Sarà che non ce ne è uno che, quando gli chiedi dov’è che gode di più in moto, non ti risponde “il Mugello”, sarà che si mangia bene, che c’è quella fissazione lì “del motur”, ma ci viene da dire che la MotoGP è sempre di più una canzone italiana. Sì, ok, l’eco di Misano s’è appena spento e i grandi cambiamenti che stanno interessando il Motomondiale fanno venire un po’ quella sensazione lì di andare a cercare le radici, di notare di più – e meglio – i dettagli della tradizione, soprattutto ora che tutto diventerà dannatamente più americano. “Eh io me te magno”, direbbe Alberto Sordi. Perché più il futuro tira da una parte e più finiscono per farsi notare quei particolari che magari, fino a ora, erano passati più inosservati.

Sì, ok, del suo ce l’ha messo anche Casey Stoner, che non ha perso occasione, adesso che ha messo a posto i suoi guai con la sindrome da stanchezza cronica, per farsi una mega vacanza in Italia cominciata già quando la MotoGP stava facendo tappa in Austria (e l'abbiamo pure intervistato). E in cui l’australiano ha pure rafforzato il nuovo legame con Valentino Rossi, dopo la doppia uscita sui kart a Corridonia, in provincia di Macerata, e con le moto da flat al Ranch di Tavullia. E dopo, soprattutto, aver passato quasi tutto il suo tempo nel paddock, durante il GP di Misano, proprio nel box o dei piloti italiani o delle squadre italiane. Arrivando quasi a dare l’idea che se potesse ci verrebbe pure a vivere in Italia, magari per stare vicino a Pecco Bagnaia, che è il suo erede in Ducati non fosse altro che per essere stato il primo a vincere con la Desmosedici dopo di lui, oppure a fianco a quel Marco Bezzecchi che corre con l’Aprilia, ma del quale non ha mai nascosto di essersi sportivamente innamorato. Il resto, per Casey, lo fanno gli accordi commerciali che ha ancora in essere proprio con aziende italiane legate al motorsport o ai motori in genere, con l’australiano che è, comunque, solo l’ultimo di una lunga serie.

Perché, soprattutto dopo Misano (dove non riusciva a fare mezzo passo senza che qualcuno gli chiedesse un selfie o un autografo), non si può non notare che qualcosa di molto simile, ad esempio, la vive un certo Kevin Schwantz, che in Italia ci viene ogni volta che vuole ricordarsi di essere praticamente l’unico vero grande Dio delle corse in moto. Qui, nel Belpaese, glielo riconoscono tutti e lui lo sa benissimo. Come lo sa benissimo Mick Doohan, che pure sta quasi più in Italia che a casa sua, e come – a farci caso – lo sanno benissimo tutti quei piloti che hanno portato in trionfo altre bandiere, che non hanno mai nascosto altri natali, ma che in Italia hanno scelto di viverci o di passarci quasi tutto il loro tempo. Ci siamo dimenticati Jorge Lorenzo? In Italia non ci vive, ma ci prende persino le fregature e la stragrande maggioranza delle sue attività si svolge proprio in Italia, tanto che adesso ha pure creato un Duralavida interamente in italiano dall’evocativo nome “La Chiacchierata”. Ma di esempi ce ne sono a decine: da Haga residente a Milano a Hayden che, quando è successo quello che è successo, stava cercando una casa da comprare proprio nelle zone in cui poi ha tristemente incontrato il suo destino. Però si potrebbe parlare pure di Miguel Oliveira, che la famiglia ha deciso di metterla su in Veneto e sta facendo pure un corso acceleratissimo di guascona blasfemia.
Sì, ok, ora qualcuno potrà obiettare che gli italianissimi Max Biaggi e Loris Capirossi, ad esempio, vivono a Montecarlo, ma attenzione, lì ci vanno di mezzo decisioni che riguardano altre questioni. In Spagna, che pure si vanta di essere ormai la patria dei campioni, succede di peggio, visto che, fratelli Marquez a parte, vivono praticamente tutti in Andorra, dove le tasse sono una voce molto, ma molto, meno pesante nelle casse delle loro famiglie. Che poi pure i Marquez, diciamocelo chiaramente, vivranno pure in Spagna e porteranno pure sempre molto orgogliosamente la loro bandiera in trionfo a ogni vittoria, ma sembrano due fratelli italiani fin sotto la radice dell’ultimo capello. E forse, ma qualcuno dovrebbe dirglielo, la strada dell’italianità della MotoGP è quella che dovrebbero percorrere pure gli americani che adesso vogliono ridisegnare questo sport e i suoi protagonisti. Cioè: siano benvenute le americanate, ma fatela un po' più all'italiana 'sta nuova MotoGP (sono gli stessi piloti, forse, a indicarlo).