Israele andrebbe sanzionato dalla comunità internazionale, come la Russia. Alberto Negri ne è convinto, ed è stato questo il punto di partenza della nostra intervista. Cosa sarebbe successo se al posto di Netanyahu ci fosse stato Putin, ad attaccare la missione di pace dei caschi blu in Libano? Il punto è, come ci ha detto Negri, che siamo “legati mani e piedi” con Netanyahu, compreso un accordo sulla cyber-security che di fatto consente agli israeliani di spiarci. Poi c'è anche una questione legata al passato politico di Fratelli d'Italia, e ovviamente l'economia. Ma non ci siamo limitati a questo argomento. Alberto Negri ha lavorato come giornalista in Medio Oriente, Balcani, in Asia Centrale e in Africa. Ci ha parlato dell'hotspot in Albania, raccontandoci che Edi Rama ha lavorato per lui, e che in fondo fa bene a “mungere la vacca Italia”. Abbiamo parlato della situazione economica di un'Italia che si svende ai vari Blackrock ed Elon Musk, della crisi dell'automotive con Tavares che “ha fatto ridere”, della sanità e della ricostruzione in Ucraina che è una farsa. Infine, ci ha spiegato perché Renzi è tanto combattivo con la Meloni, e c'entra lo spionaggio. Iniziamo.
Perché non si sanziona Israele?
Israele non viene sanzionato per diversi motivi. Partiamo dal punto di vista italiano, per poi allargare la discussione all’Europa e agli Stati Uniti. In Italia un primo motivo è che continuiamo a vendere armi a Israele, nonostante la Presidente del Consiglio sostenga che le forniture siano state sospese. Non è vero. Lei stessa ha affermato che l’Italia continua a fornire componenti di F-35, che fanno parte di un consorzio internazionale. Questi aerei vengono poi venduti agli Stati Uniti e, di conseguenza, finiscono in Israele. Un secondo aspetto, forse ancora più importante, riguarda un accordo firmato l'8 marzo dell'anno scorso durante la visita di Netanyahu a Roma. L'Italia ha affidato parte della gestione della propria cyber-sicurezza allo Stato e alle agenzie israeliane. Questo è un vincolo significativo, tanto che l'ex capo dell'Agenzia di Cyber-Sicurezza, Roberto Baldoni, si è dimesso due giorni prima della firma, proprio per non dover sottoscrivere un accordo così impegnativo. In altre parole, l’Italia è legata mani e piedi con Israele su questioni strategiche. Un terzo motivo è politico. L'attuale partito di maggioranza ha radici nel fascismo, un regime che approvò le leggi razziali e consegnò parte degli ebrei ai nazisti. Oggi, questo governo cerca di distanziarsi da quel passato, spesso manifestando un sostegno ancor più forte nei confronti di Israele rispetto ai governi precedenti. La cosa più sconcertante è il discorso della Presidente del Consiglio Meloni che ha definito Israele “stato amico”. Ora, non voglio citare la famosa frase di Churchill per cui gli stati non hanno amici, ma interessi, però noto che si concentra sempre e solo sul diritto di Israele a difendersi senza menzionare l'origine del conflitto: l'assenza di uno Stato palestinese. Basta guardare i dati: nel 1993, durante gli Accordi di Oslo, c'erano circa 100.000 coloni israeliani in Cisgiordania; oggi sono oltre 700.000, di cui 300.000 armati, secondo dati dello Shin Bet, i servizi segreti israeliani. Questo dimostra che, senza considerare i fatti storici, è impossibile analizzare obiettivamente la situazione, e se un Presidente del Consiglio non riesce neanche a fare questa analisi minima, è evidente che non posso dargli tanto credito quando parla del Medio Oriente.
Qual è il ruolo degli Stati Uniti in tutto questo?
