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Nelle motivazioni alla sentenza Doppia Curva ci sono cose che vanno ribadite. Altre, invece, meritano un approfondimento: il rapporto tra Ferdico e Bellocco, gli steward, Caminiti e il potere nella Sud

  • di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

  • Foto: Ansa

17 dicembre 2025

Nelle motivazioni alla sentenza Doppia Curva ci sono cose che vanno ribadite. Altre, invece, meritano un approfondimento: il rapporto tra Ferdico e Bellocco, gli steward, Caminiti e il potere nella Sud
Le motivazioni alla sentenza Doppia Curva sul mondo ultras milanese ribadiscono cose già note: merchandising, biglietti rivenduti a caro prezzo, violenze ed estorsioni. Altri temi, però, vanno approfonditi: che rapporto c’era con gli steward? Cosa non sappiamo delle relazioni tra i protagonisti delle curve? E le parole di Pino Caminiti dicono molto del potere di Luca Lucci nella Sud

Foto: Ansa

di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

Tante cose già le sapevamo, ma nelle motivazioni delle sentenze ai danni degli ultras delle due curve di San Siro qualcosa a cui fare attenzione, di “nuovo”, c’è. Per quanto riguarda la Nord viene ribadita l’ipotesi di un “rapporto di protezione” di matrice mafiosa garantito da Antonio Bellocco, l’uomo che venne dalla Calabria per proteggere la curva, che grazie ad Andrea Beretta e Marco Ferdico riuscì a introdursi in Lombardia e nel mondo del tifo organizzato interista. È ancora Totò nella ricostruzione dei magistrati a parlare, tra gli altri, con Mimmo Bosa per mettere in chiaro le cose: ora la linea gerarchica è definita, agli Hammer non servono più “amicizie trasversali”. E Beretta, “proprio con l'aiuto di Antonio Bellocco”, non solo “riusciva a bloccare, sul nascere, le aspirazioni di comando di Mimmo Bosa ma provocava anche l'umiliazione di tutte le componenti del tifo organizzato, mediante la consegna dei relativi striscioni, ovvero le cosiddette pezze”. Avere Totò dalla sua ha permesso a Beretta di emergere come capo assoluto della Nord. Insomma, quello di Bellocco sarebbe stato “un intervento secondo modalità operative proprie della ‘ndrangheta”. Protezione in cambio di una parte sempre più consistente del business. Le fonti di reddito principali erano la rivendita delle tessere a prezzo superiore, con casi “eccellenti” come per la finale di Champions League di Istanbul; il merchandising spinto da Beretta a livelli altissimi; i servizi di security durante i concerti estivi; i parcheggi, gestiti grazie al lavoro di Pino Caminiti. Molte di queste attività celate dietro alla “We are Milano”, presieduta da Debora Turiello, la “veste formale alle iniziative necessarie a promuovere gli ultras”. Per quanto riguarda i biglietti, i capi della Nord potevano far valere il loro peso con Slo, vice-Slo e responsabile sicurezza, mai esplicitando minacce ma facendo comunque intendere che nell’interesse di tutti era meglio collaborare. Un rapporto di “sudditanza” che ha finito per agevolare gli ultras, “seppur obtorto collo”.

Andrea Beretta
Andrea Beretta Ansa

Lato curva Sud invece le motivazioni esposte riconducono il potere del direttivo e di Luca Lucci ad “azioni di estrema violenza” volte a legittimare il dominio del Toro e dei suoi fedelissimi. Emblematiche in questo senso le aggressioni a steward e a Enzo Anghinelli, sopravvissuto a un tentato omicidio compiuto da Daniele Cataldo, sempre su ordine di Lucci. Così come per la Nord, anche la curva del Milan poteva contare sui proventi della rivendita dei biglietti, con guadagni “superiori ai 100mila euro all'anno”. Roberta Grassi, la “contabile” della Sud, ha poi riferito che merchandising e fanzine pesavano per circa 20-25mila euro a stagione. Anche Marco Pacini (non indagato) viene citato dal documento come organizzatore delle trasferte, un business che avrebbe garantito “circa 100 euro a persona, da moltiplicare per il numero di tifosi che si spostavano con i pullman” per le partite giocate lontano da San Siro. Affari slegati da quelli che Lucci aveva sviluppato anche al di fuori del mondo ultras: la barberia Italian Ink, la protezione di personaggi dello showbusiness come Fedez e i concerti. Significativa la descrizione che la gup Rossana Mongiardo ha fatto di Lucci, apparso “scaltro, dotato di una mentalità quasi sopraffina” e caratterizzato, così come tutto il direttivo, da una “inquietante vocazione all'aggressione”. Sulle vicende legate al predominio del Toro in curva torneremo. Lega Serie A, Milan e Inter si sono costituite come parti civili in virtù della “sudditanza” nei confronti dei gruppi ultras, tanto che la giudice ha riconosciuto dei risarcimenti a carico degli imputati, ma le difese hanno già annunciato il ricorso.

Enzo Anghinelli
L'ex ultras del Milan Enzo Anghinelli Ansa

Un modello di business opaco e violento, fatto di aggressioni, tentativi di estorsione, intimidazione e “spedizioni punitive”. Cose note, appunto. Altri temi toccati dalla gup, però, meritano di essere approfonditi. In primis la facilità con cui i gruppi delle due curve riuscivano a gestire l’entrata ai tornelli di San Siro grazie alla conoscenza degli steward impiegati dalla First e dalla Manpower, società responsabili del servizio. Un “tacito patto” per il quale, in cambio di agevolazioni agli ingressi, “gli Ultras si sarebbero impegnati ad evitare sfondamenti o altre azioni violente nei confronti degli stewards stessi”. Rapporti costruiti nel tempo, condotti dai vertici delle tifoserie organizzate, consapevoli della “forza intimidatrice” delle loro figure.

