Cambiano i ministri ma non la minestra, come diceva Ghali in Cara Italia. Una canzone che potrebbe essere canticchiata da Filippo Attili, ex poliziotto e fotografo ufficiale della Presidenza del Consiglio dai tempi del governo Monti, nel lontano 2012. Una carriera lunga e politicamente trasversale: dal già citato Mario Monti fino a Giorgia Meloni, passando per Enrico Letta, Matteo Renzi e Giuseppe Conte. In questi giorni è balzato agli onori della cronaca, chiamiamoli anche sberleffi, per un fotoritocco audace fatto su un selfie della Meloni al G7 in Puglia. Dopo le dita di Kate Middleton e il doppio piede sinistro di Sofia Goggia, ecco un altro caso di post-produzione andato in malora. A farne le spese, questa volta, è stato un sopracciglio della Meloni, tagliato a metà in stile maranza di periferia.
Oggi la tecnologia ha reso inutile la famosa calza di nylon davanti all'obiettivo, come si usava ai tempi della discesa in campo di Silvio Berlusconi, però bisogna stare attenti a non abusarne, perché nella foga di voler eliminare le imperfezioni dai volti dei politici a volte può scappare il mouse, o il pollice, e una volta finite in rete non si scappa alla pignoleria dei critici. Come riportato da Dagospia, tutte le foto di Giorgia Meloni vengono ritoccare per far sparire le rughe, ma questa volta sarebbe stato meglio fare direttamente un lifting, perché lo stesso fotografo è stato costretto a scusarsi nella chat dei giornalisti, ripubblicando la foto corretta. O meglio, la foto non corretta, o corretta decentemente.
Filippo Attili è stato il fotografo di tutti i Presidenti del Consiglio, e il continuo cambio di casacche politiche lo ha già fatto finire al centro di alcune polemiche, in passato. Nel 2014, per esempio, quando il Movimento 5 Stelle aveva impostato tutta la campagna elettorale sulla lotta agli sprechi della casta. Nel contesto dei continui attacchi a Matteo Renzi da parte dei grillini era finito anche lui, Attili: un gruppo di quindici parlamentari 5S presentò un’interrogazione al Ministro del Lavoro, chiedendo di “accertare i motivi per cui un ex appartenente alla polizia di Stato accompagnasse il presidente, con funzioni di foto-cameraman, venendo distratto dai propri compiti istituzionali”. Peccato che poi lo stesso fotografo venne confermato anche quando i 5 stelle salirono al Governo, con uno stipendio annuo di 37mila euro, nel 2018. Pare che fu lo stesso Luigi Di Maio a cambiare idea, magari imbeccato dal suo responsabile della comunicazione, cioè Rocco Casalino. Come dice il proverbio, chi disprezza compra. Tanto paghiamo noi.