Anche quest’anno l’Epifania tutte le feste si porta via, e oseremmo dire che pure stavolta ce l’abbiamo fatta, ne siamo fuori. Le festività natalizie, occasione di stordimento e magnate collettive per chi ha una famiglia numerosa e di spaesamento per chi è solo come un cane, culminano con l’arrivo della Befana, la leggendaria vecchia, che, coerente con l’allure cattolica, bolla a suo piacimento i buoni e i cattivi e ovviamente, con una punta di sadismo fedele alla linea, punisce con il carbone i meno santarellini. Noi, che di befane troppe ne abbiam viste volare sopra le nostre povere teste, ci siamo calati un cordiale e il 6 gennaio abbiamo fatto un bagno di folla nel centro storico capitolino, per seguire la fiumana diretta verso il regno incontrastato della vegliarda, lo Stadio Domiziano, per gli amici Piazza Navona. L'orologio da polso della Casio con i numeri che brillavano al buio se lo ricordano tutti i bambini della generazione X. Con ogni probabilità è stato il dono più trovato sotto l’albero del Natale ‘77, quando si sparse la voce tra gli infanti che, oltre alla solita Vecchia volante aveva fatto la sua comparsa sulle scene un nuovo personaggio che dispensava regali, vestito di rosso e con la barba bianca, rispondente al nome di Babbo Natale. La cosa si faceva più interessante; l’austerity di sparute casette con la grotta di Betlemme e del calzino appeso con la speranza che l’anziana dal braccino corto lo riempisse di qualche caramella si arricchiva grazie ad un tizio che sapeva di opulenza americana e viveva tra i ghiacci.
La Befana non era insomma più la sola ad avere l’onere di planare sui terrazzi delle palazzine italiane per premiare i mocciosi meritevoli. In questa nuova opulenza e pullular di letterine, però, l’amata ricorrenza dell’Epifania legata, nel mondo cattolico, all’arrivo dei Magi con i doni per il Salvatore nel giorno della sua, appunto, rivelazione al mondo, è rimasta sempre salda nel cuore di tutti. Cosa però c'entrassero ‘sti Magi portatori di omaggi al Bambin Gesù con la vecchia volante, è rimasto un mistero su cui il popolo preferisce non approfondire, per quanto solo noi, fieri abitanti dello Stivale celebriamo la megera con le toppe e le scarpe tutte rotte (cit). Noi, che di momenti epifanici sogniamo di averne a raffica, quantomeno per tentare di uscire dalla nostra personale paralisi morale, per dirla con Joyce, visto che ormai c’avemo ‘na certa età, sappiamo da voci di corridoio che la figura della Befana sia retaggio di certi riti propiziatori pagani romani, con ogni probabilità ereditati dai celti, che segnavano la fine del gelido inverno dopo i Saturnalia in onore di Saturno - dio dell’agricoltura - e la rinascita del Sol Invictus, dopo il solstizio d’inverno, con il passaggio di una creatura volante femminile – forse la dea Diana - sui raccolti, a spazzar via le negatività. Da qui, la leggendaria ramazza a cavallo della quale l’anziana strega svolazza nell’aere. A Roma la Befana è parecchio sentita e per le Signore vi sono adagi popolari alludenti alla fatica notturna: ‘hai fatto tardi stanotte? Ti vedo stanca’, ed altre amenità. Da sbellicarsi dalle risate, insomma.
Ogni anno dunque la fiumana di gente pascola a passo d'uomo per andare a rivedere lo stesso spettacolo che rivive nella storica Piazza da quando l'uomo inventò il cavallo: le bancarelle dei Tredicine, il clan romano detentore della maggioranza delle licenze del mercato della Befana, guidato da Donato, castagnaro abbruzzese alla conquista di Roma dal ‘59 che comanda gli ambulanti per un giro di affari di milioni di euro, a capo di tutti i chioschi di frutta, camioncini di bibite e panini, magliette, souvenirs, bracieri di castagne presieduti dai bangla in ogni angolo del marciapiede, con Giordano, figlio di Elio Tredicine, ex consigliere comunale Pdl coinvolto nell’inchiesta di Mafia Capitale. Noi abbiamo contribuito aggredendo le mandorle caramellate, una decina di Moretti, una mela stregata ed una ciambellona zuccherata delle dimensioni di una ruota di scorta fritta nell’olio di una Fiat 128. Nella mela intinta nell’E124 da quattro euro e cinquanta ci lasci un incisivo ma è strepitosa e aiuta a sentirsi una povera Biancaneve senza il suo Nano. Se i vecchi hanno memoria di un falò, in questa festa organizzata dal Comune di Roma, più giovani potranno ricordare un vigile del fuoco travestito da vecchia appeso al braccio di una enorme gru che pesca il temerario sulla cima della Chiesa di Sant'Agnese in Agone, lo sbatacchia per aria davanti allo sguardo attonito dei giganti della Fontana dei Quattro Fiumi e lo depone nel quadrilatero transennato al riparo dalla folla che lo fissa con cupidigia. A rendere la coreografia più solenne, la trascinante marcia suonata dalla Banda Nazionale del Corpo dei Vigili del Fuoco e pure il multitasking Sindaco Gualtieri, che mai come de sti tempi, per aprì tre cantieri per il Giubileo c’ha avuto un gran da fa. Ma temerari siamo anche noi, che esprimiamo serenamente un parere critico sulle iniziative capitoline venendo spesso originalmente tacciati di anti-romanità, in un quanto mai classico sfoggio di apertura mentale generale. Probabilmente il limite è quello di non ambire al meglio, ma accontentarsi. E allora arrivederci Vecchia, all’anno prossimo!