“Excitation, palpitation, concentration”, sono queste le parole che si sentono chiaramente nel brano che Eurosport ha scelto come sigla e inno dei Giochi olimpici. “La casa delle Olimpiadi”, è così che Warner Bros. Discovery definisce i suoi canali sportivi e le piattaforme Discovery Plus e Max, ha deciso ancora una volta di adottare un brano identificativo per l’evento sportivo più importante al mondo che ogni quattro anni regala emozioni. La tradizione è nata nel 2018, quando i canali paneuropei trasmisero le Olimpiadi invernali di Pyeongchang. La scelta ricadde su un brano iconico, I want it all dei Queen, riarrangiato per l’occasione dai fratelli musicisti Emmanuel e Sébastien Lipszyc, meglio noti come Laplage. Il duo, che nel corso degli anni ha collaborato con musicisti straordinari su brani che poi sono diventati colonna sonora di film e serie tv, per l’occasione si avvalse dell’aiuto dell’orchestra sinfonica di Londra, e da lì è nata una collaborazione tutt’ora in essere con l’editore statunitense. Visto il successo di questa operazione promozionale, l’anno successivo Discovery affidò ai Laplage l’incarico di comporre l’inno per i giochi di Tokyo 2020. I fratelli Lipszyc, che ne curarono la produzione, chiesero aiuto al premio Oscar britannico Steven Price, che riunì agli iconici Abbey Road Studios l’orchestra sinfonica di Londra e registrò il brano che, con la voce di Leo Wilson, fu colonna sonora di quelle Olimpiadi disputate eccezionalmente nel 2021. Arriviamo però a Parigi: con i diritti di trasmissione ancora n mano al colosso statunitense, rinforzato dalla fusione con Warner Bros, continuare con un inno per i Giochi olimpici era d’obbligo e, per i Laplage, era il momento di fare le cose ancora più in grande.
Il brano era già pronto, la melodia di Tokyo 2020 era perfetta, bastava solo un nuovo arrangiamento (o un remix) e una voce per inserire l’immancabile “French touch”. Ecco dunque che arriva Yelle, nome d’arte di Julie Budet, voce nell’omonima band che ha fatto dell’elettropop francese il suo marchio di fabbrica dal 2005 a oggi. Il merito dei Laplage è quello di aver puntato su un grande compositore, una voce straordinaria e un arrangiamento estremamente orecchiabile che rimane impresso molto facilmente. C’è solo un piccolo problema: il brano non è stato pubblicato su Spotify, la piattaforma di streaming per eccellenza. Essendo una composizione originale, la scelta è ricaduta su SoundCloud, generalmente usata da musicisti indipendenti o da produttori musicali che hanno bisogno soltanto di lasciare nel cloud la loro musica. Sulla piattaforma addirittura ci sono tre versioni: una cantata, una strumentale e una remixata. Warner Bros. Discovery dal canto suo ha presentato questo inno tramite un video pubblicato sui canali social, con il backstage della produzione, e lo stesso hanno fatto i Laplage con una versione differente dello stesso video. Ma perché allora non accontentare il pubblico che ne chiede una pubblicazione e una diffusione di massa sotto i video di presentazione? L’obiettivo dei Laplage non era quello di diffondere il brano nella discografia a livello globale, ma di produrre il brano come sigla per la televisione. Per questo SoundCloud era la scelta più azzeccata: rende il brano disponibile nelle tre versioni ma lo separa dalle produzioni destinate al grande pubblico. A Warner Bros. Discovery tra l’altro non interessa pubblicare musica, non ha un’etichetta discografica da quando nel 2004 ha venduto Warner Music a un gruppo di investitori. La musica però fa parte da sempre dell’intrattenimento audiovisivo e, anche in questo caso, è fondamentale per completare un prodotto che unisce il mondo intero. Il colosso statunitense ha fatto ancora una volta la scelta giusta, puntando su un motivetto orecchiabile e ben costruito che è entrato nelle case del pubblico appassionato di sport e per circa un mese è diventato parte della quotidianità.