L'intervista rilasciata da Italo Bocchino al Corriere della Sera è qualcosa che va oltre gli ormai classici dialoghi rehab, utili per ripristinare la visibilità di personaggi semiscomparsi dal dibattito pubblico, per un motivo o per l'altro. L'ex parlamentare, la cui carriera politica orbitava principalmente intorno a Gianfranco Fini, tra Msi, An e il Popolo della Libertà, era sparito dagli scranni della Camera insieme a Gianfranco Fini, per farla breve. Dopo i diverbi tra l'ex segretario di An e Silvio Berlusconi, era diventato un antiberlusconiano convinto. Anzi, dopo lo scontro frontale tra Fini e Berlusconi nel 2010, lo stesso Bocchino disse di essere stato epurato dal signor B. che aveva chiesto la sua testa. Ora è tornato a occuparsi di politica indirettamente, grazie agli ottimi rapporti con Giorgia Meloni e a Lilli Gruber, che lo ha voluto come opinionista politico a Otto e mezzo. Ma non ci poteva essere ritorno migliore dell'intervista pubblicata dal Corriere: un racconto a metà tra un adattamento gender fluid della Bohème di Puccini, un film dei Vanzina e Dawson Creek. La convivenza con Pietrangelo Buttafuoco e una trans dirimpettaia, l'autoironia sul cognome fellazieggiante e gli incontri romantici e proibiti con Silvio Berlusconi. Ecco cosa ha raccontato l'uomo che ha il cognome in comune con una grappa e un chinotto.
All'epoca non si parlava ancora di inclusività, ma un giovane Bocchino arriva a Roma e finisce a vivere in un monolocale con Pietrangelo Buttafuoco, in viale Vaticano. Visti i personaggi ci si immagina un piccolo appartamento dipinto di nero, con poster di Almirante appesi alle pareti. Niente di tutto questo: come racconta Bocchino, era un luogo a dir poco promiscuo. Il monolocale dei due giovani e destrissimi ragazzi confinava con l'ufficio di un travellone molto frequentato per le sue, a quanto pare ottime, prestazioni. Ironia della sorte, il travestito si faceva chiamare Ruby, come la bella non-nipote di Mubarak che qualche anno più avanti avrebbe inguaiato Silvio Berlusconi. Ma il bello è che i clienti allupati spesso sbagliavano indirizzo e citofonavano ai due camerati. “In tantissimi, in piena notte, in mezzo a quella confusione di ormoni, cognomi, lettere di scale e numeri di interni, trovavano naturale citofonare “Bocchino”. Di fatto, per parecchie notti, Pietrangelo e io abbiamo svolto funzioni di receptionist per Ruby, indirizzando i clenti alla porta giusta”. Buttafuoco e Bocchino receptionist di un trans: serve altro per scrivere la sceneggiatura di un cinepanettone?
Sarà fin troppo facile darsi di gomito sul cognome di Italo Bocchino, ma tutta l'intervista è infarcita di doppi sensi. Anche quando si parla di quando lui e Fini nel 2009 provarono a far cadere il governo Berlusconi: “Dovevamo fare la terza gamba della destra”. Tra le celeberrime avventure di Berlusconi e il ricordo della vicina, il lapsus era necessario. Ma il punto più alto e romantico dell'intervista è la riappacificazione con Berlusconi. Tutto nasce a una festa di compleanno di bambini, a cui partecipano il figlio di Angelino Alfano e la figlia di Italo Bocchino, compagni di scuola. Mentre i marmocchi urlano e giocano, tra l'apertura di un regalo e una fetta di torta, i due papà si appartano e si dicono: “C'è ancora qualcosa da fare per salvare tutto?”. Così, prima Bocchino ha un incontro clandestino con Gianni Letta, in un albergo. Poi, racconta l'ex parlamentare, “Un giorno mi misero in uno di quei furgoni coperti, senza finestrini dietro, con i quali di solito i supermercati consegnano la spesa a domicilio. Così superai senza essere visto lo sbarramento dei giornalisti che piantonavano Palazzo Grazioli e andai a parlare col Cavaliere”. Avventura e romanticismo alle stelle, ma anche un po' FakeTaxi o cose del genere, per far volare un po' la fantasia. Ma screzi a parte, tutto finisce bene per Italo Bocchino, che racconta sì di aver sofferto molto per la diaspora della destra, ma che è molto contento del fatto che Giorgia Meloni sia riuscita a ricomporla. Per riprendere una frase che la sua vicina Ruby avrà detto ai clienti che le telefonavano: happy ending.