Ho visto il podcast Million$, di Joe Bastianich e dell’Antico Vinaio (Tommaso Mazzanti) “che ha l’ambizione di raccontare il mondo del business e i suoi protagonisti da una prospettiva diversa, da imprenditore a imprenditore” e mi è venuta molta voglia di drogarmi. Ospite della seconda puntata di questo podcast che vi insegna come diventare ricchissimi essendo visionari è stato Silvio Campara, il Ceo di Golden Goose, l’oca giuliva dalle uova d’oro, e io mi sono detto, anche con una punta di invidia, lo ammetto: per essere come loro devo bere tantissime bibite energizzanti. Attenzione, calmi con le querele e con gli avvocati, non sto dicendo che le Sorelle Bandiera del “bisinissi” erano farciti di energizzanti: sto dicendo che lo SEMBRAVANO. Sprizzavano dopamina, adrenalina, noradrenalina e serotonina da tutti i pori facendosi l’un l’altro una doccia emozionale, un pissing reciproco di fidelizzazione e brand operation. Probabilmente è l’effetto che fanno i soldi. Innanzitutto Silvio Campara ha spiegato che lui non è uno Chief Executive bensì uno Chief Emotional e da lì è partito un pippone stratosferico sulla relazione emozionale tra il suo brand e il cliente. Prima – sostiene Campara – il brand veniva dall’alto, rappresentava il lusso, e la distanza tra il cliente e il brand era il desiderio, invece oggi non si ha più tempo di desiderare ma solo quello di scegliere. E mentre diceva questa cosa era molto contento, ed erano contentissimi anche Joe Bastianich e Tommaso (Serbelloni) Mazzanti (Vien dal Mare), e che Golden Goose rappresenta la libertà di scegliere (ma non di desiderare), perché oggi non si può più desiderare ma soltanto “appartenere”. Sì, la voglia di drogarsi sale. Per cui i “cciofani” spendono cifre esorbitanti per delle scarpe che non “desiderano” e che rappresentano la “libertà di appartenere”, che per la logica è un “ossimoro”, qualcosa che contraddice se stessa. Ottimo. Quanto viene al grammo? Quindi Campara - col piglio di un piccolo imprenditore agricolo che al bar della stazione di servizio qui a Rosolini, alla decima bibita energetica dice che è lui che fa un favore agli operai che gli raccolgono le mandorle e non il contrario – dice che una azienda va “servita”: “anche io sono entrato come servitore, perché dipendente è una parola che non mi piace, va servita la causa dell’azienda”. È vero, che brutta la parola “lavoratore dipendente”, meglio “servitore”. Ma allora, scusatemi, non è meglio direttamente “schiavo”? (Dove posso trovare una eight ball? Dovrebbero essere tre grammi e mezzo). Che poi con il servitore non hai i problemi che possono causare quei POVERI dei lavoratori dipendenti: “la serva serve” cit. Totò.
Quindi si sono fatti un po’ di complimenti a vicenda, in cui si complimentavano con gli altri complimentandosi con se stessi, tipo Campara che diceva: “Io ho inventato un nuovo modo di fare le scarpe, ho coinvolto il cliente nel processo creativo”, che è quello che fanno i calzolai che ti fanno le scarpe su misura e lo fanno da quando le scarpe si facevano solo su misura e se non facevi le scarpe come ti chiedeva il cliente quello ti menava o ti infilzava con lo spadino, altro che vantarsi, e l’Antico Vinaio Serbelloni Mazzanti Vien dall’Arno ha rilanciato “io ho inventato il panino” perché, sostiene il vinaio, prima il panino era solo o prosciutto o mortadella, gli altri ingredienti li ha inventati lui (perché non viene alla spiaggia libera di Catania a vedere cosa minchia sono capaci di infilarci in un panino senza darsi arie di imprenditorialità manageriale del branding fidelizzato del sono due etti lascio?). Ma la cosa più bella l’ha detta Campara (e qui abbiamo iniziato a capire perché la Chiara Ferragni gli abbia preferito il Tronchetti Provera): “Non andate all’università, vivete la vita, siate visionari, i soldi arriveranno”. Che uno meno sgamato magari dice: “Minchia mi sta sembrando Steve Jobs, quello di “siate affamati, ammuccatevi il panino”. Ma noi, che il panino ce lo facciamo con la parmigiana, con la cotoletta, con le melenzane fritte, con le polpette, con le cipollate e al camion dei panini ci facciamo mettere dentro funghi, peperoni, olive cunsate, sarde a beccafico, cipolla caramellata e salta tonnata sappiamo che Silvio Campara si è laureato alla Bocconi e nel corso del podcast parla anche del “moltiplicatore di attualizzazione” e che se vi consiglia di non andare all’università è perché se poi le cose le sapete anche voi, come fate a “servire” l’azienda? Cari ragazzi: non studiate. Siate visionari. Drogatevi.