A Cabinda, la più piccola provincia dell’Angola, si produce il 60% del petrolio del Paese che rappresenta il 50% del Pil e l’89% delle esportazioni nazionali, nonostante il 54% degli angolani viva in una situazione di povertà. A sfruttare i giacimenti sono tutte le più grandi compagnie petrolifere del mondo. Chevron, la società petrolifera americana che in Angola lavora per mezzo della controllata Cabgoc (Cabinda Gulf Oil Company), ha firmato con il governo una moratoria che le permette di scaricare nell’oceano tonnellate di rifiuti petroliferi pericolosi. Il patto ha lasciato sgomento Red Ronnie. Il presentatore, che sul suo profilo Instagram ha pubblicato un post che ha come tema proprio questo argomento, ha additato le compagnie coinvolte come criminali. Auspicando poi che in Italia non ci siano ancora pompe di benzina Chevron o dell’associata Texaco, perché in caso contrario sarebbe pronto a boicottarle. Ovviamente ha invitato i suoi seguaci a fare altrettanto.
Un accordo rimasto finora nell’ombra. Rifiuti, scarti contaminati, che rappresentano una grave minaccia per l’ambiente. Per arginare l’impatto ambientale dato dallo sfruttamento del petrolio, nel 2014 il governo angolano ha dato vita a una politica di discarica zero. Tuttavia il governo ha comunque concesso a vari operatori di scaricare i propri frammenti contaminati, ma solo in caso di attività esplorative in aree di sviluppo e in acque ultra profonde, o in caso di nuove concessioni. Recentemente, invece, la Chevron ha ottenuto l’autorizzazione per lo scarico in mare degli scarti contaminati fino al 2023, in fondali bassi e a poca distanza dalla riva. Ci si chiede come mai l’Angola abbia accettato una simile richiesta. Forse perché il potere di alcune multinazionali supera quello di governi più deboli o indeboliti dalla corruzione e dalle guerre civili. In sostanza governi che sono più ricattabili. A quanto pare la richiesta di Chevron sarebbe arrivata quando il prezzo del petrolio era ai minimi storici, e la deroga sarebbe andata a rappresentare un tentativo per tagliare e limitare i costi dello smaltimento dei detriti. Cosa succederà ora che per via della guerra il prezzo del petrolio ha raggiunto i massimi storici? Ciò che è certo è che difficilmente si potrà tornare indietro. Si ipotizza che nell’arco di un anno verranno scaricate circa 12 mila tonnellate di detriti di perforazione e 6 milioni di litri di petrolio nell’oceano. Senza contare che la pulizia del suolo marino inquinato comporta una spesa di centinaia di milioni di dollari, e che la fauna marina è a rischio.