Ci hanno provato un po’ tutti a iniettare dosi letali di hitchcockiana suspense in un epilogo di campionato che solo il Cagliari, in realtà, avrebbe potuto rivitalizzare. E invece il Cagliari, comprensibilmente, ha tirato su uno di quei fortini che provi a imbastire quando in gita scolastica incroci un gruppo di ragazzi che ti invitano a scambiare due gioviali passaggi al campetto, salvo poi scoprire che sono tutti frutti pregiati della cantera del Barça. Napoli-Cagliari 2-0 sbloccato, neanche a dirlo, da Scott McTominay. Le speranze dell’Inter, che passa a Como 2 a 0 senza troppi patemi e rovinando la festa d’addio al calcio di Pepe Reina, erano legate – pensate voi – al fatto che tra i tifosi di Cagliari e Napoli scorre sangue amaro. Affari dello scorso secolo, legati allo spareggio del San Paolo fra Piacenza e Cagliari. In quel frangente i tifosi azzurri sostennero i biancorossi. Da ieri sera invece festeggiano – ma senza asinelli in carne e ossa, sono intervenuti i carabinieri – un quarto Scudetto che resterà negli annali come una anomala impresa. Se lo Scudetto di due stagioni fa targato Luciano Spalletti verrà ricordato come un’impresa strabordante ed estetizzante, questo torneo è ad immagine di Antonio Conte. Un Napoli fuori dall’Europa che la spunta di un solo punto, di corto muso, senza mai farti stropicciare gli occhi. Napoli che vince anche grazie ai gol di Romelu “paracarro” Lukaku, fu attaccante straripante, da anni in fase calante, che con tutta probabilità non potrà costituire il faro d’attacco di una squadra che il prossimo anno intende affrontare seriamente la Champions, da campione. Napoli che vince dopo aver esordito, alla prima giornata, prendendo tre gol a Verona. Che vince nonostante abbia perso per strada un certo Khvicha Kvaratskhelia.
Napoli pratico, talvolta chirurgico, che riesce a vincere nonostante i continui passaggi a vuoto. Napoli che diventa campione sotto media, con soli 82 punti (94 l’Inter 2023/24, 90 il Napoli 2022/23, 86 il Milan 2021/22, 91 l’Inter di Antonio Conte del 2020/21), Napoli che come il Milan nel 2022 deve ringraziare l’Inter di Simone Inzaghi, sempre generosa nel non approfittare dei rallentamenti dei neocampioni d’Italia. Piena di rimpianti, l’Inter. Piena di punti buttati letteralmente al vento (ricordate il 4-4 interno con la Juventus dopo essere stata avanti 4-2?) e di alcune tremende Bisseck-ate (a Bologna; sette giorni fa in casa con la Lazio) di recentissima memoria. Sia chiaro, è uno Scudetto meritato quello del Napoli. Uno Scudetto figlio di una Serie A divisa a metà: da una parte l’Inter – in altre faccende affaccendata, vedi capitolo Champions –, dall’altra tutte le altre. Milan e Juventus si sono chiamate fuori dai giochi in tempi record. L’Atalanta ha fiutato il profumo di una storica vittoria fino a due mesi fa circa, ma poi è finita fuori pista in casa, proprio con l’Inter. Così è rimasto il Napoli a giocarsi il titolo con i nerazzurri. Napoli che, a suo modo, si è aggrappato mani e piedi al torneo, ma ogni tanto ha allentato la presa. E l’Inter? Talvolta distratta, talvolta stanca, talvolta presuntuosa. Quando accelera (il 2-0 di Bergamo) fa paura, ma quando cade fa un frastuono bestiale (lo 0-3 di Firenze).
E così Napoli gode, per la quarta volta. Gode Antonio Conte, campione d’Italia con tre squadre diverse (Juventus e Inter le altre due). Gode e poi, con tutta probabilità, se ne andrà. Lui fa spesso così, lo sappiamo. Non affronterebbe mai la Champions con un Napoli che, come minimo, non gli compra Lamine Yamal. Conte che fa godere i napoletani in tutta Italia – a Bolzano, a Milano –, che fa godere una città che sta vivendo un nuovo avvincente capitolo di una storia sportiva che fino a qualche anno fa portava solo il nome di Diego Armando Maradona. Maradona è là, in un Olimpo inarrivabile fatto di brividi, prime volte e genialità assortite. Però oggi ci sono anche altri Napoli nella storia di Napoli. E l’Inter? L’Inter, con la testa, era già a Monaco prima di affrontare il Bayern ai quarti. Stasera batte il Como schierando una sorta di seconda squadra, esegue bene un compito triste, conscia che dall’altra parte sarebbe filato tutto secondo copione. E punta decisa a Monaco, liberandosi di un campionato che a tratti è parso quasi scomodo. Perché tutti gli errori tecnici della stagione l’Inter li ha concentrati in un torneo che a tratti sembrava un laboratorio in cui l’alchimista Inzaghi provava strategie europee. Ma l’Inter è in secondo piano stasera. In primo piano c’è la festa azzurra. E un abbraccio freddo, così è parso, fra Antonio Conte e Aurelio De Laurentiis. Scudetto sì, ma amore, fra i due, mai.
