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Meno Ferragni e Nappi, più Sara Robin sui social: “La libertà viene confusa con il libertinaggio..."

  • di Giuditta Cignitti

30 marzo 2024

Meno Ferragni e Nappi, più Sara Robin sui social: “La libertà viene confusa con il libertinaggio..."
Marketing della bellezza, femminilità, Chiara Ferragni e Valentina Nappi: nell’intervista a Sara Penelope Robin abbiamo parlato di tutto questo. Lei che è un paradosso dei social ci ha spiegato come la sua idea delle donne sia diversa da tante altre. E per quanto riguarda il conflitto con gli uomini? “È patetico”. Il rapper preferito? "Né Ghali né Dargen D’Amico, ma Madame”. E su TikTok…

di Giuditta Cignitti

La vita di Sara Penelope Robin sul web inizia più di dieci anni fa, ma è tramite TikTok che è arrivata a un pubblico più vasto, grazie a un video ironico e critico allo stesso tempo sulla psicologia dell’industria cosmetica e sul marketing della bellezza. Dichiaratamente esposta e consapevolmente censurabile, crea contenuti in cui cerca di svelare, sempre in modo sottile, i lati oscuri di queste piattaforme, diventando un paradosso vivente. L’abbiamo intervistata e si è detta diversa da Chiara Ferragni (“Io non ho la verità in tasca. Non posso fare il messia”) così come da Valentina Nappi (“non ho niente contro di lei, però non farei lo stesso suo ragionamento sull’emancipazione femminile”). Sara Penelope Fa parte di una categoria in cui stenta a riconoscersi, ma con cui condivide un destino di solitudine, quella di chi è chiuso tutto il tempo in casa per girare i video, motivo per cui si definisce un "clown triste". Ecco cosa ci ha detto in occasione del suo primo spettacolo a Milano, dove ha portato in scena i suoi monologhi, ma anche burlesque, stand-up comedy e teatro-canzone. E ci ha detto la sua su chi è il migliore tra Ghali, Dargen D’Amico e Madame.

Sara Penelope Robin
Sara Penelope Robin su Instagram

Sara Penelope Robin, hai iniziato lo spettacolo riproponendo un tuo monologo in cui dici “Io non sono Chiara Ferragni”, cos’è lei che non sei tu?

Secondo me è lo scopo che è diverso: da una parte c’è la voglia di farcela quasi edonisticamente per se stessi, per il piacere di farcela, mentre io non lo faccio per me. Personalmente andrei a vivere in una casa di campagna con gli animali. Da quando ero piccola sento di avere una sorta di missione che mi spinge a dire delle cose e quindi faccio una scelta di vita, che non è quella dei soldi, dei vestiti, di quanto più grande ho la casa, ma di quante più cose posso dire nel modo migliore, almeno lo spero. Io non ho la verità in tasca quindi non posso fare il messia, racconto la mia visione.

Sul tuo canale YouTube nella serie Sara’s Tales è presente una versione più lunga di questo monologo, in cui dici di non essere Chiara Ferragni ma neanche Valentina Nappi, che intendevi?

Valentina mi sta molto più simpatica di Chiara, a me piacciono le persone sincere al di là di quello che fanno, che può essere condivisibile o meno. Non ho niente contro quello che fa Valentina, però sicuramente non farei lo stesso suo ragionamento sull’emancipazione femminile. Non mi voglio spogliare per farmi vedere, ma non perché io abbia qualcosa contro lo spogliarsi, ho anche fatto una particina di burlesque stasera, però c’è modo e modo. Tra Sophia Loren che si toglieva la calza autoreggente e una tizia che fa quelle cose in rete c’è un po’ di differenza.

Nel momento di burlesque tu sei arrivata quasi alla fine dello spogliarello, ma poi ti sei rivestita. Così prendi una posizione ben precisa.

Certo. Ce ne sono tante che si spogliano, anche cantando, perché il corpo è il mio e faccio quello che voglio, è vero, ma proprio perché ne puoi fare quello che vuoi puoi farne qualsiasi cosa, anche non spogliarti solo per cantare la canzoncina dell'estate.

Quindi sei d’accordo con Paolo Crepet?

Sì, perché la libertà viene confusa spesso con libertinaggio. Il libertinaggio è fare quello che mi pare, la libertà vera invece richiede partecipazione, è concreta, attiva, equilibrata. Ci sono momenti in cui ci sta spogliarsi e altri in cui non ha alcun senso e quella stessa cosa si potrebbe fare anche tranquillamente con un vestito carino.

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Parliamo invece della “figocrazia”. Non so sei hai sentito della vicenda della giornalista che ha denunciato Rocco Siffredi per molestie, se ho capito bene quello che intendi tu con questo neologismo, questo potrebbe esserne un esempio.

Sì, è un estremismo. Noi donne abbiamo bisogno di scoprire il nostro ruolo, questo è poco ma sicuro, è vero che siamo state bersagliate per anni, è vero anche però che abbiamo un grande potere e nei secoli l'abbiamo usato, pensiamo a Cleopatra. Effettivamente la femminilità ha un potere, poi è vero che noi non lo abbiamo scoperto e tendiamo a cercarlo nella sopraffazione rispetto al maschio. Questa è un po’ la figocrazia: se sei maschio non vai bene, io ho la figa e va bene. Alla fine, è una sottomissione bella e buona. Infatti, io dico sempre che questo conflitto tra uomini e donne è patetico, perché parlando di queste cose creiamo ancora più contrasti, invece di creare quell'unione che ci è necessaria per l'evoluzione.

Hai fatto delle dirette su TikTok che nascevano quasi come esperimenti sociali per testare il grado di controllo delle piattaforme sulle persone, che idea ti sei fatta?

TikTok è una piattaforma che non capisco, in cui non è possibile seguire una strategia, perché in realtà la strategia è l'ipnosi, c’è poco da fare. Io spero che la chiudano perché mentre l'America con Meta censura il capezzolo, la Cina ti dice proprio quello che devi fare, cosa devi ascoltare, che musica devi mettere. Questa cosa a me inquieta.

Quindi saresti favorevole al ban della piattaforma come hanno fatto gli Stati Uniti?

Se viene bannato TikTok, si pone il problema dei dati: a chi venderli? Se li comprasse il mio governo, cioè lo Stato italiano a me starebbe bene, perché noi dovremmo avere un social network di Stato. È assurdo che invece ci sia solo Mark Zuckerberg come alternativa, che è un privato. Dovremmo fare un referendum per capire a chi dobbiamo darli, se a Meta o a nessuno, ma è una cosa che sfugge dal nostro controllo. Poi l’America non è meglio della Cina, è semplicemente più liberale su certe cose, un po’ più pacchiana. Diciamocelo: anche un po’ più trash.

Metti spesso canzoni rap nelle tue storie Instagram e hai detto tu stessa di essere fan di Fabri Fibra. Il rap è sempre stato un genere di contestazione, adesso ci sono dei rapper ribelli? Mi viene da pensare alle posizioni che hanno preso Ghali e Dargen D’Amico, per esempio.

La loro mi sembra più la stigmatizzazione di una cosa. Per me la più rivoluzionaria attualmente è Madame, però ovviamente è un altro tipo di ribellione perché lei è donna, è una ragazza e ha fatto un'evoluzione spirituale molto potente. Se dovessi scegliere di scrivere una canzone con qualcuno, sceglierei lei.

Sara Penelope Robin
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