Il conto alla rovescia per il Roland Garros è finito: dal 25 maggio Parigi torna ad essere il centro del mondo tennistico. I tabelloni sono ufficiali, le gerarchie sembrano chiare, ma i pronostici dividono. Il numero uno del mondo Jannik Sinner apre contro il francese Arthur Rinderknech. Carlos Alcaraz, campione in carica, entra come seconda testa di serie. E dopo la finale di Roma, dove lo spagnolo ha avuto la meglio in tre set proprio sull’azzurro, l’ipotesi di una rivincita sul Philippe Chatrier è tutto fuorché remota. E tra chi guarda al torneo con uno sguardo privilegiato c’è anche Andy Roddick, ex numero uno del mondo e oggi voce autorevole del circuito. Intervistato da John Wertheim sul podcast Served, l’americano non ha dubbi: “Finale Sinner contro Alcaraz. Vince Carlos”. Per Roddick, però, non è una bocciatura per l’azzurro. Anzi, è l’occasione per ricordare un dettaglio che, secondo lui, in molti tendono a dimenticare: “La gente non si ricorda quanto Jannik Sinner sia andato vicino a vincere il Roland Garros lo scorso anno. Aveva Zverev in finale, era avanti due set a uno, e Carlos stava letteralmente aggrappandosi a quel quarto set prima di riuscire a ribaltarlo”.

Poi la puntualizzazione, quasi a voler correggere un cliché: “Sinner è davvero forte sulla terra. C’è chi dice che non sia la sua superficie ideale, ma io dico che è comunque tra i tre migliori al mondo anche sulla terra rossa”. In realtà, il riferimento è al Roland Garros 2024, quando Sinner arrivò in semifinale lasciando per strada un solo set. E fu proprio lì che incrociò Carlos Alcaraz. Il match iniziò forte: 6-2 per lo spagnolo nel primo set, reazione immediata dell’italiano che pareggiò i conti e poi salì due set a uno (6-3). Sembrava fatta, mancavano sei game alla sua seconda finale Slam stagionale. Ma Alcaraz cambiò ritmo, rientrò con due set impeccabili, 6-4 6-3, e si prese la finale. Ora, con un anno in più, un titolo Slam in più e la vetta del ranking in tasca, Sinner ci riprova. Ma per Roddick la variabile chiave resta lo spagnolo: “Ha un tennis più vario. Quando tutto funziona, come a Roma, tocca punte quasi inarrivabili. Il problema è che ha fasi ‘up & down’. Se cala la concentrazione, può andare in difficoltà contro chiunque”. E se non sarà uno dei due a vincere? Roddick si sbilancia: “Si giocherà su cinque set, e questo cambia tutto. La condizione fisica sarà determinante. Chi vorrà provarci davvero dovrà reggere match da tre, quattro ore. A oggi, oltre a Sinner e Alcaraz, quelli che hanno fatto meglio sono stati Ruud, Musetti e Draper. Loro possono dire la loro”.

E Djokovic? Il discorso è delicato. Roddick non lo dà per finito, ma non lo mette tra i favoriti: “Nei grandi appuntamenti riesce sempre a trovare motivazioni. Ha fatto bene a chiedere una wild card per Ginevra, aveva bisogno di partite vere. Ha ricordi freschi e felici a Parigi e non dimentichiamoci l’oro olimpico vinto lì contro Alcaraz”. Infine, una nota sull’Italia del tennis: “Quando un paese porta così tanti giocatori nei primi 50 del ranking, non è un caso. È il risultato di un sistema che ha funzionato: investimenti, Futures, Challenger, lavoro nei circoli e, soprattutto, tecnici preparati. I coach italiani oggi sono ricercati anche all’estero. E Jasmine Paolini ha dimostrato che il movimento funziona anche nel femminile. A Parigi difenderà la finale. Un modello da osservare con attenzione”.