Jannik Sinner è il talento, il presente e il futuro. Jannik Sinner è l’Italia, quella che si odia e si ama allo stesso tempo. L’Italia che lo vede come “non abbastanza italiano” e di coloro che storcono il naso per la residenza a Monaco. Sinner, però, è quello che ricorderemo della Coppa Davis del 2023, della finale persa (ma comunque indimenticabile) a Torino contro Novak Djokovic e della posizione numero due (per ora) del ranking Atp. La lista dei “primo tennista italiano a” si allunga sempre di più dopo ogni torneo. Questo sarà l’anno della sua definitiva consacrazione e, coincidenza, l’anno delle Olimpiadi di Parigi 2024. Sembrava, dunque, l’occasione giusta per concedere a colui che è già uno dei tennisti italiani più forti di sempre l’onore di fare da portabandiera della nazionale. Giovanni Malagò, presidente del Coni, ha parlato così di Jannik: “Sta riscrivendo la storia. Siamo prima di tutto orgogliosi del suo atteggiamento oltre che dei suoi risultati sportivi. Da subito il Coni, ma in generale tutto l'ambiente sportivo, è felice nel leggere e sentire questa sua voglia di fare bene a Parigi”. Eppure, pare che Sinner non rispetti tutti i paramentri per la sua elezione a portabandiera. Ha proseguito Malagò: “Il mondo dello sport apprezza che ci sia una regola non scritta che chi ha vinto un oro olimpico rappresenti il Paese”. Un problema di diritto consuetudinario, quindi. Ma c’è un altro caso in cui la legge non scritta venne infranta. Alle Olimpiadi di Sydney, nel 2000, a guidare la delegazione azzurra c’era Carlton Myers, uno dei più grandi giocatori italiani di basket di sempre. Stella della Virtus Bologna, Myers aveva vinto, nel 1999, l’Europeo di Francia con la nazionale. Un risultato storico, un giocatore enorme. Nel suo palmares, però, non figura nessuna medaglia olimpica. Allora furono sufficienti le doti tecniche, il suo valore intrinseco di atleta. Perlatro, quella vittoria in Francia, somiglia molto alla storica vittoria della Coppa Davis di Sinner. Anzi, forse quest'ultima è persino più importante.
Non bastano, quindi, i colpi di Sinner per renderlo un degno portabandiera? Giovanni Malagò ha poi cercato di rimediare: “Poi non dimenticate che ci sono anche i portabandiera della cerimonia di chiusura, non sottovalutate questo”. Degno sì, ma solo della fine dei giochi. Questo è il problema delle leggi non scritte: possono essere rispettate e infrante a piacimento. Talvolta troppo solide per essere aggirate, ma abbastanza malleabili per fare delle eccezioni. La carriera di Jannik Sinner sarà ancora lunga e speriamo che, dopo i giochi olimpici di Parigi 2024, anche l’ultima delle condizioni per renderlo portabandiera venga soddisfatta.