Spendereste 70 euro per una carbonara rivisitata? Edoardo Raspelli no. Parliamo della Carbondoro, la nuova creazione dello chef Emin Haziri, servita al ristorante Procaccini di Milano. Perché è inutile girarci intorno: è proprio nel capoluogo lombardo che si concentrano molti degli chef più "creativi" - e, spesso, anche tra i più costosi. In un’intervista rilasciata a la Repubblica, Haziri si è difeso dalle critiche: “Definire questo piatto come caro significa non riconoscerne il giusto valore. Il costo comprende un ragionamento, uno studio, il lavoro di persone, oltre a prodotti di indiscussa eccellenza. Si tratta di un investimento consapevole, non solo nel gusto, ma anche in un’idea di cucina che scompagina gli schemi di una tradizione". E aggiunge che il prezzo è dovuto alle materie prime, super costose: è fatta con caviale, tre foglie d’oro, guanciale, zafferano, maiale iberico Cinco Jotas. La pasta è del pastificio Graziano, di Avellino. Abbiamo già chiesto a Guido Mori cosa ne pensasse. La risposta è stata durissima: "Zafferano e caviale sono un'associazione che fa cagare". Quindi, abbiamo chiesto un’opinione anche al decano dei critici gastronomici, Edoardo Raspelli. E non è stato affatto tenero.

Raspelli, cosa ne pensa della Carbondoro?
Io sono felice che Giuseppe Verdi abbia scritto La Bohème. Il racconto struggente di questo avvocato ridotto in miseria dalla moglie, che attraversa il mondo e poi arriva a New York dove vive nel lusso, è veramente meraviglioso. Ok. Qualcuno dirà: "Ma è impazzito Raspelli?". No, non sono impazzito. Ho rovesciato completamente la realtà, inventandomi uno dei più grandi classici della musica mondiale per dire che ne ho le scatole piene di quelli che vogliono rifare, modernizzare, cambiare e "arricchire" perfino la gastronomia. Io sono una persona che – del resto – non conosce questo chef, non conosco il suo ristorante, non ho assaggiato il piatto, ma mi sembra una sterile, inutile e stupida provocazione, che purtroppo rientra in quella tragica, drammatica abitudine della ristorazione italiana di puntare sullo shock. Quello che una volta si chiamava épater le bourgeois.
Ormai è una tendenza più che diffusa, quella di rivisitare dei piatti rendendoli costosi?
Ho rilasciato un’intervista a un giornalista, Mauro Bassini, che ha scritto un libro, e quelle interviste sono diventate la preparazione del libro "Non c’è più gusto. Il tentato suicidio della cucina italiana”. Non è un tentato suicidio. È un suicidio. Francamente, un po’ di colpa ce l’abbiamo anche noi giornalisti che, inevitabilmente, davanti a queste stupidaggini drammatiche, dobbiamo raccontarle. Non è colpa tua che mi intervisti e io che rispondo, però certo che, se ce ne vergognassimo, forse sarebbe meglio. Non vorrei che la clientela di riccastri, che può permettersi questi piatti "gastrostupidi", aumentasse grazie al risalto inevitabile che diamo noi giornalisti parlandone. Allora, cosa fa questo Raspelli in questi anni, visto che la crisi gastronomica italiana è iniziata proprio qui - in Italia - 50 anni fa? Io mangio nei ristoranti dove va la famiglia normale, oppure dove va chi, una volta tanto, ha due lire da spendere e si concede anche un grande ristorante. Però quando sento che in un ristorante importantissimo italiano ti chiedono: "Vuole un aperitivo? Un calice?", e ti portano dello champagne che poi ti fanno pagare 70 euro al calice…Io mi indigno. Visto che ho 50 anni di esperienza gastronomica in ristoranti accessibili, continuo a frequentare quei posti. Qualcuno mi ha preso in giro, ma due mesi fa ho fatto notizia semplicemente perché ho fatto la spesa con mia moglie in un supermercato. Abbiamo mangiato come fanno decine, se non centinaia, di persone ogni giorno. In due abbiamo speso 35 euro. E si è mangiato bene. Perché il compito di noi giornalisti è anche questo. Purtroppo, poi, dobbiamo raccontare anche che c’è qualche stravagante che fa questi piatti…

Cosa ne pensa degli ingredienti utilizzati per la Carbondoro?
Mi ricordo che l’oro nel piatto lo mise per primo Gualtiero Marchesi. Era su un risotto, ma si trattava di un omaggio a una tradizione dei ricchi del Rinascimento. Così come il formaggio Magos, in provincia di Brescia, viene arricchito con lo zafferano - che una volta era costosissimo, quasi quanto l’oro. Il risotto di Gualtiero Marchesi con la foglia d’oro sopra però non costava esageratamente. Era un grande ristorante, certo, ma non era una rapina. Fare una carbonara con queste stronzate non è una rapina, perché uno non è obbligato a prenderlo. Però, insomma…
Lo chef ha detto che ci sono materie prime con un food cost altissimo. Secondo lei è vero o è solo un modo per giustificare il prezzo?
C’è la Calvisius, potresti guardare il loro sito, che produce caviale in Italia, anche in Lombardia. Lo vendono anche in papaline piccolissime da 10 grammi.
10 grammi costano 10 euro. Quindi 100 euro l’etto, cioè 1000 euro al chilo. Non è poco. Poi bisogna vedere che tipo di caviale è. Magari non è neanche caviale italiano, magari arriva dall’Iran o dalla Russia. Questo non te lo posso dire. L’oro è una filigrana, se ne può mangiare poco. Ripeto: era un lusso delle corti principesche del Rinascimento. Ma è questo il momento, quando gli italiani stringono la cinghia, per fare queste cose? È il momento giusto per chiedere se uno vuole un aperitivo e poi fargli pagare 70 euro solo perché gli dai un calice di champagne? Secondo me, no.
