“L’orgoglio di tutto lo sport italiano”, scrive la Gazzetta dello sport a proposito di Jannik Sinner e il raggiungimento del primo posto del ranking Atp. Non è servito nemmeno attendere la fine del Roland Garros: è bastato il ritiro di Novak Djokovic. E le bandiere tricolore hanno iniziato a sventolare. Il titolo dell’articolo della Gazzetta è: “Forte, semplice e amato: perché Sinner è il numero 1 che tutti ci invidiano”. Forte lo è di certo, semplice anche (nonostante la criticata residenza a Montecarlo e gli investimenti “complessi”), ma amato non lo è stato sempre. Anzi, era la stessa Gazzetta che spendeva parole non proprio d’elogio nei suoi confronti, mentre ora un articolo di Franco Arturi si intitola “Sinner italiano vero”. A tratti la “colpa” di Jannik era quella dello scarso amore verso la maglia azzurra di cui venne accusato dopo il rifiuto (solo momentaneo) di partecipare alla Coppa Davis. “La maglia azzurra non è mai un intoppo, semmai un volano di emozioni e sentimenti, soprattutto se sei il più forte giocatore del tuo paese”, erano state le parole di biasimo nei confronti di Sinner. Ma il nuovo numero 1 “che tutti ci invidiano”, secondo la Gazzetta, era soprattutto un italiano di adozione. Le ragioni? Un sangue poco “latino”, la tendenza alla calma invece che all’esagitazione e la provenienza, l’Alto Adige. “Noi abbiamo imparato ad amare Jannik anche perché non ci appartiene sino in fondo. Perché non ci somiglia. Per il suo essere così diverso e così distante dalla nostra anima latina, quando (non) esulta, quando (forse) si deprime, quando (appena) sorride. Quando parla una lingua e forse pensa in un’altra”, scrisse Giancarlo Dotto (concetto ribadito a MOW), aggiungendo poi che “Tra un passante e un rovescio incrociato, tra un boato e un coro, Jannik ha scoperto la bellezza torrida di essere nostro e di ritrovarsi italiano”.
“Ritrovarsi”, dunque: un’azione che presuppone un essersi persi. Tale smarrimento, però, non è mai stato quello di Jannik, ma, probabilmente, di quelli che Sinner lo guardano: “Ha conquistato rapidamente appassionati e non con il suo tennis potente e il sorriso del ragazzo della porta accanto. Ci fa fare bella figura in tutto il mondo perché, oltre ad essere il più bravo sul campo, è forte, tanto forte. Ed è educato, mai sopra le righe, sempre rispettoso dell’avversario. Ha costruito il successo con il lavoro e la fatica”. Educazione, self-control, attitudine al lavoro e alla fatica. Ma come, si dirà, non era proprio questa sua piatta moderazione la più grande differenza tra “noi” e lui? Non era quindi l’assenza di temperamento la dimostrazione che, in fondo, Sinner era stato adottato? Ora, invece solo elogi. Ma la Gazzetta si spinge oltre con Franco Arturi: “E prendiamo per noi stessi, senza ritegno, una piccola frazione di quelle ovazioni”. Più si sale in quota, più scende il livello dell’ossigeno. E se arrivi fino al primo posto, quello più alto, l’aria è decisamente rarefatta. Almeno noi che di Jannik Sinner parliamo, però, che rimaniamo al livello del mare, prima di criticarlo dovremmo fare tutti un bel respiro.