L'Estetista Cinica, ospite al Millions podcast di Joe Bastianich e dell'Antico Vinaio Tommaso Mazzanti, le ha sparate grosse. Come quella volta che ha detto che la gente odiava i Ferragnez perché povera, o come quando ha fatto un aperitivo dentro la biblioteca Braidense in Brera, a Milano. Il senso di tutto il discorso è sempre uno: il marketing, come missione di vita e come principio morale. Altrimenti, non ci sarebbe motivo, ogni volta ma soprattutto questa, di scomodare il patriarcato, Wanna Marchi, Lamborghini e Audemars Piguet, per fare un beverone di retorica da far spuntare brufoli, cellulite e inestetismi perfino a un ascoltatore caduto nella crema di bellezza da bambino, tipo Obelix. Vediamo perché. “Io sono donna, se venissi qui con una Lamborghini verrebbe giù il mondo, peraltro non mi piace nemmeno. Così come se mostrassi al polso un Audemars Piguet da 150 mila euro, mi fa schifo pure quello, ci tengo a dirlo. Per la donna non è elegante parlare di soldi. Purtroppo questo si chiama patriarcato. Siccome vendo creme un sacco di volte mi hanno dato della Wanna Marchi, una donna finita in carcere”. Passi che Diogene il cinico, come vuole la leggenda, vivesse nella botte, e che fare marketing sia una missione di vita tale per cui ogni parola detta serve a fidelizzare la clientela, che nel caso di Veralab non è una persona - termine tecnico - da auto e orologi di lusso, possibilmente di sesso maschile. Però, da qui a dire che le Lamborghini e gli Audemars Piguet le facciano schifo, c'è di mezzo un'esasperazione.

Ma l'attacco finale al solito patriarcato spiega la tecnica: affossare due simboli del marketing maschile, auto e orologi, per attirare a sé, e con più forza, il pubblico femminile che compra i suoi prodotti. È facile da capire: la via più facile e diretta, da sempre, per creare un'identità, è quella di trovare un nemico. In questo caso, il maschio. Schifoso, perché i simboli che lo rappresentano fanno schifo. Ma anche una donna: Wanna Marchi. Usata, in questo caso, come insulto. Come immagine del crimine: finita in carcere. Regina del marketing, è vero, ma di quello non eticamente corretto, sembra lasciar intendere la Fogazzi. “Negli anni sono venuti tanti advisor di fondi e li ho respinti tutti: Rothschild, Family Office, Bain, Ernst Young. Quando è stato il momento giusto, li ho cercati io. Ho maturato l'idea che dopo aver fatto nascere il mio bambino (l'azienda, ndr) volvevo fargli fare l'università. Quindi ho scelto Rothschild”. Saranno contenti i complottisti di tutto il mondo, ma resta una domanda: la dinastia più ricca della storia, che dalla Rivoluzione Francese in poi è riuscita, secondo la leggenda, a speculare anche sulla sconfitta di Waterloo, va bene. Le Lamborghini no. Allora non sono i soldi a fare schifo. Ma dai Rotschild avrà senz'altro imparato che è nei momenti di crisi l'attimo giusto per capitalizzare. Nel suo caso, il Covid: “Avevamo una sorta di canale televisivo con 10mila persone che guardavano in diretta. Infatti, durante la pandemia abbiamo fatto il salto dai 40milioni a più di 65 milioni”. E le cose, da lì in avanti, sono andate sempre meglio: “Dai quindici dipendenti durante la pandemia ora siamo più di 100, abbiamo preso gli uffici quest'anno facciamo retail. Nel 2025 apriremo dieci negozi in tutta Italia. Purtroppo non a Firenze, è troppo costosa e non reggeva il business plan”. E meno male che non ha detto di aver cassato Firenze perché faceva schifo anche quella. Ma, per restare in tema di cinismo, perchè non chiudere con un cinico vero, il Demetrio citato da Seneca, nel libro VII del De Beneficiis, il quale aveva rifiutato una somma di denaro da Caligola, imperatore, motivando così: “Se avesse voluto tentarmi, avrebbe dovuto mettermi a disposizione tutto l’impero”. Forse che per Cristina, avendo preso sul serio il cinismo, una Lambo e un Royal Oak sono troppo poco?
