Paolo Cappuccio, chef stellato e consulente gastronomico, continua a far discutere per le sue dichiarazioni e per un annuncio di lavoro pubblicato su Facebook e poi rimosso. Nessuna intenzione di ritrattare, nessun cambio di rotta: “Ho tatuato Mussolini e la svastica per me è un gesto di ribellione e protesta”, ha detto intervenendo alla trasmissione La Zanzara su Radio 24. Lo stesso concetto lo ha ripetuto in un’intervista a Il Giornale, uscita oggi, 9 luglio.
L’annuncio rimosso cercava personale per un hotel in Val di Fassa: un executive chef, tre capi partita, un pasticcere. Nel testo, però, si invitavano a non candidarsi “comunisti e fancazzisti”, “masterchef del caz*o” e persone “con problematiche di alcol, droga e orientamento sessuale”. L’ultima espressione ha attirato critiche e segnalazioni alle associazioni, tra cui Arcigay, che ha annunciato di “valutare un’azione legale”.

Cappuccio difende la sua scelta: “Sotto la divisa non si vede”, dice riferendosi alla svastica tatuata. “Quando sarà illegale la falce e martello allora la toglierò. Poi non capisco perché Che Guevara fa figo e la svastica no?”. Sul personale, ripete che non vuole “comunisti e fancazzisti”, anche se, in radio, modifica i termini: “Struscia ciabatte”. Su Mussolini, lo chef afferma: “Ha fatto tante cose buone, poi si è alleato a Hitler e ha sbagliato”. E aggiunge: “Ci hanno detto che la rovina del mondo erano Mussolini, poi il Fuhrer e per finire, Berlusconi. Ora che non ci sono più tutti e tre, stiamo meglio?”.
Riguardo al passaggio sull’orientamento sessuale, cerca una precisazione: “Mi pento solo di aver leso la sensibilità di gay e lesbiche che non avevo comunque tirato in ballo”. Poi tenta di spiegare: “Sono stato frainteso – dice a La Zanzara – mi riferivo a chi ha un orientamento sessuale rivolto a minori come mi è successo recentemente. Ho scoperto che un mio dipendente era un pedofilo e mi ha talmente segnato da non riuscire nemmeno ad ipotizzare un’altra presenza del genere”.

Non mancano critiche anche al mondo del lavoro: “Siamo schiavi dei dipendenti – dichiara a Il Giornale – sono diventati i padroni, ci ricattano. Non posso riprenderli per un errore che si mettono in malattia o, se minaccio di licenziarli, loro replicano che dovrò comunque pagarli per tutta la stagione”.
Nel mirino anche Masterchef: “È stata la rovina dei cuochi. Se partecipi a quella trasmissione, non diventi uno chef. Quella è fiction, televisione e non c’entra nulla con il lavoro reale, la gavetta, l’esperienza, il sacrificio”.
Nel suo passato, molte collaborazioni in ristoranti italiani, tra cui Officina 2.0 di Milano e il Bencò di Roma. Tra questi, anche La Casa degli Spiriti di Costermano, sul lago di Garda, dove lavorò anni fa come executive chef. La proprietà ha preso le distanze: “Giudichiamo queste affermazioni discriminatorie e inaccettabili – si legge in un comunicato – diametralmente opposte ai valori della nostra realtà, sia ieri che oggi. La sua opinione è da ritenersi del tutto autonoma, estranea alla nostra attività e contraria alla nostra etica”.
