La linea presa è una: fare quasi finta di niente e andare avanti. Però il futuro di KTM in MotoGP, nonostante le continue rassicurazioni di Pit Beirer, è sempre più a rischio, perché cinquanta milioni di investimento annuo sono una cifra insostenibile per un gigante ormai in ginocchio. Carmelo Ezpeleta, CEO di Dorna, ne è perfettamente consapevole e nel paddock s’è cominciato a parlare con sempre maggiore insistenza di nuovi costruttori che potrebbero rilevare anticipatamente i quattro posti in griglia attualmente occupati da KTM, anche se c’è un contratto fino alla fine del 2026. Lo stesso Pit Beirer ha ammesso che si stanno cercando investitori, con lo scopo di mettere al sicuro la MotoGP dalla crisi che sta travolgendo il marchio, magari mantenendo le strutture e rendendole “semi-private”. Ma è una strada percorribile? E, se anche lo fosse, chi s’azzarderebbe in una operazione così?

Con un debito che sfiora i 600 milioni di euro da ripianare entro il 23 maggio e un inventario invenduto (nonostante le forti campagne di sconti e promozioni) accumulato in quasi un anno, quella che fino a ieri veniva definita “crisi” è un’emergenza sistemica. A complicare il quadro, adesso, è arrivato anche lo scontro a sorpresa – rivelato dal Der Standard - tra Stefan Pierer, ex AD del gruppo, e Stephan Zöchling, membro del consiglio e CEO di Remus: un prestito da 80 milioni mai restituito, accuse reciproche di opacità e la minaccia di una vendita forzata delle partecipazioni azionarie. Intanto, Bombardier Recreational Products (BRP), proprietaria del marchio Can Am, osserva dall’alto, pronta a ingoiare asset strategici.
Stop alla produzione e brutte notizie continue
Il dato di fatto è che a tutto questo si è arrivati inanellando una serie di errori che resta senza spiegazioni. Il riacquisto di MV Agusta, operazione inizialmente celebrata come colpaccio strategico, si è rivelato un boomerang, un parco moto accumulato e rimasto invenduto e politica di produzione fuori sincrono con il mercato. I licenziamenti, iniziati come misura tampone, hanno ormai assunto proporzioni strutturali, mentre l’investimento indiano di Bajaj – un’ancora di salvezza da 150 milioni – è evaporato in pochi mesi (e non si dica che non l'avevamo previsto), giusto il tempo di tamponare il tamponabile. Tanto che la produzione è di nuovo ferma.
Il vero punto di non ritorno, però, potrebbe arrivare con il quasi fallimento del piano di ristrutturazione. Citigroup, incaricata di trovare investitori, ha – secondo la stampa austriaca - bussato a fondi come Apollo e BlackRock, ma le trattative si sono arenate. BRP, già proprietaria di Rotax (fornitore storico di motori per KTM), rimane l’unico player concretamente interessato. Intanto, la MotoGP – che doveva essere il trampolino del rilancio – è diventata un costo insostenibile e, purtroppo, anche moralmente poco giustificabile, vista l’emorragia di posti di lavoro. L’uscita anticipata (già sostenuta da molti dei creditori) non è più una possibilità remota, ma rischia di essere una necessità contabile oltre che un dovere morale.

La nuova entrata a gamba tesa di Pierer e lo scontro con Zöchling
Se i numeri raccontano una crisi finanziaria, lo scontro tra Stefan Pierer e Stephan Zöchling si rivela una sorpresa fatta di ambizioni, tradimenti e conti in sospeso. Tutto parte da un prestito da 80 milioni concesso da Zöchling a Pierer nell’autunno 2024, quando la KTM era già in caduta libera. In cambio del finanziamento, Zöchling avrebbe dovuto ricevere il 51% delle azioni di Pierer Industrie AG, ma l’accordo è saltato per una serie di omissioni: Pierer non avrebbe rivelato i diritti di prelazione di Bajaj e neanche l’effettivo stato del debito, violando i termini contrattuali.
Ora Zöchling, armato di avvocati, reclama il rimborso immediato del prestito, scaduto il 19 aprile, e minaccia di vendere le azioni del gruppo Pierer date in pegno, comprese quelle di KTM AG, Pankl e Rosenbauer. La risposta di Pierer è un ricorso al tribunale commerciale di Vienna, dove accusa Zöchling di “strumentalizzazione” e nega ogni inadempienza. Il risultato? Un braccio di ferro che paralizza il consiglio di amministrazione, già alle prese con la ricerca disperata di 600 milioni da “consegnare” ai creditori entro il 23 maggio.

Il 23 maggio è alle porte e gli avvoltoi sono più delle prospettive
Mancano pochi giorni al 23 maggio, data in cui la KTM dovrà dimostrare di avere 600 milioni per evitare il collasso. Le opzioni sul tavolo sono tutte ad alto rischio: Si parla di vendita di asset, con Zöchling che potrebbe forzare la liquidazione delle partecipazioni in Pankl, Abatec e SHW AG, ma questo comporterebbe una perdita di controllo strategico. C’è, poi, chi parla di ingresso di BRP, con il colosso canadese che però sarebbe interessato solo a Rotax e a alcuni brevetti KTM, ma solo a patto di pagare il minimo indispensabile.
L’altra strada prospettata, invece, è quella di un salvataggio politico, con il Governo austriaco, finora rimasto relativamente alla finestra, che potrebbe intervenire con prestiti ponte per salvare l’industria più importante del paese. E’ chiaro, però, che se la terza strada sarà quella scelta, per della presenza di KTM in MotoGP non si dovrà neanche parlare, visto che saranno utilizzati soldi pubblici non certo per “fare le corse”. L’impressione è che nel weekend di Silverstone (22-25 maggio) possa arrivare qualche annuncio sorprendente.
