Se la reunion dei Club Dogo è stata giustamente salutata come il ritorno di tre classici (Gué, Jake e Don Joe) in un colpo solo, perché gli Articolo 31 non possono autodefinirsi, più che lecitamente, un “Classico”? Il brano (Columbia Records/Sony Music Italy) è uscito qualche ora fa, a mezzanotte, e c’è dentro mezzo mondo. I boomer, i gattini, i clandestini, le siringhe, Vasco Rossi, Giorgia Meloni e Michael Jackson. Soprattutto, una visione del presente che rifiuta l’analisi forse più superficiale e fallace. Se dalle colonne dei “giornaloni” (alla Salvini) escono affondi spietati sui “giovani d’oggi”, J-Ax e Dj Jad, invece, dopo l’ebrezza di “Disco paradise” e “La filosofia del fuck-off”, salvano i figli e pestano duro sulla loro generazione (“Oggi si accusa il giovane di essere un fallito dipendente dal telefonino/sti vecchi che si fanno le foto all’aperitivo col botulino in faccia mentre bevono un mojito”). Attaccano, provocano. Per due minuti e quarantacinque secondi fanno egregiamente ciò che insieme, da sempre, sanno fare meglio: gli Articolo 31. Nella speranza che nel 2024, nel cinquantunesimo anno di vita dell’hip hop, il duo milanese torni con un nuovo album. Viste le premesse, sarebbe ora. Anche per loro, del resto, “brucia ancora”, come ha commentato J-Ax su Instagram sotto la notizia del ritorno del Dogo (il riferimento è al pezzo dei Club Dogo, “Brucia ancora”, a cui partecipò J-Ax). Per adesso, via col “Classico”, accompagnato da relativo lyric-video, una graphic novel animata prodotta da One Fingerz.
Nel comunicato stampa che ci hanno fornito si parla dello “stile inconfondibile degli Articolo 31”. Ma qual è oggi il vostro stile inconfondibile? Dopo tutto gli Articolo 31, anche rischiando parecchio, hanno cambiato pelle almeno tre volte fra il 1993 (“Strade di città”) e il 2003 (“Italiano medio”)
J-Ax e Dj Jad: Ci si riferisce al nostro stile dissacrante, alla nostra ironia. Alla fine siamo ancora i due amabili caz*oni di trent'anni fa. J-Ax: Credo che già ai tempi degli esordi fossimo, a nostro modo, anche saggi. Non abbiamo mai fatto parte della maggioranza. Oggi ci sentiamo persone invecchiate bene, che non abboccano a quel “si stava meglio prima” che è sempre frutto di abili selezioni. Figlio di una memoria che trattiene solo il meglio del passato, buttando via tutta la mer*a che vorremmo nascondere o dimenticare.
“Vorrei togliere Internet agli ultraquarantenni, che amano i gattini che odiano i clandestini che risolvono i complotti ma sbagliano i congiuntivi. Quelli che la colpa è tutta dei poteri forti e dei cantanti di oggi conoscono solo i gossip e i loro miti sono tutti morti”. Sono così numerosi i boomer – uso il termine in modo volutamente esteso – che voi prendete di mira?
J-Ax: Cavoli, se non lo sapete voi di MOW! Visto che è da voi che è saltata fuori, in estate, la polemica di Paolo Meneguzzi su “Disco paradise”! Quella, nella sua essenza, fu una diatriba da boomer. Era divertente fare un giro sui profili di chi attaccava il nostro pezzo. Si incontravano personaggi incredibili. Rettiliani puri.
Mi “Crepet-izzo” per il tempo di una domanda: ai maranzini Under-20 invece non lo togliereste lo smartphone?
J-Ax: Guarda, noi facciamo hip hop con le iperboli, non facciamo analisi al microscopio, però secondo me i maranza sono meno impressionabili di certi adulti che credono a ogni cosa scritta in Helvetica. La fiducia di certi boomer in ciò che passa sul web è cieca, totalmente acritica.
È una generazione, quella dei padri di oggi, incapace di autocritica?
