“Le colpe delle mogli ricadono anche sui mariti? È un quesito assai antico”: abbiamo intervistato Candida Morvillo su Chiara Ferragni e il caso dei pandori Balocco, in particolare sulle polemiche che hanno raggiunto anche Fedez: “Lei e Fedez si vendono volutamente come un tutt’uno e quindi è fatale che, se c'è una colpa, questa ricade su tutti e due”. Ci sono poi stati, secondo Morvillo, dei gravi errori di comunicazione da parte di ferragni, che non avrebbe dovuto fare il solito video di autoinvervista di scuse, ma avrebbe dovuto aprirsi a un interlocutore esterno: “Il vulnus di questi personaggi è che amano raccontarsi e raccontarsela da sé sui social”. Abbiamo parlato anceh dei dati preoccupanti emersi negli ultimi giorni circa gli ascolti dei telegiornali italiani, sintomo di un'informazione che si sposta e che forse non convince più il pubblico. I dati del 2023, infatti, registrano oltre mezzo milione in meno di telespettatori per Tg1 e Tg2. Un calo che interessa anche Mediaset, seppur in misura minore, ma che sembra non toccare il Tg La7 di Enrico Mentana che, anzi, ha aumentato i telespettatori totali. Abbiamo intervistato Candida Morvillo, giornalista del Corriere della Sera e opinionista televisiva, per capire le ragioni di questo esodo: “I telegiornali sono di parte: il telespettatore sente che quel telegiornale non viene fatto per lui, ma in nome di un'idea, di una visione e basta. Quello di Mentana, invece, è un metodo in cui lui è la bussola della televisione”. Morvillo ha anche parlato del concetto di “TeleMeloni”, sottolineando che alcune decisioni prese in Rai abbiano favorito Mediaset e Pier Silvio Berlusconi. Ha poi analizzato il possibile ritorno in Rai di Massimo Giletti, uno che “conosce la grammatica della televisione”, e la mancanza di identità di Rai 3, soffermandosi sui format di Report, Avanti popolo o Farwest.
Candida Morvillo, sono in crisi i telegiornali, in particolare, nel 2023, Tg1 e Tg2 hanno perso quasi 600.000 telespettatori. Perde anche Mediaset e l'unico a salvarsi è il Tg di Enrico Mentana su La7. Come si spiega questo fenomeno?
Mi sembra che si spieghi abbastanza facilmente, perché quello di Mentana è l'unico telegiornale che dà una spiegazione dei fatti senza essere fazioso e credo che questo sia molto apprezzato dalle persone. Oggi siamo sommersi dalle informazioni e il nostro problema è selezionare e capire quali siano le cose che vale la pena sapere. Mentana indica delle priorità al suo pubblico e inquadra le notizie nel contesto dell’attualità. Ha sicuramente una sua visione, ma il suo primo obiettivo sono le esigenze di comprensione del telespettatore.
E gli altri telegiornali?
Sono di parte e questo è oggettivo, l'impronta è quella del manuale Cencelli. Alla fine, il telespettatore sente che quel Tg non viene fatto per lui, ma in nome di un'idea, di una visione. Mentana, invece, parla al senso critico dello spettatore. C’è proprio un “metodo Mentana”, di cui si sente secondo me il bisogno, in questo momento in cui l'informazione è fortemente polarizzata e decisamente sovrabbondante. Mentana è la bussola della tv nei tempi sovranisti e di overdose dell’informazione.
Quindi Mentana è un giornalista libero da vincoli editoriali?
La7 da questo punto di vista mi sembra la rete più libera dei nostri palinsesti e Mentana è di per sé un marchio. Si guarda il suo notiziario per vedere come la racconta lui e, in questo momento, non c'è nessun altro telegiornale che si sceglie in base al conduttore.
A proposito di libertà, lei avalla la tesi di “TeleMeloni”?
Quella la avalla la stessa premier Giorgia Meloni, la quale in conferenza stampa ha ammesso che è in corso un riequilibrio della Rai. Ha detto che, prima, la sinistra faceva il 18% dei consensi ed esprimeva il 70% di posizioni in Rai e che serviva un correttivo. È un'operazione scientifica e pianificata a tavolino.