Gli Stati Uniti hanno una posizione paradossale. Da un lato il Presidente Biden aveva proposto un cessate il fuoco ma dall’altro non c’è stata alcuna reale pressione. Al contrario, a fine agosto sono stati approvati altri 20 miliardi di dollari in forniture militari a Israele. Questo fa capire che, sia con Trump che con l’attuale amministrazione, la politica estera americana verso Israele cambia solo di sfumature. Entrambi i partiti, in sostanza, appoggiano il sionismo. Va chiarito che l’antisionismo non è antisemitismo, come dice quello poveraccio di Houellebecq, che non riesce neanche a distinguere un cannone da una scacciacani. Il sionismo è un’ideologia politica che sostiene la supremazia dello Stato di Israele nella regione del Medio Oriente. Oggi però assistiamo a una radicalizzazione su entrambi i fronti: da una parte Hamas, dall’altra i partiti ultra-ortodossi israeliani, che hanno portato il sionismo all’estremo.
E l’Europa?
Anche l'Europa è divisa. Abbiamo visto posizioni critiche dalla Francia e dalla Spagna riguardo alla vendita di armi a Israele, mentre altri Paesi, come la Danimarca, non sembrano preoccuparsi troppo di attuare un embargo. Questo atteggiamento frammentato contribuisce a mantenere lo status quo.
Qual è il vero obiettivo di queste politiche?
Stati Uniti e Israele hanno seguito una strategia di destabilizzazione in Medio Oriente. Il loro obiettivo era portare il caos. Non a caso, molte guerre recenti, dall'Iraq alla Siria, hanno solo peggiorato la situazione, sia per Israele che per gli altri. La chiave di lettura è il classico divide et impera: fomentare divisioni etniche e religiose per indebolire la regione e poter agire con maggiore libertà. Tuttavia, questo approccio ha generato mostri come l'ISIS e ha reso il Medio Oriente ancora più instabile. E il radicalismo sionista di questi partiti che chiamiamo ultra-ortodossi ha fatto il paio con la radicalizzazione estremistica di tutto il resto del Medio Oriente, e bisogna interrogarsi se noi vogliamo continuare a incoraggiare uno Stato, un'entità come Israele, a vivere perennemente in guerra, il chè è una prospettiva improponibile. E' evidente che bisognava arrivare a un negoziato. Voglio ricordare che purtroppo siamo a 30 anni dall'assassinio di Isaac Rabin, il primo ministro israeliano, l’uomo che vinse il Nobel della pace con Arafat e Shimon Peres e che aveva portato Israele sulla strada della pace. Il suo discorso fu memorabile perché era fatto non soltanto da un uomo politico, ma da un generale che era stato eroe di guerra, e che è stato ucciso non da un palestinese, ma da un estremista israeliano. Noi dovremmo ripartire da lì per cercare di riportare Israele insieme ai palestinesi e a tutto il resto del mondo arabo su una strada più saggia di quella che è stata imboccata finora.
Nel 2006 in Libano fu un'intensa attività diplomatica a portare al cessate il fuoco. Oggi la diplomazia non si vede.
È importante sottolineare che nel 2006 il Paese fu distrutto completamente: non c'erano più ponti, né strade. Prima, per andare da Beirut a Tiro ci volevano due ore; dopo la distruzione della strada, il viaggio durava otto o dieci ore, dovendo attraversare montagne e strade secondarie. Tuttavia, la grande differenza tra allora e oggi è che Hezbollah riuscì a fermare l'avanzata degli israeliani sulle colline del sud del Libano. Un esempio è Bin Jabal, teatro di aspre battaglie in cui gli israeliani non riuscirono a penetrare come avevano fatto nel '78 o nell'82. Questa resistenza portò a una successiva azione diplomatica, culminata nella famosa visita di D'alema nei quartieri sciiti di Beirut, bombardati da Israele, e negli accordi di Roma per il cessate il fuoco. Quello fu forse l'ultimo successo diplomatico significativo per l'Italia. In questi anni, il nostro contingente internazionale, che conta circa 1200 militari, ha cercato, nei limiti del possibile e del mandato, di gestire la situazione, pur senza riuscire a frenare Hezbollah. Negli ultimi tempi, sia l'Iran che Hezbollah hanno inviato segnali favorevoli a un cessate il fuoco, ma Israele percepisce una debolezza in Hezbollah e nell'Iran e sembra voler sfruttare questo momento per ottenere qualcosa che non ha mai ottenuto in passato.