J-Ax e Dj Jad: Noi polemizziamo, provochiamo. Non diamo giudizi assoluti. Certo l’idea che i giovani d’oggi siano dei viziatelli senza spina dorsale, sventolandogli sotto il naso un passato tutt’altro che limpido e inattaccabile, ci sembra una stron*ata. J-Ax: Il mondo per i giovani è sempre più difficile, sempre meno accogliente, e gli adulti come reagiscono? Decorando il loro passato con rose e fiori, mentre noi diciamo: “Cantavo io vado al massimo in un’Italia sul lastrico/che mentre si indebitava noi si tirava la cinghia e il laccio emostatico/e c’hanno rapinato proprio bene invece tu sei nostalgico”. Lasciamelo dire, una volta per tutte, visto che ne sento di ogni: io non gioco a fare il comunista perché io sono, di fatto, un assoluto libertario. Capitalismo e comunismo non sono necessariamente fallimentari, ma si prestano al fallimento. Il capitalismo perché, come è facile constatare, si è trasformato in dopato e truccato, dove il più forte e il più potente fanno quel caz*o che vogliono. Il comunismo perché ha già dimostrato di essere un ottimo strumento di dittatura.
Nel testo dite: “Noi siamo ancora vivi e come Vasco Rossi…”. L’avete visto Vasco Rossi: Il Supervissuto su Netflix?
J-Ax e Dj Jad: Sì, eccezionale. L’unico documentario musicale che andasse fatto in questo momento.
È casuale il fatto che in un brano intitolato “Classico” ci sia un campione, ultraclassico, come quello di “It takes two” di Rob Base & DJ E-Z Rock?
J-Ax: Beh, intanto bravo che l’hai beccato (ride, nda). L’idea di inserirlo ci è venuta a pezzo ultimato. E poi inserire un campione simile – un campione hip house utilizzatissimo sul finire degli anni Ottanta– è stato anche un modo per fare una selezione: boomer rincoglioniti da una parte, boomer intelligenti dall’altra. Tu fai parte della seconda categoria (ride, nda). Che in realtà, poi, noi non siamo neppure boomer, siamo la Gen X, gente che continua a fare nostalgica propaganda sugli anni Ottanta senza aver capito che in parte, quel decennio, fu una truffa bella e buona.
Restiamo sul suono: ascolti “Classico” e ci metti dai 10 ai 20 secondi a capire che è opera vostra. Jad carica l’arma con un beat e Ax svuota il caricatore con le rime. Lo scambio fra di voi, nonostante tutti questi anni, è sempre fluido?
Dj Jad: Quello che senti all’inizio del pezzo è un urlo di battaglia. Perché ciò che facciamo, da sempre, è anche ciò che sentiamo. È il sound di una nuova ripartenza. J-Ax: Dopo tutti questi anni riusciamo ad arrivare al nocciolo, ossia la composizione di un pezzo, da tutte le parti, con ogni modalità. In questa circostanza Jad mi ha mandato la base e io ci ho costruito sopra i versi.
Streaming: siamo destinati a un futuro in cui la pop music è offerta, a quintali, a individui con una soglia d’attenzione sempre più bassa?
J-Ax: Non sono Nostradamus, ma potrei azzardare: forse siamo solo all’inizio di una nuova rivoluzione. Dico inizio perché adesso lo streaming regna incontrastato soprattutto fra i giovanissimi, mentre io immagino un futuro imminente in cui lo streaming sarà la regola per tutti. In quest’ottica, la moda per cui tutto debba arrivare subito, in un minuto, potrebbe passare. Nel frattempo però servirebbe una regolamentazione degli algoritmi perché sono i social che diffondono la musica “fatta a pezzi”, frammentata in clip sempre più corti. Spero, a questo proposito, che gli algoritmi del futuro saranno open source. Che potremo davvero vedere come sono stati impostati, come funzionano.
Infine dite: “La mia generazione paga per farsi le pippe”. Condannati anche a una dipendenza da OnlyFans?
J-Ax: OnlyFans taglia fuori due cose: gli intermediari e il contatto umano. In fondo è un’evoluzione del sexting. E non mi sento, anche qui, di condannarlo come fosse il diavolo. OnlyFans, in sostanza, ci ha detto che il porno autoprodotto può fare meglio del porno prodotto da un editore. Così facendo si è preso due elementi che il porno classico non riusciva ad acchiappare: innanzitutto, la donna della porta accanto, più acqua e sapone rispetto a un’attrice. E poi una forma di interazione attiva fra la titolare del profilo e il cliente/utente. Anche qui, però, il problema è forse un altro. Faccio un appello ai governi: tassate chi guadagna attraverso OnlyFans, esattamente come avete tassato gli youtuber. Ve lo dice uno che da anni paga più del 50% di tasse.