Ve li meritate i film di Alberto Sordi, diceva polemicamente Nanni Moretti senza sapere che poi sarebbero arrivati i documentari sui Ferragnez. Finalmente, diciamo noi: un premio letterario senza best seller. Le polemiche sulla cinquina del Premio Campiello sono un esercizio di estetica contemporanea, per cui i numeri sono direttamente proporzionali alla qualità. Logica da influencer, per intenderci. Quel circolo vizioso e degradante per cui la bontà dell'opera viene determinata dalla domanda, in modo tale che l'offerta sia più valida dal punto di vista estetico, meno dal punto di vista artistico. Come riportato da Dagospia, i cinque nominativi del Campiello non superano le 7500 copie messi insieme. Vivaddio, che sia la volta buona che un'opera viene giudicata in maniera del tutto avulsa dalle logiche di dominio che portano a vincere sempre i soliti quattro o cinque autori già premiati dalle vendite, dagli amichettismi, dalle public relations e dallo strapotere delle case editrici?

I nomi della cinquina, messi di fianco a quelli degli esclusi, fanno rumore. Roberto Saviano, che negli ultimi tempi è in tutti i podcast a promuovere il suo libro, fuori. Nadia Terranova, fuori. A casa anche Andrea Bajani, Paolo Nori, Melania Mazzucco, Teresa Ciabatti. Non è lo Strega, siamo a Padova. Una scarica di spritz. “Di spalle a questo mondo” di Wanda Marasco per Neri Pozza, “Bebelplatz” di Fabio Stassi per Sellerio, “Inverness” di Monica Pareschi per Polidoro, “Nord Nord” di Marco Belpoliti da Einaudi e “Troncamacchioni” di Alberto Prunetti da Feltrinelli. Niente nomi roboanti, né sconosciuti totali, ma libri che vale la pena di leggere. E se davvero ci sono malumori tra lettori e addetti ai lavori, allora vuol dire che la strada intrapresa dalla giuria del Campiello probabilmente è quella giusta. Si parla di letteratura, di arte. Lasciamo che siano trapper e influencer a rinfacciarsi i numeri, come quando li si critica per l'autotune, per la vacuità dei contenuti o per aver scritto un libro ai confini di un manierismo insulso. Altrimenti avremo sempre bisogno di un Nanni Moretti, che dica cosa ci meritiamo. Prendiamone atto, se non vogliamo che i premi letterari siano come i reading nella poesia di Charles Bukowski, the gathering of clansmen and clansladies, una conventicola di affiliati e affiliate. Anche perché poi, come suggeriva quel caro ubriacone di Buk, risultava più creativo un idraulico.