A che prezzo, e con quali prospettive?
Non possiamo permettere la distruzione del Libano. Oggi sono stati bombardati anche villaggi cristiani. E l'Italia, così come l'Europa, non esercita alcuna pressione morale su Israele. Israele ha messo alle strette prima gli Stati Uniti e ora l'Europa, mentre noi permettiamo a Netanyahu e al suo governo di agire indisturbati. Penso che questo costerà caro ai governi europei. Dovremmo sanzionare Israele come è stato fatto con Putin, ma non si è mai visto nulla di simile nei confronti di Israele, nemmeno le più banali forme di pressione. Questo atteggiamento è osservato con disprezzo da gran parte del mondo. Non solo dalla Cina, ma anche dall'India, dal Sud America e dall'Africa. Guardano all'Europa e all'Occidente come predicatori ipocriti che impongono sanzioni solo a Russia o Iran, e mai a Israele. Dobbiamo ricordare che Europa, Stati Uniti e in parte anche la Russia hanno scaricato il peso dell'Olocausto sugli arabi, che non avevano alcuna responsabilità. Gli arabi, come i palestinesi, sono stati traditi dalle loro leadership, e anche loro hanno commesso errori gravissimi. L'attacco del 7 ottobre è stato un massacro inaccettabile, soprattutto perché ha colpito civili israeliani, inclusi quelli che erano contrari a Netanyahu e favorevoli a un dialogo con i palestinesi. Questo massacro ha inevitabilmente scatenato una risposta violenta da parte di Israele.
Una risposta anche all'Onu?
Netanyahu manda segnali chiari: vuole che l'Unifil si ritiri dal Libano. Se insisterà nel colpire la missione ONU si arriverà probabilmente a un ritiro, almeno parziale. Sarà necessario vedere quali valutazioni politiche farà Israele su questa questione. Siamo in un momento in cui l'Europa subisce tutto, da Netanyahu a Hezbollah, passando per l'Iran e Hamas. L'Europa, come mediatore internazionale, è finita. Non siamo più capaci di dialogare, come dimostra la nostra incapacità di gestire il conflitto in Ucraina dopo l'uscita di scena della Merkel, e ora subiamo passivamente anche la guerra in Medio Oriente. Non esercitiamo nessuna moral suasion su Israele, che ha messo con le spalle al muro gli Stati Uniti e ora fa lo stesso con l'Europa.
Hai fatto un paragone con la Russia: Netanyahu come Putin?
Quale sarebbe il capo di Stato occidentale che può comportarsi come Netanyahu, e affamare e vedere morire di fame sotto le bombe migliaia di bambini e di donne? Putin lo fa a tratti, ma qui voglio sottolineare una cosa che spesso viene dimenticata. Putin e Netanyahu sono in ottimi rapporti, a tal punto che quando Israele bombardava la Siria o altri alleati della Russia, Mosca non ha mai protestato, al punto che Israele non ha nemmeno dato una pallottola a Zelensky, che tra l’altro è ebreo ma viene trattato da Netanyahu e dagli israeliani come un paria.
Il motivo?
Non gli interessa inimicarsi la Russia. Ci sono un milione e mezzo di persone di origine russa dentro Israele. Netanyahu è stato sei volte al Cremlino, quindi è inutile che ci giriamo attorno. Ci sono personaggi che usano la forza come metodo di risoluzione dei conflitti: noi li trattiamo in maniera diversa ma dovremmo trattarli allo stesso modo. Il fatto che non vengano mai imposte sanzioni verso Israele viene comunque osservato da tre quarti dell'umanità.
