Essere Luca Cordero di Montezemolo: vai a Londra a festeggiare Il compleanno di Eric Clapton con Ringo Starr, Paul McCartney e Keith Richards, roba da effetto Viagra per Andrea Scanzi e non solo. Poi torni e rilasci un'intervista ad Antonio Polito, pubblicata sul settimanale del Corriere, in cui parli di colloqui postumi con l'Avvocato Agnelli ed Enzo Ferrari, di Resistenza e Pastorizia, di eredità Elkann e pedagogia. Forse ancora troppo poco, dopo aver festeggiato con Keith Richards? Il tema principale dell'intervista, in realtà, è escatologico. Il dialogo tra il giornalista e l'ex presidente Ferrari muove dall'argomento dell'aldilà, ma le parti più interessanti, giustamente, riguardano la vita terrena. Uno come Montezemolo, che è stato sulle poltrone più importanti, Unicredit, Ferrari, Maserati, Confindustria, Alitalia, ce lo vedete a fare l'orto come un nonnetto? “Mi sono dato all’agricoltura, che per me è diventata una grande passione. Nell’azienda che possiedo dalle mie parti, alle porte di Bologna, lavoro con l’obiettivo di rendere la mia famiglia totalmente autonoma dal punto di vista alimentare, producendo direttamente tutto il loro fabbisogno (formaggio a parte, quello lo prendo da un’amica che ha le pecore)”. Certo, la zappa in mano non la prenderà lui, ma ci accontentiamo.

Dopo Luca Cordero di Montezemolo in versione fattoria come Jeremy Clarkson, eccolo vestire i panni di Antonio Gramsci: odia gli indifferenti. La domanda di Polito è: c'è qualcosa oggi per cui valga la pena di dare la vita? “Avendo avuto un parente, il fratello di mio nonno, Giuseppe Cordero di Montezemolo, che è stato torturato perché era uno dei capi della Resistenza a Roma e poi ucciso dai nazisti alle Fosse Ardeatine mentre gridava Viva l’Italia, sono incline a risponderle di sì. Quando leggo le lettere dei condannati a morte della Resistenza, o dei nostri soldati al fronte, e penso come sono andati incontro alla morte per i propri ideali, per la patria, mi domando quanto potente fosse allora la molla interiore che consentiva loro di non aver paura. E mi scandalizzo per certi atteggiamenti di oggi, così indifferenti a tutto, compresa la difesa della libertà. Il sacrificio di tanti nostri padri nasceva da un attaccamento al proprio Paese che oggi non vedo per niente”. Nemmeno il tempo di riprendersi da questa affermazione, eccolo nella sua veste paranormale. Si parla di Enzo Ferrari e di Gianni Agnelli. “Quando morì l’Avvocato Provai anche disperazione, perché perdevo un punto fisso della mia vita: anche nei momenti più difficili, finché è vissuto, io sentivo di averlo alle mie spalle. Mi domando spesso se lui e Ferrari ci vedono oggi da dove sono. Rivolgo spesso domande a entrambi, e mi autoconvinco delle loro risposte ingaggiando dialoghi immaginari. Quando vincemmo il Mondiale di Formula Uno del 2000 con Schumacher, ventuno anni dopo l’ultimo titolo, chiesi a Ferrari, che era scomparso dodici anni prima: Ingegnere, sei orgoglioso della tua squadra, hai visto che abbiamo ricominciato a vincere? Sapevo bene che emozione fosse per lui la vittoria. Ricordo la domenica di settembre del 1975 a Monza in cui Regazzoni vinse il Gran Premio d’Italia e Lauda si laureò campione del mondo. Giornata indimenticabile. Telefonai a Ferrari e lo sentii piangere in silenzio per la commozione. Con l’Avvocato, invece, ho avuto un colloquio per così dire postumo quando nel 2004, nel giro di pochi giorni, accettai prima la presidenza di Confindustria e poi, in seguito alla morte di Umberto Agnelli, quella della Fiat. Pensavo che l’Avvocato, scomparso appena quindici mesi prima, sarebbe stato orgoglioso di vedere un discepolo, un quasi figlio, seguire le sue tracce. Ai miei genitori mi rivolgo invece nei momenti di angoscia, di difficoltà. Chiedo loro aiuto”.

Parlando di Agnelli, Montezemolo discute la questione dell'eredità e della guerra legale tra gli Elkann: “Le diatribe tra eredi sono una delle cose peggiori che possano accadere in una famiglia”. Polito gli chiede se, in questo senso, Berlusconi non sia stato più bravo. “Sì, soprattutto a confronto con quello che succede in altre case, anche senza arrivare agli estremi della famiglia Agnelli. Quando accade, vuol dire che qualcosa non ha funzionato nei rapporti con i figli già in vita, o che il capo famiglia non ha lasciato disposizioni scritte in modo chiaro”. Colpa dell'Avvocato, dunque? O è un problema generale? “Sapevo che dopo la tragica scomparsa di Edoardo c’erano stati degli accordi tra Margherita e i figli, pensavo che in qualche modo fossero riusciti a combinare i diritti della figlia dell’Avvocato con le ambizioni dei nipoti. Non mi sarei aspettato perciò una situazione così dolorosa e traumatica per tutti. D’altra parte, viviamo in una società completamente diversa dal passato. I miei genitori davano molta più importanza all’educazione che ai soldi, pensavano che fosse quello il patrimonio più importante da lasciare. Oggi tutti i ragazzi danno invece per scontata una vita più facile, e se l’aspettano. Credo che questo sia anche l’esito di una grave crisi del nostro sistema educativo, perché la scuola non è solo insegnamento e istruzione. Un tempo i maestri elementari erano i veri educatori, ora li prendono a pugni i genitori”. Crepet gli farebbe un applauso. Povera patria, ma Montezemolo sarebbe pronto a definirsi un patriota? “Forse la definizione è un po' eccessiva, ma perché no. Del resto, nelle condizioni in cui è l’Italia, con una persona su quattro che vive in povertà, con il divario di reddito che si allarga di continuo, con i salari reali che vanno indietro invece che in avanti, con il Sud che è una polveriera, con le liste di attesa negli ospedali che vanificano di fatto il carattere pubblico e universalistico della nostra Sanità, di patrioti mi pare che ce ne sia un gran bisogno”. Un patriottismo da presupposti egualitari. Che dire, da una figura come quella di Montezemolo suona come una melodia. La sinistra, se esiste ancora, riparta dalla Ferrari.
