Andrea Grignaffini non vuole fare polemica. O forse sì, ma con eleganza. Critico gastronomico tra i più preparati, si definisce diplomatico - anche se, quando serve, affonda il colpo. E su una cosa non ha dubbi: protestare davanti al ristorante di Carlo Cracco? "Una roba infantile". Ma Gnaffo (così lo chiamano i colleghi) in questa intervista non si limita alla cronaca. Ci ha parlato di lusso e sogni, di chef e pasticceri, di food influencer e MasterChef. Non ha demonizzato il successo, anzi: "Vedere il bello è sempre meglio che vedere il brutto". E guai a chi vuole abbatterlo in nome di un’idea di giustizia tutta da discutere. Poi c’è l’intelligenza artificiale, che lo affascina e preoccupa. Il rischio? Che tolga il tocco umano e, peggio ancora, i posti di lavoro. E il cibo da copertina? Non basta un piatto "instagrammabile" per giustificare certi prezzi. La ristorazione è uno spettacolo? Sì, ma guai a dimenticarsi la sostanza.

Cominciamo con una notizia degli ultimi giorni. Gli attivisti di Ultima Generazione hanno organizzato un presidio davanti al ristorante di Carlo Cracco a Milano. Secondo lei, con queste azioni ,riescono davvero a trasmettere un messaggio?
A me sembrano più che altro iniziative fatte per generare un po' di rumore. Tra l’altro,è un déjà-vu della storia, una protesta contro il mondo dei ricchi, o presunti tali. Quindi mi sembra più che altro un'azione volta a spettacolarizzare loro stessi.
Maria Letizia Ruello, portavoce del collettivo, ha affermato che Cracco non è il problema, ma un simbolo: se decidesse di fare qualcosa, potrebbe mandare un segnale. Ma davvero uno chef stellato può fare la differenza?
Secondo me questi sono problemi così grandi da affrontare che qualsiasi azione così sporadica non ha senso. Sarebbe come andare a protestare davanti a una casa di moda o una casa automobilistica che fa auto di lusso, che peraltro permette di creare un'economia di dipendenti. Le aziende creano dipendenti e quindi posti di lavoro. Se contestiamo tutto quello che c'è, poi qual è la soglia di ricchezza che ci va bene? Perché, per molti, anche i ristoranti che costano meno di Cracco sono costosi, quindi bisognerebbe forse andare anche in quei ristoranti lì. Parliamo di ristoranti in cui il menù degustazione costa 200 euro, ma per molti anche 80 o 50 Euro sono tanti. Quindi, cosa facciamo, protestiamo a caso? Mi sembra un atteggiamento un po’ infantile.
Stamattina torneranno in Galleria Vittorio Emanuele II per distribuire cibo gratuitamente. Pensa che questa sia un’azione più efficace rispetto alla protesta davanti al ristorante di Cracco?
Sì, questa mi sembra un'idea più intelligente. È una protesta costruttiva che trovo più sensata. Magari si sono anche resi conto che l’azione davanti al ristorante è stata un po’ sopra le righe e stanno cercando di “riparare”.
Intanto si è parlato molto dei prezzi dei prodotti di Iginio Massari, dalle chiacchiere alle uova di Pasqua, da 100 a 105 euro. È il lusso a creare disuguaglianze, o le persone dovrebbero semplicemente accettare che, se non possono permettersi certi prodotti, devono rinunciare?
Io la penso esattamente come nel secondo caso. Sono appassionato di molte cose costosissime, ma me ne sono fatto una ragione. Magari ho trovato il modo di scriverne senza poterle comprare. Il problema è sempre lo stesso: qual è la soglia in cui consideriamo la ricchezza immorale? Per qualcuno, 100 euro da Massari possono essere troppi, per altri lo sono 50, 40 o anche 20. Alcuni, purtroppo, non possono permettersi nulla. Quindi, ognuno deve fare i conti con se stesso e, al massimo, ammirare le cose belle del mondo: orologi, automobili, alta gastronomia… Non è questo che risolve il problema della povertà.
