Jake La Furia ha parlato del rap a Sanremo. Guè ha fatto rap a Sanremo. Jake La Furia ha parlato, male, del rap e dei rapper a Sanremo. Mettendo insieme queste premesse, se vogliamo applicare la logica da manuale dei sillogismi, la conclusione è che Jake La Furia ha parlato male di Guè, suo socio da una vita nei Dogo, rifondatore del rap italiano e traghettatore del genere dai centri sociali al mainstream. In breve: il patatone Jake ha rilasciato un'intervista a Paolo Giordano, pubblicata sul Giornale, e vista la distanza ravvicinata col Festival non sono mancate le domande su Sanremo. Giordano non ha citato direttamente Guè nelle domande, ed è un peccato che non l'abbia fatto, rimanendo sul tono di una polemica più generale sulla presenza dei rapper all'Ariston, ma le risposte della Furia, a rileggerle, lasciano intendere che la sua visione sul mondo del rap non è proprio simile a quella del suo compagno di Club. Anzi. Ecco cos'ha detto. “In passato ho rifiutato persino di essere ospite, di certo non vado in gara”. Fin qui, nulla da dire, nessun attacco. Giordano gli dice che sembra un cantautore degli anni Settanta, e Jake risponde che “non è una polemica, è una critica al sistema e ai rapper che non vanno a Sanremo per rappare ma rinunciano al loro lato più duro”.
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Qui un dubbio viene, e l'intervistatore in effetti avrebbe potuto e dovuto approfondire: secondo Jake La Furia, Guè a quale categoria appartiene? È andato a Sanremo per rappare o ha rinunciato al suo lato più duro? Ammesso peraltro che un lato duro ce l'abbia ancora, il vecchio Guercio. Entrando nella questione del rap politicizzato o sessista, già sollevata prima dell'inizio di Sanremo, Jake attacca; “Sono rimasto male quando Carlo Conti ha detto che al Festival ci sarebbe stati alcuni rapper ma solo con messaggi positivi: è stato come mettere un limite a un genere musicale che non ha limiti neanche nel linguaggio. Le polemiche sul linguaggio rap sono identiche a quelle sul rock'n'roll 60 anni fa”. Ok, però Guè ci è andato: vuol dire che ha accettato di limitarsi? È stato scelto da Carlo Conti perché il suo pezzo, a leggere tra le righe di Jake, non andrebbe nemmeno classificato come rap? Se non parlava di Guè, a chi si riferiva? Non si sa, però al momento afferma che “nel mondo soltanto Kendrick Lamar e Marracash riescano a fare discorsi complessi all'interno di una struttura musicale raffinata. Ma per me è un po' più complesso, a me piacciono cose più tamarre”, e che con i Dogo “abbiamo musicalmente ucciso la generazione precedente. Poi dal 2016 sono arrivati personaggi come Sfera Ebbasta che hanno metaforicamente ucciso noi. Ma i cosiddetti game changer, ossia i rivoluzionari, rimangono sempre e in giro è pieno di gente che tra poco andrà a zappare”. Niente nomi, che probabilmente Jake non era in vena di dissing gratuiti, ma sul fatto che qualcuno abbia rinunciato al suo lato più duro, noi che siamo malpensanti un pensierino su Guè ce lo spariamo.
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