Stavolta gli Articolo 31 sono tornati davvero. Non che non lo fossero già quando li abbiamo visti sul palco dell’Ariston di Sanremo, intendiamoci, con quella Un bel viaggio che in qualche modo ci spiegava come col tempo anche i vecchi dissapori finiscono per sembrare meno rilevanti, o quando li abbiamo visti al Forum di Assago per quelle fortunate date sold out. O quando li abbiamo visti e sentiti cantare con Fedez e Annalisa e i Coma Cose, erano sempre loro, certo. Ma stavolta gli Articolo 31 tornano davvero perché tornano con un intero album di inediti, a cui vanno appunto aggiunti i brani già editi, Classico, Una cosa bene con Fausto Lame e California e Un bel viaggio, niente Fedez e Annalisa, grazie a Dio. E lo fanno alla loro maniera, cioè inanellando una dietro l’altra ben sedici tracce che sono un puro concentrato della loro poetica. A questo punto, però, sarebbe da chiedersi quale? Non perché non ne abbiano una, intendiamoci, questo è un pezzo assolutamente celebrativo, ma perché di poetiche, J-Ax e Dj Jad ne hanno diverse, tutte presenti nelle sedici canzoni che compongono Protomaranza. Si parte con la caustica Intro(spettivi), brano cupo che richiama quasi gli esordi, nel quale Ax ci tiene a far sapere che lui i cazzi propri, intesi come ferite e fragilità, li ha sempre avuti, come tutti, ma ha anche sempre ben guardato di tenerseli per sé. Come a dire, ok condividere tutto con il pubblico, ma occhio a mostrarsi sempre lacrime agli occhi, una punta di ironia già presente nel titolo che ovviamente gioca con le due parole presenti fuori e dentro la parentesi. Poi è la volta del singolone dell’estate, a parere di chi scrive, sia chiaro, la meno interessante della covata. Perché è una canzone che ti si appiccica subito addosso, santo Petrella, certo, ma è anche quella che proprio per questo motivo richiede meno attenzione, e per me prestare attenzione a quel che dice Ax è importante, so che lui potrebbe aver in passato potuto pensare il contrario, ma tant’è. La presenza di Fabri Fibra e Rocco Hunt, il disco presenta un parterre de roi di ospiti, mette insieme uno dei miei preferiti e uno dei miei meno graditi, credo sia inutile specificare chi è chi. Come godo, con Jake La Furia, i Club Dogo sono presenti, almeno gli emcee, ma divisi su traccia, è un brano che mette in campo gli Articolo festaioli, casinari, verrebbe da dire, non lo avessero già fatto loro con il titolo, goderecci. Traccia che lascia poco spazio alla riflessione, ma George Clinton ci ha ben spiegato come a volte si possa anche riflettere solo muovendo il culo. Eccoci alla seconda presenza meno gradita, parlo per me, ma anche abbastanza dovuta, Tedua, Scusi maestra è un gioco di scatole cinesi, con citazioni di citazioni, e almeno per questa volta Tedua, che non gioca a fare il maestro, forse perché di fronte a un maestro vero, risulta meno stucchevole del solito.
Anche perché nella traccia successiva un altro grande maestro, forse il grande maestro, c’è davvero. Perché nonostante, dimostrando una scostanza che lo caratterizza da sempre, Neffa sia tornato a rappare una barra nel suo Foglie Morte, in compagnia di Fabri Fibra, qui in Contrabbando il nostro rappa davvero, a fianco di Ax, sancendo quella pace reale che già avevamo intuito con Due di picche. Roba da vecchia scuola, signori miei, tutti in piedi e fate i bravi. Non finisce mai (la scuola) è un’altra potenziale hit, anzi, è una hit e basta, che ci dice quel che a pensarci bene già sapevamo, cioè che Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari in realtà è un rapper prestato al canto, il suo modo di appoggiare le parole, tante parole, sulla melodia molto simile a quella degli emcee. Una canzone leggera, certo, ma gli Articolo 31 ci hanno spiegato nel tempo come si possa essere profondi anche rimanendo in superficie, perché la profondità è qualcosa che sta lì sotto, basta solo abbassare ogni tanto lo sguardo, Dio santo. Piccola sosta pipì. La moda dei featuring non è una moda, lo sappiamo. Si mettono tante collaborazioni, come da sempre si è fatto nei dischi rap, penso a quelli americani, soprattutto, per provare a fare numeri maggiori, mettendo insieme fanbase che si vanno a sommare. Ma gli Articolo 31 sono gli Articolo 31, non esattamente gente che cerca qualcosa, visto che quel qualcosa lo ha mostrato quando buona parte di chi oggi domina le classifiche manco c’era, parlo del pianeta Terra, non della classifica Fimi, quindi nel loro caso proverei a fare un discorso diverso, come di chi ha deciso di raccogliere intorno a sé (si può dire sé anche parlando di un duo?) amici di vecchia data come nuove leve che in qualche modo accorrono più a rendere omaggio ai pionieri che a mettersi loro alla pari. A me, personalmente, le canzoni che son piaciute di più, a breve ci arrivo, sono quasi tutte in solitaria, cioè canzoni dove J-Ax e Dj Jad si muovono senza ospiti, questo perché la voce di Ax, roca e acidula, rende meglio sulla lunga, che dovendo condividere barre, parere mio, e perché le zampate più pericolose arrivano quasi tutte da lì. Risalgo in pullman. Lascio da parte la sequenza dei brani per come si trova negli album, non serve, tanto li ascolterete su Spotify, che fa sempre il cazzo che vuole. Nelle seguenti tracce trovate altri ospiti, che sono una spumeggiante Nina Zilli nella iperfestaiola Non ho voglia (Disco Party), e lei mai come stavolta è la regina della festa a fianco dei re della festa, puro funkettonismo a palla. C’è Guè che fa Guè in Nel Drink, e Guè e Ax insieme sono davvero tanta roba, due dei migliori emcee di sempre, vecchia scuola, righello in mano, che mostrano a tutti chi ce l’ha più lungo, loro. Ci sono i La Sad, compagni di casino, con la poppunkeggiante La fiera del cringe, brano già conosciuto, e meno rilevante di altri. Poi c’è anche un Bugo d’annata, rispolverato ad hoc, la sua Mi rompo di coglioni che qui diventa Io mi rompo, un brano che assolutamente non ti aspetteresti, ma che fa la sua gran porca figura.