Come mai allora questo nuovo modello Rai sembra non funzionare?
Perché più che un modello è una rifondazione, ovviamente non comunista. Sono cambiati molti programmi e quello della Rai è un pubblico abbastanza tradizionale, che aveva delle abitudini di ascolto. Quando arrivano dei programmi nuovi gli spettatori hanno bisogno di tempo per affezionarsi. Ma ora siamo davanti a talk con un taglio politico nuovo, in cerca di un bacino di utenti diverso da quello che già c’era.
I critici televisivi hanno parlato molto di mancanza di identità di Rai 3, è così?
Era la rete Rai con l'identità storicamente più forte. Era la rete della sinistra e chi la accendeva sapeva che cosa trovava, mentre ora si trova spaesato e magari si disperde altrove. Il telespettatore di Rai 3 era un signore o una signora in carne e ossa con una visione precisa del mondo, che ora non si riconosce più in questo canale.
Lei è stata ospite proprio di un nuovo format di Rai 3, ovvero Avanti popolo di Nunzia De Girolamo. Come inquadra quel programma?
Come la sfida di cercare un pubblico che non è quello della storica Rai 3. In questo senso, si tratta di una scommessa interessante da seguire.
Mediaset, pur cambiando dei volti, ha superato la Rai negli ascolti e quindi nella raccolta pubblicitaria, è tutto merito di Pier Silvio Berlusconi?
Anche merito di “TeleMeloni” sicuramente. Ci sono tanti programmi Rai che hanno perso pubblico e questo sicuramente ha aiutato Mediaset.
Però Bianca Berlinguer con È sempre Carta Bianca sembra essersi inserita benissimo, anche a livello di ascolti.
Lei è un po’ la foglia di fico di Rete 4 da un punto di vista dell'orientamento politico. Quella è una rete fortemente sbilancita verso il centrodestra e l'arrivo di Bianca Berlinguer è servito a Pier Silvio per potersi fregiare del titolo di pluralista.
Due giorni fa è iniziato Prima di Domani, il format che ha sostituito Stasera Italia, che vede Berlinguer in primo piano sull’attualità e, anche se è presto per dirlo, è partita, anche qui, con ottimi ascolti.
Sì e ho sempre pensato che lei funzioni bene sulla quotidianità, perché funziona meglio nella spontaneità. Dà la sensazione di amare i programmi scritti ma, secondo me, nel normale caos quotidiano, riesce a essere più naturale. Quanto al settimanale, è svantaggiata nel confronto con Giovanni Floris e Di Martedì, perché il nuovo habitat attira telespettatore che non sono storicamente i suoi.
La7 ci ha guadagnato da questi cambiamenti?
Alla fine sì, perché ha guadagnato intanto dei volti, come Massimo Gramellini e Corrado Augias, che stanno dimostrando di andare bene. In più, La7 ha definito ancora meglio la sua identità di rete che fa informazione indipendente, a differenza di altre reti, come appunto Rai 3, che sta costruendo un profilo diverso. Far affezionare il pubblico a formule nuove richiede tempo, tempo in cui, gli ascolti possono soffrire. Quella di sperimentare nuovi programmi è sempre un'operazione benemerita, se si ha poi il coraggio di portarli avanti. Penso al caso di Augusto Minzolini e a quello di Nunzia De Girolamo che sono completamente diversi.
Che cosa intende?
Che Minzolini è stato chiuso in tre mesi, per cui si è deciso di non dargli il tempo di rodarsi. Il programma di De Girolamo invece prosegue: evidentemente, la Rai lo ritiene un investimento da portare avanti.
De Girolamo ha funzionato bene in Rai, sia con Ciao Maschio, in seconda serata, che con Estate in Diretta. Per cui può essere che la Rai voglia comunque puntare su di lei?
