Come fa il Festival di Sanremo ad andare male? Se si considera che la concorrenza, in quei giorni, è assente, che gli ospiti ci sono sempre e che Sanremo rappresenta l’evento culminante della stagione della musica italiana, è veramente difficile pensare che possa essere un flop. Almeno questo è quello che Paolo Bonolis ha evidenziato da Gianluca Gazzoli nel corso dell’ultima puntata del Basement. “Credo che per una sorta di gentlemen agreement, Mediaset in qui giorni è praticamente spenta. In Rai giustamente dicono: ‘Perché dobbiamo spendere soldi, tanto facciamo dei numeri pazzeschi lo stesso’”. C’è questa differenza, quindi, tra il Festival di oggi e quello di cui Bonolis era direttore artistico (nel 2005 e poi nel 2009), quando la Rai investiva molto nell’evento. Il conduttore, infatti, ricorda le ospitate di Mike Tyson e di Will Smith, ma anche le differenze di visione con la commissione che sceglieva le canzoni: “Avevano eliminato Mentre tutto scorre (pezzo dei Negramaro per Sanremo del 2005, ndr): ‘ma siete pazzi’, gli ho detto”. O ancora: “Nel 2009 successe la stessa cosa con Sincerità di Arisa: è come il jingle della Coca-Cola, ti entra nel cervello, come fate a togliere un pezzo del genere?”. Poco dopo, poi, Bonolis si sofferma su quello che è uno dei segreti per il successo di Amadeus e delle sue cinque edizioni. Lo spunto, in realtà, l’aveva già dato Carlo Conti in risposta a un giornalista che gli aveva chiesto se avesse paura di non raggiungere il 74% di share dell’ultimo Festival. Conti aveva replicato: “Non lo farò sicuramente perché non finirò mai alle tre di notte”. I livelli di share ovviamente sono dovuti alla durata della trasmissione e non solo alla qualità delle scelte artistiche: “Se vai alle tre di notte come fai a non fare quei numeri? Dall’una in poi ci sei solo tu in onda”, chiarisce Bonolis.
Ancora il conduttore: “Molte trasmissioni vanno lunghe per poter raccontare poi di aver avuto uno share molto alto”. Ma non sono solo i dati di ascolto che portano ad allungare così tanto certe programmazioni. Con trasmissioni lunghe, infatti, “copri quattro ore di palinsesto con un’unica spesa. Anche perché ogni produzione ha dei costi di gestione non indifferenti”. Insomma, fare diversi programmi costa più che far durare il Festival fino a notte inoltrata. Tutti ragionamenti volti a ricavare il maggior vantaggio, tra cui “un aumento dello share se finisci tardi, ma con una diminuzione dei telespettatori, oppure se finisci prima hai più spettatori ma meno share. A livello di racconto puoi dire quello che ti pare”. I meriti di Amadeus, quindi, sono fuori discussione, ma la padronanza di certi meccanismi ha sicuramente aiutato.