La Serie A ritorna dopo la pausa per le Nazionali. E ritorna con un big match, Juventus-Inter. Abbiamo chiesto al giornalista di Sportitalia Tancredi Palmeri di come le due squadre arrivano a questo appuntamento. “La Juve è più tranquilla, mentre Christian Chivu deve già rincorrere”. E sul mercato e le diverse strategie dei due club ha un’opinione chiara. C’è poi la questione telecronaca e il “pranzo al sacco” di Lele Adani. Palmeri ci ha risposto anche su questo.

Juve-Inter è il primo big match della Serie A dopo la fine del mercato. Come arrivano le due squadre alla partita?
Non credo sia una sfida influenzata dal mercato in sé. L'Inter ha operato con una strategia, che è quella di ringiovanire con acquisti mirati. Non è detto che sia la strategia giusta, ma lo dirà il tempo. L'Inter è stata più coerente, alla fine le è mancato solo il grande colpo. La Juventus ha cominciato male, perché la sua strategia è stata continuamente influenzata dagli eventi e non è sembrata chiara. Va detto che ha chiuso alla grande rivoluzionando l'attacco, anche se dal punto di vista economico il peso di Vlahovic resta notevole.
Chi entrerà in campo con maggiore sicurezza?
La Juventus sarà più tranquilla. L’Inter è già costretta a rincorrere, ha perso male, anche prima aveva tante incertezze che ora sono aumentate. Il derby d’Italia è un discorso a sé. Io utilizzo sempre quello che chiamo il teorema di De Boer: De Boer, che è stato il peggiore allenatore degli ultimi 25 anni all'Inter, alla terza giornata fu capace di battere la Juventus che poi a fine anno arrivò in finale di Champions. Perché Inter-Juventus si prepara da sola, quella partita non fa testo.
L’anno scorso, comunque, gli incontri tra le due sono stati crocevia importanti della stagione.
La Juve quasi sempre batte l'Inter a Torino. Così è successo anche l’anno scorso. Ma nonostante quella vittoria continuò a essere una squadra mediocre fino alla fine della stagione. All'Inter invece non cambiò nulla dal punto di vista della consapevolezza e del gioco, e riuscì a giocarsi il titolo fino all’ultima giornata.
Prima hai usato una parola per descrivere il mercato dell’Inter: coerenza. Davvero credi sia quella giusta, nonostante i colpi mancati? Pensiamo soprattutto a Fabregas.
Capisco che suoni male. L'Inter però aveva già in mente di fare il mercato puntando calciatori da valutare in prospettiva. Forse questa è anche una delle motivazioni per cui Simone Inzaghi se n’è andato. Certo, se accorpiamo la scelta dell'allenatore nel mercato, la madre di tutto è stato farsi trovare impreparati proprio per la panchina.
E poi ci sono i casi di Lookman e Koné.
Molti si sono chiesti il perché di quella svolta. Prima vai sull'attaccante e non lo riesci a prendere, poi vai sul mediano e nemmeno per lui riesci a chiudere. Apparentemente potrebbe sembrare un mercato totalmente isterico. In verità non è così. Ripeto, quel piano sui giovani è stato mantenuto. Hanno cercato uno che alzasse la qualità di netto; poi hanno puntato un mediano sicuro; infine hanno comunque preso un difensore più marcatore come Akanji. In base alle esigenze e ai momenti hanno scelto diversi obiettivi.
Uno si chiede: allora perché non continuare a inseguire un mediano e un attaccante di qualità come hai fatto con Lookman e Konè?
Perché non volevano spendere tanto per spendere. Su questo si può essere d’accordo. Mentre si può non essere d’accordo rispetto alla scelta di non andare su profili simili che non fossero Lookman e Konè. Anche perché un calciatore con quelle caratteristiche serviva lo stesso.

