione del Lesotho che anche loro in chiave moderna non si potevano non degustare.
Camminando all'interno poi del mercato internazionale, una fila continua che il tappo in autostrada tra Grottammare e Pedaso, chi percorre l'A14 lo conosce bene, ha catturato l'attenzione. Senza perdere la pazienza ma socializzando nel mentre ciancicando un inglese scolastico con gente da tutto il mondo arriviamo al dunque. Eccoci davanti al Takoyaki Shinmyoumaru. Detto così sembrerebbe un personaggio manga tra i cattivi di Lupin III ma non lo è. Stiamo parlando di polpo grigliato, deliziose polpette giapponesi che come dice la canzone di Alfa: “Vabbè ciao”. Dopo una breve pausa, trascorsa a massaggiare il fieno della Valli Orobiche, di nuovo operativi in giro. Raccogliamo un Fiore sardo dop e notiamo da lontano dei panificatori agricoli urbani. Dobbiamo dire che il buon pane a Terra Madre non mancava, compreso quello alle ortiche. Ed ecco poi i datteri della varietà Ajwa nella zona dedicata all'Arabia Saudita. Un tendone che tra abiti e musiche folkloristiche, propone anche un caffè tradizionale al cardamomo che ha piacevolmente fatto centro. Poi l'associazione culturale koreani italiani ha raccontato delle salse fermentate della tradizione o del gochujang, salsa piccante di peperoncino che accompagna la zuppa doenjang-guk. A troppe parole difficili da ricordare c'è bisogno di un ulteriore momento per recuperare lucidità. Pausa aiutata da uno special coffee from Barolo, sì in quella zona non ci sono solo ottimi vini. A seguire invece il vino di riso e il tè di montagna entrambi taiwanesi e mai sentiti nominare ma che vale la pena conoscere e bene. Una rapida vista allo zafferano dell'Afghanistan e poco dopo l'incontro con il Beaujolais Lantignié, vino francese ottenuto da uve Gamay coltivate in vigneti di 70 anni. Ma indovinate invece con cosa si è chiuso il nostro viaggio a Terra Madre? Purissimo cacao dell'America Latina per una libidine di un certo livello. Se comunque questo evento ve lo siete perso, bene potete rosicare tranquillamente. Prendete carta e penna e segnatevi che tornerà solo tra due anni. Nel frattempo, cerchiatelo in rosso tra gli eventi da non perdere se siete curiosi e amanti del buon cibo.