Gimbo Tamberi, nonostante il problema di calcoli renali, di cui ha parlato su MOW il professor Matteo Bassetti (dicendoci anche perché in ospedale indossava la mascherina), è arrivato a Parigi. Non lo abbiamo visto in ottime condizioni, eppure è lì e questo, per gli italiani, dai social ai giornali, è un attestato di patriottismo. Subito è scattato il paragone con Jannik Sinner, che ha saltato le Olimpiadi per via di una tonsillite. Tonsillite a cui non credono nemmeno gli addetti ai lavori, visto che su MOW Daniele Bracciali ha smentito che si potesse trattare di quello e che Luca Bottazzi, sempre su MOW aveva addirittura anticipato il suo forfait. Lo stesso Bottazzi che ha rilanciato in questi giorni, dicendo che Sinner non prenderà parte nemmeno alla Coppa Davis, proprio perché non farebbe parte del suo percorso tennistico che lo vuole al posto di numero uno al mondo alle Nitto Atp Finals di Torino a novembre. Ma quanto e quando si riescono a conciliare professionalità e amore per lo sport italiano? Non sempre, e quello di Sinner è un caso lampante di quanto gli obiettivi personali vengano prima di quelli di squadra (anche se il problema è che invece per esempio nell'atletica, come dovrebbe essere, obiettivi personali e di squadra o nazione coincidono). Ma in molti sembrano non capirlo, e tra questi c’è Il Giornale, che titotola “La febbre di Tamberi non è quella di Sinner: ‘Al 100% in pedana’”. Ma che cosa hanno detto di lui?
Nel pezzo si legge che “c’è la febbre fatta di lacrime e felicità di un veterano di mille battaglie e altrettante soddisfazioni come Novak Djokovic che finalmente, dopo molti tentativi, riesce a mettersi al collo l’oro ‘forse la mia vittoria più grande’ dice, dimostrando la potenza del simbolismo sportivo a cinque cerchi. E c’è la febbre a 39 e il male nel ventre che spinge Tamberi a giurare che sarà comunque in pedana. Poi c’è un altro tipo di febbre, quella della tonsillite di Jannik Sinner, che l’ha tenuto lontano dai giochi ancor prima che iniziassero. Sia ben inteso: atleta meraviglioso, ragazzo di valori, di famiglia, giovane che abbiamo esaltato per mesi per i messaggi di cui si era fatto portatore verso genitori e figli. Ma un campione nel cui cuore, benché abbia detto che ‘gli si è spezzato’ per la rinuncia, non si è ancora acceso il braciere olimpico: quello che tre anni fa ha fatto perdere uno storico grande slam nel tennis a Djokovic pur di essere a Tokyo, quello che fa giurare a Gimbo ‘io in pedana al 100%’”. Si dimenticano, però, che, nonostante Lorenzo Musetti ci abbia reso orgogliosi vincendo la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Parigi, ora ha già dovuto saltare un Master 1000 come quello di Montreal, in Canada, per cui Sinner si sta già allenando da prima e che non sappiamo nemmeno in che condizioni sia il campione Nole, reduce dall’oro olimpico, visto che ha avuto nuovamente problemi al ginocchio. Idem Alcaraz, che oltretutto è uscito dai Giochi anche col morale a pezzi. La differenza tra i due sport però è sostanziale: il tennis si basa su una calendarizzazione estremamente colma di impegni, sulla necessità di accumulare punti Atp per rimanere il più possibile alti in classifica e sulla presenza di montepremi molto più ricchi rispetto a quelli in palio alle Olimpiadi. Chi è andato ai giochi di Parigi lo ha fatto per la gloria, per la passione, ma sicuramente non per soldi e nemmeno per la propria carriera tennistica, perché questa non ne giova minimamente, essendo elevato l'impegno che viene richiesto nella competizione in questione, alto il rischio di infortunio e scarsa nonché estremamente incerta l'eventuale rendita e successo (oltre che quasi sicura la perdita di punti o comunque di energie utili per i tornei che valgono per il circuito). Non si può non scorgere la differenza tra il tennis e l’atletica, non si possono equiparare due sport in cui il primo è fatto di successi frammentati che durano tutto l’anno, mentre il secondo ha come obiettivo principale le Olimpiadi e subito dopo Mondiali ed Europei. Uno sport richiede una preparazione sul lungo periodo, l’altra sul breve. Il vero problema è che chi fa ancora certi accostamenti non solo fa male allo sport, ma di sport proprio non capisce un caz*o. Certo, una soluzione per limitare i danni (e per giustificare almeno in parte le critiche ai tennisti ci sarebbe): tornare a far sì che le Olimpiadi assegnino dei punti anche per la classifica Atp. Forse non basterebbe per attirare i campioni a prescindere, ma perché non viene fatto? Andrebbe chiesto ai "capoccioni"...