Lo sapevamo che ci sarebbero state polemiche per il no di Jannik Sinner al Quirinale e così è stato. Siamo solo all’inizio e a parlarne tra i primi è Massimo Gramellini che, sul Corriere della Sera, ha esordito dicendo che “Salvo ripensamenti dell’ultima ora, oggi Sinner non parteciperà ai festeggiamenti del tennis italiano al Quirinale e la sua assenza farà più rumore di quanto ne avrebbe fatto la sua presenza. La giustificazione addotta è medica: il paziente ha bisogno di riposo. Ma se le condizioni di Sinner sono tali da sconsigliare persino una corvée di breve durata — un volo di due ore, quattro fotografie e una stretta di mano con Mattarella — significa che la situazione è davvero preoccupante. Preferiamo pensare a un’altra ipotesi: che qualcuno lo abbia consigliato male. L’invito del presidente della Repubblica non è equiparabile a quello del festival di Sanremo: chiamarsene fuori procura disagio, specie se il tuo nome è il primo della lista degli invitati. Sembra uno sgarbo, anche se non vuol esserlo”. Beh, Gramellini, certo che non è il Festival di Sanremo, lo sappiamo bene. Ma Sinner, qualora tutti se lo fossero dimenticati, è in un momento molto complesso per diversi motivi.
Non dimentichiamoci che a soli 23 anni sta scrivendo la storia del nostro tennis, ha una pressione mediatica su di sé incredibile, c’è il caso del doping Clostebol pendente che si risolverà ad aprile con la sentenza del Tas di Losanna, e c’è la costante scannerizzazione di tutto ciò che faccia e che dica. E forse Gramellini lo dimentica quando parla di “uno sgarbo, oltretutto, a un presidente che ama lo sport: chi non lo ricorda alle Olimpiadi, in giacchetta sotto il diluvio? Queste cerimonie ufficiali sono solo dei riti, obietterà qualcuno. Certamente, ma la forma è sostanza. Andare al Quirinale con gli altri protagonisti del Risorgimento tennistico italiano significava riaffermare la propria appartenenza a quel gruppo. Disertando l’evento, il nostro fenomeno rischia di mandare il segnale che la sua squadra si esaurisca in sé stesso. Il che probabilmente è vero per ogni campione. Ma nella sinfonia di Sinner, che un po’ tutti abbiamo contribuito a suonare, appare come una nota stonata”. Come se non bastasse il Corriere ne parla anche con Marco Bonarrigo e Marco Calabresi che iniziano dicendo: “Fino ad oggi i “no” di Sinner avevano avuto giustificazioni più accettabili o perfettamente logiche. Il no ai Giochi di Tokyo 2021 per “immaturità atletica”, quello del 2023 alla fase a gruppi della Davis di Bologna dopo l’eliminazione agli ottavi degli Us Open per le cattive condizioni fisiche, il celebre (e apprezzatissimo dai fan) rifiuto allo spietato corteggiamento del Festival di Sanremo per concentrarsi sugli allenamenti e il no a Parigi 2024 per stemperare (dietro una tonsillite) il disagio provocato dalla positività al doping e dalla sentenza, all’epoca imminente — sarebbe arrivata a metà agosto dopo il trionfo a Cincinnati — che il prossimo 16 aprile sarà rimessa in discussione a Losanna”.
Secondo loro “il no alla festa del tennis italiano con i compagni campioni di Davis (compresi Bolelli e Vavassori, che sabato erano in campo a Melbourne nella finale di doppio) e le azzurre campionesse di Billie Jean King Cup, un impegno di mezza giornata che avrebbe richiesto un semplice scalo a Roma e quindi più snello rispetto alle passerelle di 12 mesi fa, pesa molto di più”. E chiosano dicendo che “un presidente della Repubblica che l’abbraccio di Sinner se lo sarebbe meritato”. Ma quanto coraggio ci vuole a dire di no? Questo non lo ha sottolineato nessuno? Nessuno si è preso la briga di spiegare che il ruolo di un atleta non è quello di fare le passerelle (per quanto il Quirinale non sia ovviamente un Festival di cinema o di musica)? Nessuno si è chiesto se non fosse per lui effettivamente più conveniente andare, stare zitto, fare quelle famose quattro foto di cui sopra e non accendere polemiche? Sì, sarebbe stato più semplice ma meno coerente. E lui non ha ceduto. A commentare la scelta è stato anche Paolo Bertolucci, che ha avuto il buongusto di rimanere quantomeno neutrale, facendo intendere cosa pensa ma senza affondare il colpo: “Il no di Sinner al Quirinale? Lui sicuramente detesta queste cerimonie, è stato in clausura per parecchio tempo e quindi vorrà riposarsi qualche giorno per poi ripartire a mille, già da venerdì. Certo dire di no al presidente della Repubblica... sono delle scelte personali, diciamo così”.