C’è stato un luogo in cui, prima dei social attuali, le persone potevano sfogarsi, parlare di tutto senza filtri. Una terra franca, allergica alle regole e ai padroni. Stiamo parlando di 4chan, il social network originale. Anzi, The Antisocial network: la macchina della disinformazione, come lo definisce il documentario Netflix dedicato alla sua storia. Era il 2003 quando appassionati di manga, anime e cultura giapponese si riunivano nel blog 2chan. Il canale era diffusissimo in Giappone e diventò popolare soprattutto tra gli otaku: queste persone, infatti, potevano nascondersi dietro l’anonimato, parlare di tutto senza esporsi. Un utente particolarmente appassionato, però, decise che era il momento di portare quella libertà anche in occidente. “Moot”, così si chiamava il creatore (Christopher Pool è il suo vero nome), trasformò l’interfaccia grafica di 2chan, rendendola accessibile a tutti: nacque 4chan. Cosa succede quando si dà a chiunque, per la prima volta, libertà assoluta e anonimato? Sorge il caos. Letteralmente, il blog esplose. Non solo cultura otaku, comunque. Si cominciò a parlare di tutto: politica, economia e tecnologia. La cosa, però, non fu più controllabile. Dopo un po’ di tempo, infatti, alcuni utenti cominciarono a postare contenuti che inneggiavano al fascismo, al nazismo, contenuti razzisti e misogini. Tutto sembrava poter essere ridotto a “meme”. L’odio e la violenza, poi, uscirono dai pc e arrivarono nel mondo vero. Seguì la diffusione di Anonymous e l’occupazione di Wall Street, i convegni con le braccia tese e il linciaggio (sociale, nel migliore dei casi). Già all’epoca, quindi, erano presenti gli stessi temi di oggi: come moderare il dibattito sul web? Come impedire alle fake news di diffondersi? Come evitare che la libertà di espressione si tramuti in violenza? Una risposta ancora non si è trovata. Dopo tutti questi anni, però, siamo andati a vedere cosa c’è oggi su 4chan. Ecco il nostro viaggio nell’antisocial network.
Come molti siti, anche 4chan si apre con un’avvertenza: “Se siete minorenni o se è illegale per voi accedere a immagini e linguaggio maturi, non procedete (le parti testuali sono in inglese, le traduzioni nostre, ndr)”. Andando a leggere le “regole”, capiamo meglio cosa si può fare e cosa no: “Non è consentito postare al di fuori del board (la bacheca generale, ndr) quanto segue: Messaggi di troll, razzismo, p*rnografia antropomorfa (‘furry’), immagini grottesche (‘guro’), p*rnografia Loli/shota”. Questo per quanto concerne il “fuori” dal board: “dentro”, però, tutto è possibile. Apriamo subito la sezione international. La prima cosa che vediamo è un post con scritto: “Lui ha condannato Hamas?”, affiancata da Brendan Fraser in The Whale di Darren Aronosfsky. Una delle risposte: “No, li ha mangiati”. Un altro, invece, posta una foto di un mercenario anticomunista polacco: “I polacchi sono miei eroi”, scrive l’utente. C’è poi chi ricorda che “i paesani francesi e tedeschi non vogliono ridarci le terre dei nostri antenati”: l’autore è francese (i nomi non ci sono, ma le nazionalità sono indicate). Di contenuti espliciti ce ne sono a tonnellate, in tutte le sezioni. Nella parte dedicata “anime e game”, però, la cosa diventa piuttosto nauseante. La discussione sulla musica, invece, riguarda i Nirvana e Kurt Cobain: “Band sopravvalutata”, attacca qualcuno. Poco dopo c’è chi invece segnala una tomba che conterrebbe la chitarra gialla e nera di Eddie van Halen.
Sezione sport. Non troviamo niente (a questo punto per fortuna) di Jannik Sinner. Troviamo invece una “dedica” a O.J. Simpson. La notizia della sua morte per cancro è inserita in una lista di aggiornamenti sul mercato del football americano. Una tra le tante, insomma. Qualche sfottò a Lionel Messi e la faccia perplessa di Jurgen Klopp dopo la sconfitta con l’Atalanta. Tutto rigorosamente senza senso. E su questa frequenza sono sintonizzate tutte le altre sezioni, tutti gli argomenti. Politica, economia, fotografia, cinema: niente preso sul serio. Tutto ridotto a un enorme e surreale meme. Tra foto esplicite di personaggi dei manga, prese in giro dei “milionari stupidi”, idee politiche estreme e nostalgia di passati imperi, capiamo che il preistorico social non si è evoluto. Instagram, X, Facebook, TikTok, con tutti i loro difetti, di certo sono più avanzati. Ma, anche se più lievi, i problemi sono molti simili. E una risposta ancora non c’è.