Tra Chivu e Tudor chi riuscirà a dare l'impronta più personale o comunque più significativa sulla squadra?
Direi Tudor, se non altro perché è a Torino da più tempo. Non ha fatto una rivoluzione rispetto a quello che c'era prima, dal punto di vista tattico. Magari i suoi sono cambiamenti più facilmente assimilabili. Per Chivu è estremamente più difficile, per tanti motivi. Uno, ovviamente, il finale della scorsa stagione, con tutto quello che ne consegue dal punto di vista mentale. Anche se il modulo tattico non è cambiato, l'approccio alla partita di Chivu è totalmente differente rispetto a quello di Inzaghi. Cioè quello di Inzaghi era un 3-5-2 di costruzione collettiva, questo di Chivu è fatto di verticalizzazioni per arrivare in porta nel minor tempo possibile. Resta da capire se i giocatori saranno in grado di metterlo in pratica, per farlo ci vuole tempo.
La differenza tra le due squadre sta anche nei giocatori offensivi e nella loro capacità di incidere con l’uno contro uno. All’Inter continua a mancare uno con queste caratteristiche.
Non c'è una sola maniera di giocare a calcio. Conta ciò che chiedi ai giocatori. Prima con quel tipo di gioco non serviva. Poi è comunque vero che Zalewski, richiesto esplicitamente da Inzaghi, corrispondeva a quel genere di calciatore e infatti, appena arrivato, è stato subito buttato dentro nel derby. L’Inter non ha un uomo così, e da quel poco che abbiamo potuto vedere nel calcio di Chivu, che è fatto appunto di verticalizzazioni, sarebbe servito.
Ci sono stati molti cambi in panchina: gli allenatori quest’anno incideranno più che nelle altre stagioni?
Non più del solito. Chi più spende per l'allenatore bravo, spende sempre meglio. L'anno scorso senza Conte il Napoli non avrebbe vinto lo Scudetto. Quello che è successo è che hanno cambiato praticamente quasi tutte, tranne Napoli e Juventus, che però aveva cambiato a Marzo. Abbiamo avuto degli anni di stabilità nelle grandi. I soldi spesi per l'allenatore sono sempre i più importanti. Se l'Inter avesse dato tre milioni netti in più a Simone Inzaghi sarebbero stati quelli meglio spesi. Senza mancare di rispetto a Chivu, ovviamente.
Di Allegri si dice che al Milan abbia voglia di rilancio e di scrollarsi di dosso il personaggio del difensivista: è così secondo te?
Per me a lui non importa portare un certo tipo di calcio. Allegri vuole dimostrare che i risultati li ottiene sempre. Se poi lo fa con le vittorie di misura e giocando male credo che gli stia bene.

Tu conosci molto bene le dinamiche televisive. Nei giorni scorsi si è parlato molto della telecronaca di Lele Adani in Israele-Italia, criticata anche da Ivan Zazzaroni: tu che idea ti sei fatto?
Credo che dietro ci siano questioni personali su cui non posso certo esprimermi. Io sono un cultore della telecronaca da quando ero bambino, la mia trinità è composta da Bruno Pizzol, Victor Hugo Morales e Galvao Bueno. Loro per me sono il culto. I telecronisti che abbiamo in Italia a me piacciono onestamente. È importante che nell'emozione della partita si trasmetta un sentimento. La cosa che è sbagliata è mettere l’emozione lì dove non c’è, ma se il momento lo consente allora il telecronista deve far passare qualcosa.
Si dice che spesso basterebbe la partita.
Non è vero. In inglese c’è una parola che spiega questo concetto, che viene usata sia per i telecronisti che per gli anchorman: delivery, che chiaramente non ha niente a che fare con le consegne a domicilio. È bellissimo questo termine, perché significa esattamente come offri il tuo lavoro al pubblico. Ovviamente la prima cosa è l'evento. Sbaglia chi si crede al di sopra dell’evento. È un filo sottile su cui camminare, anch’io nel mio lavoro lo faccio. Ma aborro il concetto che se stai assistendo a qualcosa di molto emozionante allora ti devi togliere di mezzo a prescindere.
Degli esempi che puoi farci per rendere più chiara questa prospettiva?
Italia-Germania ai Mondiali del 2006. È un evento che ci fa esplodere il cuore, e tu senti la telecronaca che esplode, ed esplode anche la metafora: andiamo a Berlino, fai le valigie. E c’è anche la seconda voce che parla così. Esplode tutto ed è giusto così. Non è preparata a tavolino.
È un’accusa che a te rivolgono?
Sì, dicono che preparo i teatrini quando vado agli eventi. Non è assolutamente vero. Uno degli episodi più famosi è quello dell'Europeo, quando abbiamo vinto la semifinale Italia-Spagna a Wembley. A un certo punto, con i tifosi attorno, mi sono messo a cantare l'inno nazionale, poi Raffaella Carrà, che era deceduta il giorno prima. Non era previsto, perché c’era un clima sereno, con poca gente in giro, anche per le restrizioni del Covid. Io volevo restituire quella serenità. Poi però sono arrivati alcuni italiani che ancora erano in giro nella notte e hanno cominciato a cantare. È stata una cosa trascinante, ma in maniera del tutto naturale. Nel momento in cui tu te la prepari diventa “cringe” e fuori luogo.
Aldo Grasso ha scritto sul Corriere che i telecronisti sono tutti a caccia di un David per la migliore interpretazione.
Aldo Grasso ha insegnato a tutti. Con il dovuto rispetto, però, appartiene anche a un'altra generazione, i tempi cambiano. Ma in fondo non ha torto. Come dicevo, non si deve cercare di essere protagonisti a tutti i costi. Nella fattispecie, io non credo che l’uscita di Adani sia stata preparata. È un’espressione (pranzo al sacco, ndr) che non mi dispiace, carina. Noi facciamo avanguardismo e situazionismo. L’evento in diretta è situazionismo per definizione. Sennò ci mettiamo intelligenza artificiale o le frasette registrate per Fifa.

