In Poor Things Bella Baxter scopre il mondo con l’avvocato Duncan Weddwerburn e resta folgorata dal primo morso al dolcetto portoghese, il leggendario pastel de nata. La protagonista della rinascita, grazie all'operazione di taglio e cucito fatta su di lei, con innesto del cervello del bambino che aveva in grembo a cura del novello creatore God, in grado di ridare la vita, esperisce qualsiasi tipo di input ed emozione, grazie alla seconda opportunità ricevuta. Nel film pluripremiato di Yorgos Lanthimos il dolcetto paradisiaco tipico di Lisbona ha un posto speciale in questa sua avventura, come mezzo per riguadagnare le emozioni, che costituiscano la sua personale esperienza. Le notizie circolanti su questo scrigno di inebriante piacere giungono a noi in maniera confusa e soprattutto non è facile immaginare di cosa sappia questo friabile nido piccolo e intenso, se non lo si ha ancora assaggiato. Perché alcuni lo chiamano pastel de nata e altri pastel de Belem?
Noi abbiamo visto il film e, presi dalla voglia di emulare Bella Baxter, siamo partiti alla volta di Lisbona per andare a mangiare i pasteis e scoprire qualcosa in più su questi mitici dolcetti. Ed eccoci dunque a scapicollarci su Rua Augusta, via nevralgica della Baixa, sopraffatta da un sole estivo che induce a spogliarsi anzitempo, mescolandoci ad un fiume di perdigiorno e turisti, venditori di occhiali di contrabbando, mendici e solerti camerieri che apparecchiano zoppi tavolini sul pavé bianco e nero. È qui che abbiamo incontrato la generosa profferta di rotondi pasticcini dorati che occhieggiano da qualunque vetrina di pasteleria, insieme a una valanga di pasteis di bacalhau; ed è qui che abbiamo dato inizio alla missione a scopo umanitario di prelevare un pastel de nata nella rinomata Manteigaria – fabbrica della Rua - per saggiarne gusto e consistenza.
L’intero processo produttivo dei dolci è visibile attraverso un vetro che divide il pubblico dai pasticceri che lavorano su piani di marmo bianco. Abbiamo conquistato i primi esemplari per il nostro progetto di studio e ci siamo stravaccati fuori, con una cioccolata calda. Siamo emozionati ma non come lo saremo quando addenteremo l’originale di Belem, lo confessiamo. In mezzo ai passanti diamo il primo morso, che sa di conforto e vaniglia, al profumo di crème brulée. La coppetta tiepida di pasta sfoglia è croccante e bilancia con equilibrio la dolcezza della crema contenuta. Sorprendente. Per essere il nostro primo pastel empatizziamo perfettamente con Bella e la voglia è quella di copiarla dando sfogo a liberi istinti sessuali inconsulti con la medesima foga. Ora ci è chiaro il motivo degli infiniti furiosi sussulti nel film; sono afrodisiache, queste “urne molli e segrete”, dicendola col Pascoli.
Oltrepassando l’Arco da Rua Augusta veniamo abbacinati letteralmente dal riverbero di luce della enorme Praca do Comèrcio, lambita dal fiume Tago. Qui siamo persi e dispersi come le bolle di sapone di cui gli artisti di strada riempiono il cielo, per una mezz’ora buona, il tempo di svegliarci dall’abbiocco sognante dato dalla commistione di crema e solleone, finché il nostro cammino subisce per forza di cose una deviazione e ha inizio il pellegrinaggio per Rua de Belem. Quando vediamo sugli album dei ricordi di qualcuno la solita Torre di Belem a fare da sfondo a un essere dal sorriso beota immortalato, il sottotesto è sempre quello di una panza piena di dolcetti del famoso Monastero dos Jeronimos, dove riposa Vasco de Gama, ma soprattutto, cosa assai più importante, dove nel 1600 nacquero i pasteis de Belem con la loro caleidoscopica, allucinatoria bontà.
