Stare un passo dietro e doverne fare sempre due in più. La vera storia di Franco Morbidelli l'avevamo già raccontata tempo fa e la carriera di Franco Morbidelli è stata sempre un po’ così: costretto a avere meno degli altri e a fare più strada. Più strada l’ha fatta, la primissima volta, quando era un bambino piccolissimo con un gran manico sulle minimoto. Un gran manico, ma una geografia che non sarebbe stata d’aiuto: “A Roma, dove vivevamo – ci ha raccontato tempo fa sua mamma Cristina (qui l'intervista completa) – le possibilità non erano tante. Il babbo di Franco, Livio, era stato un pilota da ragazzo e aveva conosciuto molta gente, ma quasi tutti vivevano tra la Romagna e le Marche. Per questo abbiamo cambiato vita e ci siamo trasferiti a Tavullia”.
Insomma, partire da un punto più indietro di quello in cui partono gli altri. Quasi a segnare l’imprinting che poi ha segnato tutta la carriera di un ragazzo che ha un piglio differente, probabilmente anche una sensibilità che c’entra poco con la guasconeria che è tipica dei piloti. Però il sogno è stato quello di tutti gli altri e della strada in più da fare Franco Morbidelli e la sua famiglia se ne sono fregati sempre. L’hanno fatta e basta. Magari partecipando a campionati con minore visibilità, per contenere i costi, andando a suonare a tutti i campanelli possibili per rimediare qualche sponsor. Con il piccolo Franco che s’è ritrovato sempre a generarsi luce da solo, per mettersi in mostra in quei campionati in cui la luce non era abbastanza. La storia è nota, così come è noto un primo intreccio con Pramac e Paolo Campinoti, quando uno era un giovane pilota di ottime speranze e l’altro un importante imprenditore che ambiva a costruire un grande team da portare nel mondiale.
La promessa, in qualche modo, l’hanno mantenuta entrambi. Ritrovandosi poi da avversari in MotoGP. Uno, l’imprenditore, grazie ai successi delle sue aziende e a programmi sportivi strutturati e da "podio quasi garantito". L’altro, il pilota, scalando tutti i gradini a suon di manate di gas, mischiata a sangue sudamericano che rende sempre un po’ l’idea di un pensiero differente. L’incontro degli incontri, per Morbidelli, è arrivato dopo un dramma familiare. Dopo una tragedia che sarebbe bastata a chiunque per chiudere i conti con un sogno. Per chiunque, ma non per quel ragazzo che alla fine, proprio per la sua tenacia, è diventato il primo tassello della VR46 Academy. Il primo pilota sotto contratto con la scuola di Tavullia. “La prima volta che mi sono allenato con Valentino sono finito per terra quando mi ha sorpassato. Colpa dell’emozione” – ha raccontato il Morbido in un’altra delle poche interviste rilasciate.
Poi Valentino Rossi è diventato anche un po’ la sua croce, anche se detta così è totalmente inopportuna. Perché se l’è ritrovato compagno di squadra all’indomani di una stagione chiusa da vicecampione del mondo, con Morbidelli che, a quel punto, ha dovuto di nuovo fare un po’ di strada in più: nonostante l’avesse meritata, la moto identica a quella degli ufficiali doveva finire a Valentino Rossi. Giusto. Ci sta. E Franco Morbidelli non ha mai messo mezza parola fuori posto. Ma è chiaro che in Yamaha non l’hanno trattato benissimo in quella stagione. Però l’anno successivo, dopo un infortunio e in seguito all’addio di Vinales, gli hanno comunque affidato la moto ufficiale, che nel frattempo cominciava a essere la brutta copia della moto perfetta che era stata fino a poco tempo prima. Secondo di Fabio Quartararo, con il francese che, chiaramente, ha avuto sempre la prima parola su tutto. E Franco Morbidelli lì, a soffrire e provarci comunque. Senza contestare, con lo stesso spirito di uno che tanto ce lo sa di dover faticare di più. Un atteggiamento che però non è bastato: l’anno prossimo il Team Monster Energy Yamaha punterà su Alex Rins.
Risultato? Franco Morbidelli a piedi. A piedi, ma per poco. A piedi, ma da uomo libero. Perché nel frattempo le stelle, finalmente viene da dire, si sono pure allineate un po’ e quella che poteva essere la fine di una carriera è diventata la certezza di un nuovo inizio. Con il destino che ha fatto il resto, rimettendolo insieme a quel Paolo Campinoti di quando era ragazzino. Guiderà una Desmosedici uguale a quella del campione del mondo, con la livrea della squadra italiana. Una squadra che è di primissimo livello ormai da anni, ma che ha il taglio della famiglia. E da cui sono partiti quasi tutti: Pecco Bagnaia compreso. C’è voluto un po’ per l’annuncio ufficiale, ma adesso è arrivato anche quello.
Paolo Campinoti e Franco Morbidelli, insieme a Ducati, non hanno scelto Misano: la pista che è chiaramente un simbolo per la squadra italiana e che è un simbolo anche per il Morbido, che qui ha vinto per la prima volta in MotoGP nel 2020. Hanno lasciato passare qualche giorno in più, forse a causa di un Marc Marquez che, come abbiamo scritto qui, ha provato a farsi avanti per la Desmosedici del team toscano. Ma poi le cose sono andate come dovevano andare, come in qualche modo era già stato scritto…probabilmente anche dal destino.