Luca Lucci ha creato un “modello” che poi è stato replicato anche in curva Nord. Lo leggiamo nelle motivazioni alla sentenza Doppia Curva: “Lo stesso Direttivo della Curva Nord viene modellato sulla base dello schema attuato da Lucci per governare gli affari della (antagonista) curva Sud”. Striscione unico e “sinergie operative ed economiche” con l’altro lato di San Siro. Un potere fondato su “azioni di estrema violenza”, intimidazioni ed estorsioni. La leadership del Toro è caratterizzata da una “inquietante vocazione all’aggressione”, ma comunque lontana dall’essere una cieca ferocia: Lucci è apparso alla gup Rossana Mongiardo come “scaltro, dotato di una mentalità quasi sopraffina”. Intelligenza che si vede nella gestione dei rapporti all’interno della Sud, nella solidità del suo dominio e sul carisma che tutti i membri della tifoseria milanista hanno percepito nei suoi quasi vent’anni in transenna. Il leader resta Lucci, anche dopo la condanna in primo grado. E infatti, qualche settimana fa, di domenica, siamo andati a casa sua, che era presidiata da altre quattro persone, probabilmente tutte appartenenti alla curva Sud. Il Toro comanda ancora dal carcere? È possibile. Pino Caminiti, il ras dei parcheggi, ha parlato di lui sottolineandone la pericolosità e il peso criminale. Ci sono poi le avventure imprenditoriali della Italian Ink, il business dei concerti - sviluppato insieme al braccio destro Islam Hagag - e il traffico di droga. Nella movimentazione di stupefacenti il Toro era tra i più forti. Ma la storia del capo ultras del Milan ha radici profonde.
Nelle carte emesse dalla gup questa storia ha un inizio nel 2006, quando Lucci è un giovane ultras delle Brigate Rossonere a fianco di Giancarlo Capelli, “il Barone”, grande vecchio della Sud milanista. Altro nome pesante in curva è Giancarlo Lombardi, detto “Sandokan”, che comanda i Guerrieri Ultras. L’anno successivo è decisivo, Lucci sfrutta gli arresti di Lombardi e Mario Diana, altro uomo di spicco dei Guerrieri, e allarga la sua influenza. Nel 2009, invece, riesce nell’unificazione dei gruppi della tifoseria organizzata rossonera dietro allo striscione “Curva Sud”. In quello stesso anno viene comunque coinvolto nell’indagine relativa all’aggressione di Virgilio Motta durante un derby. Il Toro viene condannato a 4 anni e 6 mesi. Il direttivo al tempo, secondo la gup e le dichiarazioni di Roberta Grassi, era composto da Lombardi, il Barone, Francesco Lucci, Riccardo Bonissi, Marco Solari, Cristian Rosiello, Islam Hagag, Alessandro Sticco, Marco Pacini, Fabiano Capuzzo, Daniele Cataldo. Quest’ultimo è considerato l’autore dell’aggressione a Enzo Anghinelli, il cui mandante sarebbe proprio Lucci. Passaggio fondamentale è l’esclusione dei Commandos Tigre dalla curva, avvenuto, nella ricostruzione degli investigatori, nel 2016. Due anni dopo ricominciano i guai con la giustizia per il Toro, che finisce in carcere per narcotraffico. Contestualmente si riaffacciano ai vertici del mondo ultras milanista “Sandokan” Lombardi e Domenico “Mimmo” Vottari, leader dei Black Devil (gruppo nel quale militava Anghinelli).
Le tensioni proseguono fino al 2023. Ancora una volta sono delle intercettazioni a dimostrarlo. In quell’anno Lucci avrebbe avuto delle conversazioni con altri suoi sodali a proposito delle ambizioni di Lombardi, il quale avrebbe addirittura “chiesto aiuto” a Nazzareno Calajò per “assumere le redini della tifoseria del Milan, scalzando proprio Lucci”. Calajò, il ras del quartiere Barona, è già stato citato altre volte come possibile soggetto coinvolto nelle diatribe in curva Nord prima dell’omicidio di Vittorio Boiocchi. Lucci viene intercettato mentre parla del “tradimento” con Loris Gracini, capo ultras della Juventus con diversi precedenti alle spalle. Durante una serata all’Old Fashion a gennaio 2024 Lucci e i suoi avrebbero aggredito “l’infame” Lombardi, che però riesce a fuggire.
Mimmo Vottari dei Black Devil, come Lombardi, coltivava ambizioni di dominio nella Sud. Il suo è un profilo pesante, ha gli uomini in curva e il contatto di Giuseppe Calabrò, ritenuto soggetto apicale della ‘ndrangheta in Lombardia. Vottari e U Dutturicchiu vengono colti dagli investigatori mentre parlano dell’attuale situazione nella Sud: lì girano tanti soldi. Il capo dei Black Devil vorrebbe farsi avanti, ma Calabrò lo ferma e si propone come possibile mediatore. Anche perché con Lucci le storie sono tese da anni. L’8 novembre 2018 alle 3:55 del mattino esplode un ordigno all’interno del bar di Vottari. Partono le indagini ma nel 2022 il caso viene archiviato. Alla luce delle nuove evidenze e al materiale investigativo raccolto è stato possibile attribuire “in termini certi”, anche questa aggressione “come una di quelle perpetrate dal gruppo facente capo a Luca Lucci nell'ambito della lotta finalizzata a mantenere l'egemonia del gruppo, facendo risalire la responsabilità dell'episodio a lui e a Daniele Cataldo”. Quest’ultimo avverte Lucci “meno di 3 ore dopo l'esplosione della bomba-carta, quando ancora non ne era stata divulgata pubblicamente la notizia”, una tempistica che “porta a ritenere che Cataldo si stesse riferendo all'attacco” al bar di Vottari.
Vecchie rivalità e nuovi processi, nomi storici e dinamiche ancora non del tutto sconosciute. Luca Lucci resta il capo assoluto della curva Sud. I suoi fedelissimi non l’hanno abbandonato, il suo carisma è ancora presente. Il “Sodalizio” degli ultras gira ancora intorno al Toro.