Pare che i monaci inamidassero le vesti con le chiare d'uovo e inventarono una ricetta per non gettare via i tuorli. Quando i prelati ‘chiusero bottega’, la fabbrica lì accanto, a Belem, nel 1837 cominciò a sfornare i deliziosi dolcetti con la stessa ricetta segreta, brevettandoli. La fabbrica è viva e vegeta ancora oggi, assediata da milioni di golosi da tutto il mondo, che volano a Lisbona anche solo per mangiarne qualcuno. Tipo noi, insomma. Belem – come del resto tutta Lisbona - è accecata dalla luce che filtra anche dentro la fabbrica totalmente ricoperta di azulejos finemente decorati in bianco e celeste. Un vero spettacolo. Organizzata e funzionale in una maniera che noi a Roma non saremmo in grado di fare nemmeno se Totti tornasse a fare il cucchiaio al Mondiale – e non lo saremo giammai – la fabbrica ha tre sale dove degustare le leccornie appena sfornate, mentre si assiste ai passaggi della lavorazione dei pasteis step by step, mescolando la crema, infornando i gusci di pasta e sfornando centinaia di teglie al minuto.
Alle pareti le immagini d'epoca mostrano che nulla è cambiato. Sembra di essere nel magico mondo di Willy Wonka o nel regno di Babbo Natale, tra operosi folletti e delizie dolci da distribuire. La fabbrica sforna anche manicaretti salati, crocchette del famoso bacalhau, cremosi ravioli fritti di camarao rosa, tradizionali coxinhas, quiches e empanadas a prezzi davvero economici. Noi non ci siamo fatti parlare dietro e abbiamo fatto fuori quattro pasteis de Belem spruzzati di cannella come da comandamento. Il primo morso spedisce in una dimensione allucinatoria nella quale si potrebbe giurare di cavalcare unicorni. Immaginate la commistione tra le carezze di vostra madre quando avevate due anni, l'abbraccio di un cucciolo di cane, il primo bacio e un bagno nudi nelle calde acque tropicali con Channing Tatum prima di inquartarsi. Tutto questo – ca va sans dire - all'ennesima potenza.
l guscio croccante e friabile del pastel sa di burro e lascivia, che si sposa con la crema tiepida e vellutata al palato con note di lieve caramello. Il crunch è letteralmente da sballo, come essere Cenerentola al primo walzer con quel fesso del Principe Azzurro. Sempre che non pensiate che i pasteis sono stati toccati da almeno venti mani diverse per esigenze di preparazione, davvero non li dimenticherete mai e sono decisamente i migliori. La famosa diatriba sulla differenza tra i pasteis de nata e quelli de Belem è presto detta: solo questi ultimi usciti dalla fabbrica sono gli originali di Belem. Tutti gli altri in vendita in città rispondono alla comune nomenclatura di pasteis de nata (dolci alla crema). Ma attenzione a non cadere nel tranello della cupidigia portandosene via una intera caixa; a casa diventano molli e perdono completamente il loro magico potere, come una maledizione. Quindi mangiatene due al massimo, per non sentirvi male, come Mar Ruffalo raccomandò a Bella assetata di emozioni. O forse le disse così sapendo che assaggiare tanta vita induce a volerne altra, perché la libertà crea dipendenza.
Dovrete insomma per forza tornare a Lisbona, se non altro per mangiare un altro pasticcino della felicità. O per non andare in overdose di iperglicemiche emozioni. Prima di riprendere il volo per tornare dai nostri connazionali che ci riceveranno con la mano a paletta nella nota consuetudine di dirci i morti dandoci il ‘bentornato’, salutiamo gli amati pasteis che tanto hanno allietato il nostro soggiorno portoghese. Le coppette con la crema le sogneremo da lontano, reputandoci fortunati per aver goduto di pochi istanti di paradisiache sensazioni in questa vita di viandanti. Noi auguriamo a tutti di affondare i denti nella crema dolce bruciacchiata e di fare come Bella Baxter, che incurante dei consigli di Mark Ruffalo di attenersi a un solo pastel, scappa dalla stanza d'hotel per esperire la bellezza della vita e se ne mangia in quantità!