Infatti, il critico gastronomico Paolo Marchi ci ha detto che i veri scandali sono altri, come la difficoltà di accesso alle cure mediche. Mentre, in fondo, si può guidare una macchina senza avere per forza una Ferrari. È d’accordo?
Sì, sono d'accordissimo con Paolo. Anzi, penso che la dimensione del sogno e del lusso sia qualcosa che può persino appagare: vedere che esiste una macchina bellissima, un’opera d’arte, un grande palazzo… Insomma, il bello è sempre meglio del brutto, e non è colpa di chi possiede il bello.
Valerio Visintin, critico del Corriere della Sera, pensa che i prezzi nel mondo della ristorazione stiano alterando la percezione del consumatore. Stanno forse esagerando?
Il discorso è molto complesso. Oggi gestire un ristorante costa moltissimo: basta andare a fare la spesa per rendersene conto. Tra materie prime, energia, stipendi del personale. I dipendenti ora lavorano meno ore rispetto al passato, fortunatamente, ma ciò richiede più personale. Se poi aggiungiamo gli investimenti iniziali, gli affitti e altre spese, è difficile rientrare nei costi. Faccio un po' fatica a fare la morale. Sicuramente i prezzi sono aumentati e questo è un problema, ma è un problema generale, non solo della ristorazione.

Aldo Grasso, invece, ha parlato di "instagrammizzazione" del cibo. Il prezzo di un piatto dipende anche da quanto è bello esteticamente?
Può essere un fattore, ma non è la causa principale.
Quanti chef o cuochi vede influenzati dai social?
Questa è una domanda difficile. Secondo me, l’influenza dei social è più forte sui giovani che emulano i grandi chef affermati. È il motivo per cui alcune mode culinarie esplodono improvvisamente: è una corsa all’emulazione nata dalle immagini su Instagram.
I food influencer stanno rovinando il mondo del food o portano nuova linfa?
Ci sono quelli bravi e quelli meno bravi, come in tutti i settori. Seguo alcuni giovani youtuber, vedo influencer con un linguaggio nuovo e interessante. Non demonizzo la categoria, ma critico chi è poco onesto, senza competenze o con approcci non etici o deontologici. Però non penso che rovinino chissà cosa.
C’è qualche food influencer che apprezza?
Mi diverte molto Franchino Er Criminale su YouTube. Mi piace anche Francesco Zini.
Edoardo Raspelli ci ha detto che molte recensioni sui social non sono sincere, perché gli influencer vengono pagati o ricevono cene gratuite. È vero?
Sì, c’è un giro di gente che mangia senza mai pagare, e questo è un problema. Certo, anche in altri settori è così: chi scrive di calcio non paga il biglietto, chi si occupa d’arte entra gratis nei musei. Però nella ristorazione è diverso. Se tutti andassero in un ristorante e uscissero gratis, il ristorante avrebbe grossi problemi economici. Quindi, alla fine, bisogna pagare nella maggior parte dei casi.
A Milano, dopo l’arresto di Davide Lacerenza e Stefania Nobile, ci si chiede anche quanti altri locali, oltre allo champagne, i cocktail o il vino, favoriscano la prostituzione o l’uso di stupefacenti. Secondo lei il fenomeno è molto diffuso o isolato?
Mi occupo di critica enogastronomica pura, quindi non guardo mai oltre il mio contesto, perché altrimenti dovrei inventarmi uomo dei Nas, della polizia, della guardia di finanza dell’agenzia delle entrate e quindi, siccome so fare se va bene il mio mestiere ,non mi occupo di cose collaterali. Immagino che ci possano essere situazioni un po’ borderline nelle città metropolitane, però questo, secondo me, si verifica anche in feste private, in molte case e in situazioni che manco ci immaginiamo. Quindi non so dare una risposta ben precisa. È vero che gli elementi che mi hai citato possono creare un corollario di un certo tipo, ma è vero anche che nel bar di periferia possano succedere cose non necessariamente legali. Quindi mantengo un atteggiamento piuttosto laico.
