Non ci sono più gli accanimenti di una volta. Vuoi mettere il gusto di bagarrare con Silvio Berlusconi rispetto al ripiego di doverlo fare con Matteo Salvini? I pm della Procura della Repubblica di Palermo devono averci pensato a lungo - anche se non lo ammetteranno mai - però poi hanno deciso di agire, quasi rispondendo allo stesso istinto che spinge quelli delle Ong a salvare i naufraghi in mare. La metafora calza per due ragioni: la prima è che anche quando lo scopo è colpire in nome di una giustizia più giusta si finisce per far rinascere a nuova vita chi, invece, stava affondando e la seconda è perché è proprio sul tema che s’è aperta la nuova partita. Come? Con un ricorso per saltum. Una sorta di rabona (sia perdonata la metafora calcistica) per ritrovarsi in area di rigore e saltando difese, difensori e barriere organizzate. L’ultima volta di un ricorso per saltum era stato, udite udite, contro la sentenza di assoluzione di Silvio Berlusconi nel Processo Ruby Ter. Matteo Salvini s’è detto “incazzato”, ma probabilmente gode come un alce in amore per essersi ritrovato a fare i conti con la stessa rabona che era toccata a Silvio. Roba potente, insomma.

Roba che da potente diventa potentissima se si entra nel dettaglio di quella rabona giudiziaria, visto che, di fatto, si tratta di magistrati che danno degli ignoranti a altri magistrati, sostenendo che ignorano la giusta interpretazione delle norme. Ma andiamo per ordine. La Procura della Repubblica di Palermo (insomma, non una procura di periferia in una Regione dove i magistrati faticano a trovare filoni interessanti da seguire) ha deciso di sfidare la sentenza di assoluzione di Matteo Salvini nel caso Open Arms con un ricorso per saltum, una mossa giudiziaria che salta l'appello e vola dritta in Cassazione. Un paradosso grottesco: gli stessi magistrati che in primo grado hanno assolto il leader leghista (con 268 pagine di motivazioni) ora vedono il loro lavoro messo sotto accusa dai colleghi della procura. I pm sostengono che l'assoluzione sia "priva di plausibili ragioni giuridiche", nonostante il tribunale avesse riconosciuto i fatti, ma scagionato Salvini sull'interpretazione delle norme.

Che cos'è il ricorso per saltum e perché suona poco liberale
Il ricorso per saltum è una procedura rara prevista dall'articolo 569 del Codice di Procedura Penale che consente di bypassare il grado d'Appello quando la controversia è esclusivamente giuridica. Peccato che nella realtà, facendo un giudizio storico, venga utilizzato come un grimaldello processuale: nel caso specifico, i pm di Palermo lo usano per trasformare la Cassazione in un "tribunale dei tribunali", evitando il dibattimento probatorio e il riesame dei fatti. Una mossa che il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, non esita a definire "surrealismo giuridico". L'illiberalità, secondo una visione garantista, sta nel dettaglio: mentre in un normale processo d'appello si possono presentare nuove prove e ascoltare testimoni, qui la Cassazione è chiamata a un controllo astratto delle norme. Salvini, che pure si è detto "incazzato ma fiducioso”, si trova così privato di un grado di giudizio sostanziale, ma contestualmente riportato a galla in un momento in cui i sondaggi danni lui e il suo partito in costante difficoltà e alle prese con nuovi leader emergenti (per informazioni citofonare Vannacci) che potrebbero giocarsela alla Alessandro Borghese: “Nulla è ancora deciso, manca il mio voto che potrebbe confermare o ribaltare completamente la situazione”.

Il sospetto della manovra politica: tempismo e coincidenze sospette
Non si può non ri-sottolineare che l'ultimo caso celebre di ricorso per saltum fu il processo Ruby Ter, dove la procura di Milano provò a ribaltare l'assoluzione di Silvio Berlusconi, che la separazione delle carriere tra pm e magistrati giudicanti l’ha predicata sempre e che adesso, se guarda giù da dove si trova, probabilmente starà godendo pesante rispetto a quello che succede qui. O, a pensarci bene, forse si sta ribaltando nella tomba accorgendosi che qualcosa che in passato era stato riservato a lui dalla Procura di Milano adesso la Procura di Palermo l’ha “svenduto” con Matteo Salvini. Il ricorso – inutile negarlo - arriva in un momento politicamente delicato: Salvini sogna di tornare al Viminale, mentre l'attuale ministro dell'Interno Matteo Piantedosi potrebbe candidarsi come governatore in Campania. I pm palermitani, nel loro atto, citano come un macigno la sentenza Diciotti del febbraio 2025, dove la Cassazione condannò il ministero per un caso analogo. Però in quel caso si trattava di un mero risarcimento civile, non di un processo penale. Ecco perché per molti, la mossa ha tutta l'aria di un regolamento di conti e pure con tifoserie già schierate e capi ultras già megafonati (che non si dice, ma chi volesse riservare l’onore di un ricorso per saltum alla Crusca per dimostrarlo è libero di farlo quando vuole, ndcs): il fondatore di Open Arms, Oscar Camps plaude al "lavoro della procura", mentre Viktor Orbán tuona da Budapest contro "l'assurdità della sinistra". E il ministro Piantedosi, ex capo di gabinetto di Salvini, si autoaccusa: "Se Salvini è imputabile, mi ritengo moralmente imputabile anch'io".

147 migranti ridotti a comparse di un altro circo
Se la Cassazione accoglierà il ricorso, non solo ribalterà un'assoluzione pienamente motivata, ma trasformerà la sentenza in un manifesto politico sull'immigrazione. Se lo respingerà, confermerà che questo processo – nato da un voto del Parlamento Conte II – è sempre stato un teatro. O, meglio, un circo. Chiaramente finanziato con le tasse dei cittadini, ne frattempo impegnati a chiedersi chi ha ucciso Chiara Poggi, chi ha ucciso Liliana Resinovich e quale mancetta di nonno si metteranno in tasca i nipoti di Agnelli. Il tutto, ovviamente, anche sulle spalle di 147 migranti della Open Arms che, dopo venti giorni di inferno in mare e pure l’illusione che di loro fregasse qualcosa a qualcuno, ora dovranno accettare il ruolo di comparse di uno scontro che non li ha mai veramente riguardati.