Luca Lucci in curva Sud
Luca Lucci in curva Sud Ansa

Dalle carte però si possono comprendere anche le dinamiche tra i singoli individui che movimentavano i business nelle due curve. Marco Ferdico, dopo l’omicidio di Antonio Bellocco, ha sempre ribadito che quell’amicizia con Totò era sincera. Marco era dalla parte di Antonio, contro Beretta. L’ex triumvirato, nato dopo l’omicidio di Vittorio Boiocchi, controllava uomini e soldi, biglietti e merchandising, spartendosi i ricavi mensilmente e in precisi momenti della stagione, come aveva già detto Beretta nelle sue confessioni. La rottura tra Ferdico-Bellocco e Berro è dovuta proprio a presunti guadagni nascosti da Andrea agli altri due. Le cose precipitano velocemente: Beretta capisce qualcosa, gira armato, diventa paranoico; Daniel D’Alessandro Bellebuono gli dà la conferma: c’è un piano per farlo fuori. Fuori dalla Palestra Testudo di Cernusco sul Naviglio si consuma il delitto: Bellocco viene ucciso e partono gli arresti. Ma tra Ferdico e Totò, nel corso del tempo, qualche frizione pare ci fosse già stata. Stando a quanto riportato nel documento redatto dalla gup, c’è un fatto che esemplifica tale dinamica: dopo Inter-Juventus del 4 febbraio 2024 le due tifoserie ultras si scontrano per poi dividersi nelle vie limitrofe, evitando così le forze dell’ordine. Bellocco in quell’occasione viene contattato da Aurora Simoncini per avere notizie del marito: “Stai tranquilla che loro stanno meglio di me e di te... lui sta meglio di me e di te”. Marco è al sicuro. Però Totò prosegue dicendo: “Mi ha deluso per l'ennesima volta (fa riferimento a Ferdico, ndr), mi ha ferito fortemente, mi ha ferito fortemente. Che io tanto era che ti giuro me ne volevo scendere del tutto e del fatto... ma Franco (Gianfranco, padre di Marco, ndr), tutti gli altri... no no, purtroppo io lavoro io qua... devo stare forzatamente... ma no so il mio futuro se è più stabile come prima qua... ti dico la verità... ti dico la verità”. Qualcosa non stava funzionando, dunque. La gup evidenzia che questa conversazione dimostra “con più esaltazione, il suo ruolo all'interno della curva come rappresentante della famiglia Bellocco”. Lui in Lombardia doveva starci “forzatamente”.

Antonio Bellocco, Andrea Beretta e Marco Ferdico
Antonio Bellocco, Andrea Beretta e Marco Ferdico Ansa

Ferdico in passato aveva movimentato degli stupefacenti. Lo ha detto Beretta e lo ha ribadito lo stesso Marco, parlando anche del suo rapporto con Bellebuono e del furto compiuto per guadagnarsi i soldi per comprare la droga. Suo padre Gianfranco ha fornito un’altra dichiarazione in questo senso, collocando il suo ingresso in curva Nord tra fine 2002 e inizio 2023, “motivandolo esclusivamente con l'intento di vigilare sul figlio Marco, affetto da dipendenza da sostanze stupefacenti”. La domanda che abbiamo posto altre volte sorge ancora: quella partita da 100mila euro chiesta da Ferdico a Bellocco che fine ha fatto? Va detto che per ora i parenti di Totò non hanno dubbi rispetto alla sincerità del sentimento di Marco, che ha chiamato suo figlio Antonio in onore dell’amico scomparso.

Marco Ferdico in una delle sue stories su Instagram
Marco Ferdico in una delle sue stories su Instagram

Per dare un’idea del peso di Lucci tornano utili le parole di Pino Caminiti, il “ras dei parcheggi” di San Siro, uno che poteva contare sull’amicizia con Giuseppe Calabrò, U Dutturicchiu, secondo gli investigatori esponente della ‘ndrangheta di San Luca e “indicato come figura apicale nel contesto criminale”. Ecco, proprio Caminiti, nel contesto della lotta intestina alla Sud, parla così di Lucci mentre è intercettato: “Quando c'era qualcuno che voleva fare un attimo lo scemo nella curva del Milan… l'han seccato!”. Qui Caminiti si riferisce a Enzo Anghinelli, ex membro dei Black Devil, gruppo ultras con a capo Domenico Vottari. Quest’ultimo è considerato il più recente avversario di Lucci per il controllo della curva e conoscente di Calabrò e Antonio Rosario Trimboli, già citato in altre occasioni come vicino alla Sud e al Toro. “Quelli (Lucci e i suoi sodali, ndr) hanno fatto il monopolio”, dice Vottari a U Dutturicchiu in un’intercettazione ambientale del 2018, “tutti fanno quello che dicono loro, fanno coreografie che spendono 80/100 mila euro alla volta, qua spendono i soldi”. Sempre da quella conversazione per la gup “si evince come Calabrò fosse intervenuto sia per trattenere Vottari dal compimento di azioni violente nei confronti di Lucci, sia per mediare lui stesso”. Con Luca Lucci, quindi, meglio non fare la guerra.

Luca Lucci, il "Toro" della Sud
Luca Lucci, il "Toro" della Sud

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