Che mondo sarebbe senza Nutella? Ce lo chiediamo da decenni nonostante tutto muti e non ci si bagni mai due volte nello stesso fiume. Così diceva Eraclito nel 480 a.C. Ma ci si affonda più volte e con la pala, nei vasetti di Nutella, con commistioni di colpa al gusto di nocciola di Alba e cacao. L'iconica crema spalmabile nata dalla mente geniale di Pietro Ferrero, imprenditore italiano, dal marchio universale esportato in ogni più recondito pertugio del pianeta ha determinato i piccoli istanti di goduria di qualunque viandante gettato ramingo per le vie del mondo. Quanti capisaldi dell’attimo creativo di un genio benefattore che nasce ogni cento anni uniscono i popoli in un unico grande inno di dissipata euforia del vivere? Secondo noi di MOW esiste un nutrito pugno di gioie a renderci il passo più leggero e una di queste è la Nutella, che oggi duplica in versione green, dopo che la Ferrero - la più grande multinazionale al mondo in quanto a popolarità, nata nel 1946 ad Alba con sede in Lussemburgo – deve essersi arresa al dilagare del movimento vegan, che potrà finalmente scialare appozzando al barattolo e rendere meno insipidi i propri dessert a base di quinoa e mesti sciroppi di agave.
Tutti abbiamo avuto l’ardire di gustare gli “art attack” culinari di amici di fede vegana, rabbrividendo al sapore di cartone pressato dei dessert creati secondo i diktat “plant based”. Ma si sa che quando la richiesta è massiccia l’industria dei consumi si applica in un tot a soddisfare le velleità di un mercato sempre più rapace e la Ferrero non si è fatta scappare la ghiotta opportunità di lanciare l’osso in declinazione vegan, preceduta da una accurata campagna pubblicitaria per creare il dovuto hype. Ed eccolo il vasetto dal tappo verde bosco che non se po' guardà, lì, sugli scaffali dell'Esselunga del Prenestino, con la sua bella etichetta che sa di rigore e mestizia a toni ‘crusca integrale’, che dichiara l’identità “plant based”. Noi anche eravamo in fila alla cassa reggendo la confezione da 350 grammi di cioccolata ai ceci, riso, nocciole e grassi vegetali al costo maggiorato di 4.49 euro e con curiosa riluttanza abbiamo abbracciato la nostra croce e svitato il tappo verde. Nel nostro cuore non vi era traccia di golosa aspettativa però, quanto una totale assenza di ingrifante senso di colpa, quella eccitazione sensoriale che prelude all’affondo nella morbidezza proibita, per poi portare il cucchiaio alla bocca e immergersi in un caleidoscopico momento d'estasi, ove le nocciole miste all'olio di palma che ottunde le arterie, con l’impennata di zuccheri raffinati in un trionfale picco glicemico, regalano la gioia e la pace col mondo. È li che in quei minuti crumiri, con tutta la forza che abbiamo in corpo, ebbri di frustrazioni accatastate ner còre, nel logorio della vita moderna gridiamo garruli “che mondo sarebbe senza Nutella?”.
Abbiamo dunque proceduto scientifici e diligenti al test dolce-salato spalmando la nuova crema su una rosetta fresca - e qui dovremmo aprire una parentesi sulle rosette romane in trista, lenta, drammatica scomparsa – poi sulla pizza bianca – la morte sua, ve la sognate su a Milano – e anche inzuppandoci dentro i pretzelini con i grani di sale. Al primo assaggio la meraviglia ci ha colti di sorpresa: per texture, morbidezza, colore e sapore la versione vegana è uguale alla tradizionale; la percentuale di nocciole è identica in entrambe le versioni, con il 13 per cento di leggendari frutti indeiscenti piemontesi IGP, ma nella versione vegana si sentono di più. Ma soprattutto, sa de ceci? No, il temuto versatile legume non si percepisce, e aggiungeremmo per fortuna, ma i nutrizionisti sfatano severi ma giusti le speranze di chi si augurava che fosse pure light per sfondarsene finalmente in grazia di Dio. Ahinoi l’apporto calorico è lo stesso della Nutella di sempre, per via della presenza dello zucchero e dello sciroppo di riso, ma a noi non ce ne frega niente. Vorremmo però in tal senso lanciare comunque una invettiva alla Ferrero, facendo notare che ‘ma visto che la fai vegan, falla pure light, no? Visto che ce stai’. A noi però, ribadiamo, che la versione vegan della nostra crema preferita non sia light non interessa, perché ci duole dirlo ma la Nutella non deve mancare di una cosa essenziale e noi la vogliamo: il peccato.
La Nutella è un dono consolatorio del cielo e in questo caso di Alba, in provincia di Cuneo, da gustare sapendo di sgarrare socchiudendo le palpebre in assetto scaciato, intingendo l’indice nel barattolo in canotta o in mutande, protagonista di colazioni sobrie dove il pezzo forte è proprio lei, come quando al buffet dell’Hotel ci sono le merendine in busta di sottomarca nei cestini ma poi vediamo le confezioni monodose da spararsi in vena ravanando il fondo con movimenti avidi di lingua, per interminabili secondi di piacere. La Nutella fa ingrassare, lo sappiamo e ci piace; fa male ed è immorale cedere all’abbandono di lascive vellutate cucchiaiate e per questo è ancora più buona. In Triangle of Sadness, vincitore della Palma d’Oro a Cannes, la Nutella arriva a bordo di elicottero per essere calata giù in una valigetta impermeabile e raggiungere la nave da crociera in cui villeggiano il miliardario e sua figlia, che non ne può fare a meno. A un certo punto il sommozzatore arpiona la valigetta, raggiunge la nave con un gommone e la consegna alla hostess, che rivelerà al pueblo unido il leggendario barattolo. In Bianca, Michele Apicella impersonato da Nanni Moretti affoga le frustrazioni per un mondo dai valori morali alla deriva nel mitico bicchierone, finendo nella leggenda. Se sdoganate la Nutella healthy Signori, non c'è gusto. E i vegani? Da oggi il profitto consumistico li premia con una alternativa dal gusto identico alla solita. Noi vogliamo la polemica e affondando il cucchiaio lanciamo la sfida: ‘Beh, chi sa rinunciare al prosciutto potrebbe saper rinunciare anche alla Nutella, bitches…’