Alcuni, al di là dell’inchiesta, dicono che Davide Lacerenza fosse un ottimo ristoratore e conoscitore di champagne. Lei era mai stato alla Gintoneria?
Ci sono stato varie volte, anni fa, ma poi ho perso un po’ di vista Lacerenza, che però è stato uno dei primi a creare un movimento importante nel mondo dei gin e dei gin tonic. Mi ricordo che, tanti anni fa, ne aveva 500 quando altri bar ne avevano al massimo due. Così come ha mosso l’interesse sullo champagne con modalità sicuramente esibizionistiche, ma penso che abbia anche utilizzato un modo contemporaneo di permettere di fruire grandi bottiglie a un pubblico che, magari, frequentava poco quel settore. Per quanto riguarda la mia conoscenza, il palato ce l’aveva. E anche la conoscenza dei vini che proponeva.

Carlo Cracco ha introdotto l'intelligenza artificiale in cucina. Secondo lei, è un rischio per i posti di lavoro?
Questo è il tema probabilmente del nostro immediato futuro. L'intelligenza artificiale, e vale in tutti i campi, può darci una grandissima mano, ma può in effetti far perdere tantissimi posti di lavoro. Io ne sono affascinato, ma anche molto preoccupato. Vale per tutti i mestieri, dal medico al giornalista. Di certo potrà essere un grandissimo aiuto. Sollecitando l'intelligenza artificiale, si può avere un bagaglio pazzesco di nozioni, è un aiuto. Se questo però serve per togliere dipendenti è un problema molto grosso, sono da una parte spaventato e da una parte affascinato.
Programmi come MasterChef hanno fatto bene o male alla cucina?
Molto bene! Hanno avvicinato i giovani alla cucina. Questo ha portato anche nelle scuole un entusiasmo nuovo, perché ogni chef ha potuto esprimere una personalità che prima era un po' più nascosta. I giovani hanno bisogno anche un po' di spettacolarizzazione. Questo è successo nel calcio, nella musica e secondo me ha influito molto, molto positivamente. Poi ci sono sempre delle parti negative, così come in tutte le altre cose che ho detto. La spettacolarizzazione crea delle problematiche, però ha creato professionalità, perché se un ragazzo è affascinato da un cuoco e si iscrive in una scuola di cucina crea un'alta professionalità, quella professionalità che ha permesso adesso di avere tantissimi ragazzi molto bravi. Infatti sono proliferate stelle, cappelli, forchette.
Chi sono i suoi chef italiani preferiti?
Posso dirne cinque? Su centomila, direi che si può fare! Bottura, Alajmo, Crippa, Romito, Cracco.
E di Bruno Barbieri e Antonino Cannavacciuolo cosa pensa?
Barbieri lo conosco da tanto, mi piace come fa televisione e come cuoco. Mi piace molto la sua espressitivà, quello che fa negli hotel, è divertente e colorato. Cannavacciuolo è un grande uomo televisivo, ma anche un vero chef, si vede che ha ancora l’occhio del professionista.
E Alessandro Borghese?
Non ci conosciamo personalmente, ma lo valuto un buon cuoco. Mi piace quello che sta facendo, ed è anche molto simpatico.
Meglio Iginio Massari o Ernst Knam?
Faccio un po' il diplomatico. Massari per la pasticceria, Knam per la cioccolateria.
Un'ultima domanda. Cosa ne pensa dell'operato del ministro Lollobrigida?
Ogni tanto forse ne spara qualcuna un po' grossa. Tutto sommato, condivido parecchio quello che sta facendo. Forse sono l'unico, ma la sua linea è una linea che mi piace. Poi i politici a volte fanno le sparate.