C'è una cosa che la tv generalista, per parecchi anni, non ha mai fatto ed è quella di lanciare nuovi volti. Nel momento in cui prova a farlo è sempre un'incognita, ma, se resiste, nonostante le difficoltà temporanee, fa bene in primis alla televisione, con tutte le correzioni opportune che si possono fare in corsa. In generale, viviamo una tv in cui, fino a uno o due anni fa, i volti erano sempre gli stessi di dieci anni prima. Adesso, su più reti, si sta provando a far crescere delle nuove generazioni, che significa proprio scommettere sul futuro con nomi, squadre o linguaggi in cui si crede.
Una trasmissione nuova che finora sembra andare bene è Farwest di Salvo Sottile. Può essere il nuovo Report?
A me, Farwest, ricorda più lo stile di Mi manda Rai Tre. Penso che non possa essere il nuovo Report perché Report è un marchio con un suo format e un suo linguaggio.
Ma Report reggerà alle varie pressioni politiche?
Questa è una domanda da un milione di dollari. Sarà simpatico vedere che cosa succede.
Un argomento che sta monopolizzando l'attenzione dei media è quello di Chiara Ferragni. Pensa che l’influencer stia gestendo bene o male la comunicazione?
Chiara ha fatto quasi tutto quello che poteva fare, senza, però, ottenere risultati. Ha chiesto scusa, donato un milione di euro all'ospedale Santa Margherita di Torino, ha promesso che non sovrapporrà più pubblicità e beneficenza. Alla fine, trovo ammirevole che abbia salvato la squadra e che non abbia, per ora, individuato un capro espiatorio lavandosene le mani. Evidentemente, però, tutto questo non è bastato perché Safilo e Coca Cola l'hanno abbandonata, un po’ di follower li ha persi e questo è il segno di una crisi più profonda. La cosa fondamentale che avrebbe dovuto fare è una vera e propria intervista, invece della solita autointervista su Instagram. Il vulnus di questi personaggi è che amano raccontarsi e raccontarsela da sé sui social, ma non capiscono che arriva un momento in cui è necessario il confronto con il pubblico.
Quindi come sarebbe dovuto avvenire il confronto con il pubblico?
Il confronto avviene con la mediazione di un giornalista, non pubblicando un video in cui dici le tue ragioni. “Questa è la mia verità” o “queste sono le mie scuse” non è più sufficiente, perché questo caso sta incrinando uno dei fondamenti del suo successo, ovvero la sua reputazione. Reputazione che ha costruito molto anche sugli interventi di charity che faceva con il marito. La gente si sente tradita quando si accorge che lei è stata attenta nel chiedere un milione di euro a Balocco, ma disattenta nel chiedere quanti soldi andassero ai bambini malati.
Fare ora un'intervista sarebbe troppo tardi?
Ora è arrivato anche l'avviso di garanzia e parlare da indagata la mette in una posizione più difficile. Non aver rilasciato un’intervista prima è la prova del nove di un errore di strategia. Che, tuttavia, a maggior ragione rende necessaria un'intervista limpida e coraggiosa.
Secondo lei non è sbagliato che le polemiche coinvolgano anche Fedez?
Le colpe delle mogli non ricadano anche sui mariti? È un quesito assai antico. Comunque no, non è sbagliato, perché loro si presentano come una ditta, sono come la Regina Elisabetta e Filippo, quando c'erano. La beneficenza è un affare di famiglia e infatti lei, nel video del 18 dicembre, dice “io e la mia famiglia”, riferendosi al concetto alto che hanno della charity. Lei e Fedez si vendono volutamente come un tutt’uno e quindi è fatale che, se c'è una colpa, questa ricade su tutti. Se la Ferragni, quando la sera si trovano a cena, dice “ho preso un milione di euro da Balocco per promuovere la beneficenza ai bambini”, ci si aspetta che Fedez chieda “ma ai bambini vanno almeno due milioni?”.
Ma con tutti i contratti che hanno per le mani, crede che ci sia un controllo così serrato sulle attività dell'uno e dell'altro?
