Stelle Michelin e nuova Guida. Si chiude la settantesima edizione di uno degli eventi più importanti nel settore della ristorazione. E Guido Mori poteva non commentarlo? Innanzitutto ciò che è giusto: “Tanti auguri in particolare a Giancarlo Perbellini” per la terza stella data al “12 Apostoli”. Mori definisce la sua qualità “notevole”. Tolte di mezzo le formalità si passa subito alle critiche. Le stelle, infatti, “sono un giro economico non da poco, quindi mi viene da pormi qualche domanda”. In particolare sui metodi utilizzati per dare, quest’anno come in passato, stelle Michelin e premi. “Qual è il regolamento con cui vengono assegnate le stelle, quali sono i criteri per cui un ristorante rispetto a un altro prende una valutazione positiva o negativa. Dove si può trovare questo regolamento, dove è scritto di preciso? Quali sono questi criteri, per esempio: quanto vale l’uso di tecniche innovative, quanto vale la ricerca del gusto, quanto vale costruire una cucina nuova e indipendente mai generata prima, quanto valgono le nuove tecniche di cottura? Boh”. Mori elenca anche alcuni criteri che vorrebbe venissero presi in considerazioni dalla Guida. Innanzitutto “l’impatto ambientale. Per esempio: quante salse sono state ristrette su una fiamma per dodici ore? Quanto è stato cotto un alimento dentro a un forno, che so, che consuma quanto spedire una navicella sulla luna. Quanto impatto ambientale ha quel ristorante?”
Ma non solo. “Quanto viene pagata la brigata di cucina? Perché di questi qua lui prende come chef cinquemila euro, il sous chef ne prende duemilacinquecento e gli altri sono stagisti sottopagati o non pagati per niente che lavoro diciotto ore al giorno, questo ristorante qua può avere la stessa valutazione di uno che paga tutti gli stipendi? Secondo me la regolarità dei pagamenti e un tariffario indicativo dovrebbero rientrare nei criteri di valutazione”. Mori continua a chiedersi però come sia possibile scoprire se queste cose vengano o meno tenute in considerazione: “C’è un grande problema: questi criteri chi li dice, dove sono scritti, come si cercano? Non ci sono criteri scritti per una roba che viene presa come punto di riferimento della ristorazione mondiale?”. Senza contare di un altro rischioso problema (tanto antico, verrebbe da dire, quanto la democrazia): “Ma quanto vengono pagati gli ispettori? Perché se un ispettore viene pagato, che so, con un rimborso di quaranta euro per una cena che gli costa trecentosessanta euro, quanto può essere corruttibile? Voglio dire: se io gli offro una cena, gli apro una bottiglia da millecinquecento euro, mi segna una stella? O se io gli allungassi cinquemila euro così, in mano, quante stelle mi dà? Perché anche questo è interessante. Cioè: chi mi valuta dovrebbe avere dei criteri di non corruttibilità. Ma dov’è l’elenco dei valutatori? Quanto prendono? Chi è che valuta che questi non siano corruttibili? Se noi prendiamo le stelle Michelin come punto di riferimento, queste cose interessano a tutti. non è più una cosa privata, ma pubblica. Dobbiamo assumere dei criteri che siano validi per tutti”. Sempre nell’ottica di una competizione equa, Mori conclude chiedendosi chi finanzi la guida: “Altra cosa: la guida Michelin ha per caso degli sponsor? Questi sponsor potrebbero essere l’acqua San Pellegrino o i piatti tal dei tali o la ditta che vende degli alimenti? Se io come ristoratore compro da questi sponsor mi posso assicurare una stella? Se io ho un sistema che mi serve per valutare in maniera indipendente i ristoranti, io non dovrei essere sponsorizzato da chi rifornisce questi ristoranti”. In sintesi? “In Italia noi abbiamo preso una roba privata che da settant’anni fa valutazioni per i ristoranti e l’abbiamo presa come misura pubblica della qualità ristorativa. C’è un problema enorme. Una misura che non è condivisa, che non è controllata, che non è indipendente, cosa sta misurando? Questa è la domanda che ci dovremmo porre tutti”.