E poi ci sono le canzoni nelle quali Ax e Jad danno il meglio di loro, parere mio. Ecco, sappiatelo, quando dico “parere mio”, non lo faccio per dire “de gustibus”, o giocare sul filo della modestia, il contrario. Proprio perché è parere mio le parole in questione vanno incise sulla pietra, perché se Ax è un gran maestro del flow e del rap, io lo sono della critica, e che cazzo, e se sono lapidario sono lapidario, parere mio. Libertario Surf, Elite, Vaffanc*lo papà e Contadino sono le migliori canzoni dell’album. Senza se e senza ma. Rarra è un apostrofo di che colore volete in mezzo a quella raffica di schiaffi. Libertario surf è una canzone che ci mette al muro con le nostre ipocrisie come benda. Parte con un discorso di Elly Schlein, che ha concesso il diritto di usarlo, lei grande fan degli Articolo, e poi smitraglia su destra e sinistra, senza mai scivolare nel qualunquismo, altro ferito grave in questa salva di mazzate. Ax si definisce libertario, ma libertario davvero, ironico e ficcante, andando a lasciare solo morti a terra, nessun prigioniero, e neanche macerie. Tabula rasa. La successiva Elite, che messa lì è una provocazione bella e buona, perché per qualcuno libertario e liberale forse coincide, come si dice in questi casi, cazzi suoi, Darwin dovrà pur fare il suo lavoro, è un brano in cui a parlare è direttamente un vero signore di questa Terra, senza esse maiuscola, attenzione, uno di quelli che muovono l’economia, assolutamente meno pietosi del Dio del Vecchio Testamento. Altra bella mazzata, dove forse il sarcasmo trova più spazio dell’ironia, succede quando si fissa per troppo tempo l’abisso. L’uno due Libertario Surf ed Elite ci mette a tappeto, sia chiaro. La seguente Vaffanc*lo Papà non è da meno, anche se stavolta il testo sembra più leggero. Una canzone che fa il tifo per le nuove generazioni, un inno a uccidere, metaforicamente, i padri, mandandoli a cagare, appunto. Altro che boomer. Preso il fiato con il brano coi La Sad e con Rarra, che a mio parere lascia il tempo che trova, dopo la bella svisata sul tema con Bugo, una sorta di inno all’indolenza e al diritto all’inedia, ecco la vera perla di questo disco, la canzone che, parere mio, attenzione, ho detto parere mio, è il capolavoro di questo disco è Contadino. Una sorta di Bignami del capitalismo, senza neanche una lettura troppo di parte, che prende il via dalla campagna per arrivare su Marte, mettendoci dentro oltre un secolo di storia. Qualcosa che, lo dico tanto per esibire il righello anche io, ce ne fosse bisogno con qualche cagacazzi che pensa che io non possa parlare di rap perché ho i capelli lunghi, mi ricorda Bubba Sparxxx, volendo anche qualcosa dell’Everlast prima che Eminem gli aprisse il culo, e che dimostra, ce ne fosse bisogno, che Ax è uno dei nostri migliori parolieri, e Jad sa fare basi come nessun altro, insieme, anche così da non amici ritrovati, fanno davvero il botto. Tempo fa vi ho raccontato di quando Ax mi ha invitato nel suo studio per sentire il disco, e siamo finiti a parlare ovviamente di tutto e anche di più, qui trovate il pezzo. Cercando il link, online, mettendo cioè Monina J-Ax su Google, il primo articolo che mi è capitato è un vecchio pezzo ripreso da Dagospia nel quale solidarizzavo con lui quando Fedez ha chiesto la mano a Chiara sul palco di San Siro, era il 2017, pezzo che loro hanno intitolato, riprendendo un mio virgolettato, “la tua musica mi ha sempre fatto cagare, ma ti sono solidale”. Chiaramente un dissing è un dissing, e non è affatto vero che la musica di Ax e degli Articolo mi ha sempre fatto cagare. A volte sì, e ci mancherebbe pure altro, ma quando si è di fronte a un lavoro di ottima levatura tocca alzarsi in piedi e applaudire, e a questo punto mi dovete immaginare in piedi che applaudo, e anche piuttosto forte. Non ho idea se questo ritorno sia un “per sempre” o un “per un po’”, non è rilevante, credo, da uomo di mezza età, disincantato ma anche sentimentale, un po’ come loro due, mi sento di godermi questo momento finché c’è. Del doman non c’è certezza anche per chi la giovinezza è già fuggita, cogliamo l’attimo e apriamo bene le orecchie.