Almeno quando si tratta di fare del bene dovrebbe esserci. Inoltre, qui parliamo di un errore di gestione di un'azienda e non di comunicazione. Chiara ha creato un piccolo impero dal nulla e, nel momento in cui fai ciò, devi costruire anche un'organizzazione aziendale, con dei protocolli e dei meccanismi che funzionino, con delle persone che sappiano fare il proprio lavoro. Ci sta che non tutte le caselle funzionino alla perfezione e che ci sia stato un errore di gestione dei contratti o della catena di trasmissione delle informazioni.
Quindi non vuole scagionare Fedez?
Non sto dicendo che se c'è una colpa questa è anche di Fedez, ma comprendo i follower che, nel disaffezionarsi alla Ferragni, o nell'essere più diffidenti verso di lei, mostrino gli stessi sentimenti verso Fedez. È normale, perché sono loro che hanno costruito la coppia così.
Come pensa che vada a finire questa storia? La Ferragni verrà riabilitata o dovrà cambiare lavoro come in molti sostengono?
Penso che abbiamo tutti la memoria del pesciolino, che siamo talmente sommersi di informazioni che ci dimenticheremo anche della questione Ferragni e della beneficenza. Per scoprire come finirà il futuro dell’influencer aspettiamo la prova dell’intervista, oltre ai risultati dell’inchiesta.
Tornando alla Rai, nei contratti degli artisti di Sanremo c’è l’obbligo di non rilasciare interviste ad altre tv per tre giorni dopo il Festival. Fa bene Fabio Fazio a considerarla una clausola contro di lui, visto che è passato a Discovery?
Secondo me non ci credeva neanche lui mentre faceva quelle affermazioni, forse si stava facendo solo un po’ di pubblicità.
Tra i nuovi volti Rai, anche se in questo caso si tratta più di un ritorno, c'è quello di Massimo Giletti. Pensa che farà bene?
Lui ha detto che tornerà. Giletti è uno che la televisione la sa fare, conosce la grammatica televisiva, è un grande orchestratore di suspense e di ritmo. Probabilmente farà bene anche adesso, perché il successo di un programma non dipende solo dal conduttore, ma anche dalla collocazione all'interno del palinsesto e da quanto l'azienda ci crede.
Giletti era stato nominato anche dal dirigente Rai, Angelo Mellone, in un'intervista a Repubblica, in cui ha fatto diversi nomi. Nonostante la pronta smentita dell'azienda, c'è chi ha visto nelle sue parole la volontà di ridimensionare Mara Venier. È uno scenario possibile?
Mara ha una forte riconoscibilità sul pubblico di Rai 1. Lo stesso Mellone l’ha definita una “fuoriclasse”, dicendo che forse la domenica andrebbe ripensata con un'offerta magari a segmenti. Una riflessione che è probabile sia stata fatta, perché su Canale 5 c'è un pomeriggio a segmenti che sta funzionando. Questo non significa che lo si debba fare senza Mara.
Lei ora è un'opinionista, ma si vedrebbe bene, in futuro, nel ruolo di conduttrice? Potrebbe portare le sue interviste sul piccolo schermo
Per molti anni si diceva che le interviste in televisione non fossero più di moda, io non ci ho mai creduto. Poi è arrivata Francesca Fagnani con Belve, e posso essere solo contenta che ci si sia accorti che invece funzionano benissimo. Se io mi ci vedo? Non ci ho mai pensato.
Chissà che Urbano Cairo non possa ci faccia un pensierino allora.
Mi sembra che La7 abbia già un palinsesto stupendo ed è pieno di cose che funzionano.
Non mancano un po’ di volti femminili? E non parlo certo per un discorso di quote rosa.
Funziona benissimo Marianna Aprile a In Onda con Luca Telese. Il programma, non a caso, andava molto meglio di Minzolini, finché c’era lui, e sono contenta perché Marianna ha lavorato con me e sono stata la prima, da direttore, a farle un contratto, un articolo uno come si dice in gergo.
Una punta di diamante di La7 è Corrado Formigli con Piazzapulita? Per quanto lui non nasconda il suo credo politico.
Il bello di questa rete è che ha una sua identità forte, all'interno della quale ci sono dei conduttori con un'identità altrettanto forte. In questo senso, ha trovato una centratura, che dovrebbe essere l’ambizione di ogni rete dedicata all’informazione.