Sei un marito fedifrago o una moglie annoiata dalla routine quotidiana? Hai una tresca con il papà del compagno di scuola di tua figlia o con la tua collega di ufficio? Basta con le solite scuse: riunioni improvvisate, fantomatici impegni di lavoro alle undici di sera, commissioni improbabili o Gessico Calcetto. Amore, sto combattendo le mafie. Ecco la giustificazione per ogni chat bollente trovata dal vostro partner e per ogni paio di mutandine spuntate misteriosamente da sotto il sedile della Panda. Lo aveva spiegato Roberto Saviano, in versione libertino settecentesco, in un articolo pubblicato sul Corriere: la monogamia è uno strumento morale di dominio mafioso. In realtà non è una tesi originale: il filosofo francese Michel Foucault aveva già teorizzato lo stesso concetto, quando diceva che il potere non è mai qualcosa che si acquisisce, si possiede e si conserva, ma un processo che si esercita a partire da innumerevoli punti, tra cui la sessualità. Da questo punto di vista, la monogamia appare come una grande istituzione sociale, la cui funzione è quella di preservare il rispetto, l'obbedienza, il possesso. Tutte peculiarità, come osserva Saviano, che contribuiscono ad alimentare la mentalità criminale: “È l’insaziabile fame mafiosa di possesso a determinare la necessità di una regola monogamica priva di eccezioni”.

Il discorso, su alcuni punti, è criticabile. La poligamia, per esempio, che in certi Paesi arabi e musulmani è consentita, non è automaticamente indice di una mentalità aperta o libertina. Soltanto, l'uomo anziché possedere una sola moglie, ne possiede diverse. Sempre di possesso si tratta, anche se quantitativamente diverso. Tacitamente, avviene anche nel contesto mafioso. Saviano: “Come tutte le morali repressive, negli uomini la violazione della monogamia viene maggiormente tollerata. A due condizioni: che il tradimento avvenga in assoluta segretezza e che, soprattutto, che si rimanga perfettamente incasellati nei ruoli tradizionali di maschile e femminile”. Certo, questo non fa parte soltanto della mentalità mafiosa. Qui Saviano sembra riprendere la trasvalutazione dei valori proposta da Nietzsche: è l'intera morale a dover essere ripensata. “Una morale per cui il sesso è male, va praticato in circostanze limitate, riscattato col sentimento dentro un impegno monogamico. Una morale, ancora, che rende «mafioso» il nostro linguaggio, facendo utilizzare in modo aberrante alcune espressioni, da «amante» a «tradimento», o alcuni termini sessuali, adoperati come strumenti di insulto”. La soluzione?

Amore libero, senza barriere. Ok, ma è davvero corretto associare la monogamia alla mafia? L'articolo era stato commentato anche dallo psicologo Marco Crepaldi, che in un video su YouTube spiegava che se, da un lato, è vero che la monogamia tende a riprodurre una serie di dinamiche di coppia tossiche, d'altra parte demonizzare totalmente la monogamia e associarla a un valore mafioso non è utile rispetto al problema stesso. Anche perché i motivi che portano ad avere solo un partner per tutta la vita possono anche essere del tutto personali, oltre il condizionamento sociale. Inoltre, nemmeno i poliamorosi hanno davvero superato i concetti di fedeltà e tradimento, e se la società dovesse davvero andare oltre non è detto che all'interno delle organizzazioni mafiose cambierebbe qualcosa. “La prima scelta contro la prassi mafiosa è rompere le sue regole, scardinare la sua aberrazione moralista, smontare nel vivere quotidiano i meccanismi socialmente accettati che risultano da concime al potere criminale. Scegliere la vita, la sessualità libera di vincoli, un corpo non assoggettato dalla morsa della convenzione è un atto antimafia. Anzi: è l’atto antimafia”. Un mondo in cui tutti fanno l'amore con tutti, senza vincoli né legami, ci si annusa il sedere e via in groppa. Come teorizzavano gli hippie negli anni Sessanta che poi si sono sposati, hanno divorziato e adesso fanno l'apericena e la crociera dei single e la toelettatura al cane. Ecco il segreto per un mondo senza mafie. Un'ammucchiata di carne, al posto di una montagna di mer*a.