Nel frattempo anche la popolazione europea subisce la situazione, tra incertezze e rincari.
L'80% dell'opinione pubblica italiana non condivide la posizione sulle guerre del governo Meloni né della maggior parte dell'opposizione, che è altrettanto ambigua. Basti ricordare che l'attuale presidente era contro le sanzioni alla Russia. Poi c'è anche da dire che i nostri media principali non hanno più credibilità, e la popolazione non segue più nemmeno loro. Siamo davanti a una vera e propria liquidazione del panorama politico, ma anche di quello mediatico, oltre che di quello industriale. L'Italia è un paese trasformatore, da sempre privo di materie prime ed energia, ma oggi siamo davanti a una crisi di deindustrializzazione. Produciamo posti di lavoro solo nei servizi mentre perdiamo peso nel manifatturiero. Il nostro futuro si gioca sul turismo, ma questo non basta. Le nostre imprese medio-piccole sono ancora un'eccellenza, ma è evidente che stiamo vendendo i pezzi pregiati della nostra produzione. Stiamo perdendo il controllo economico e industriale del nostro Paese, e la situazione sembra destinata a peggiorare. Stiamo uscendo da tutto.
Ci salveranno gli investitori stranieri, tipo Blackrock o Elon Musk?
Blackrock e simili si prenderanno le proprietà delle aziende e ci faranno quel caz*o che gli pare. Questo è il primo punto. Il secondo è che noi non saremo mai più al centro del processo produttivo, che sia per le automobili, la meccanica o altro. Finiremo per subire il peso della filiera produttiva. Diventeremo un paese di assemblatori come la Spagna dopo Franco, però la Spagna non aveva il nostro tessuto industriale. Noi siamo stati maestri nell'industria e ora siamo ridotti a questo. Tornando a Blackrock, pochi giorni fa c'è stato un incontro sulla ricostruzione dell'Ucraina. Non è uscita mezza riga sui giornali, e vi spiego il perché. Anzitutto, il 70-80% dei terreni agricoli in Ucraina è in mano a tre grandi multinazionali, tra cui Monsanto. Il porto di Odessa è di proprietà del porto di Amburgo, e la Blackrock è il capofila dell'eventuale ricostruzione dell'Ucraina. A noi se va bene faranno ricostruire il teatro di Mariupol. Comunque questa riunione si è risolta in una passerella della Blackrock che è venuta a dire agli imprenditori qual era il suo programma, e finita lì.
Cosa rimane all'Italia?
Forse il turismo, come dicevo. La moda? Sempre meno. Quando Armani se ne va, finisce tutto. Tutto è stato delocalizzato: i marchi italiani sono stati comprati dai francesi, dagli americani, da tutti. Rimane forse solo Armani, Prada ormai si divide tra Italia e Svizzera, e anche in Fendi sono coinvolti tanti imprenditori stranieri. Siamo diventati un paese di trasformazione ma non controlliamo più nemmeno le nostre filiere di trasformazione.
Come tutto l'indotto automotive?
Esatto, e quando chiudi stabilimenti simbolo come Mirafiori, non è solo un problema industriale, ma sociale, di occupazione. E guarda come si dibattono i governanti italiani nel cercare delle sponde economico-finanziarie da Elon Musk o da BlackRock, sperando di trovare qualcuno che si compri qualcosa di guidato dal signor Elkann. L'altro giorno hanno mandato Tavares, faceva ridere. Ma c’è una questione che voglio sottolineare: si sente sempre parlare di produttività, ma quando lo si fa ci si dimentica sempre di mettere sul banco la figura dell’operaio, del lavoratore. E non credo che un operaio italiano sia meno bravo di un polacco, di un serbo, di un brasiliano. Il problema è che un kWh costa negli USA 1,5 euro, in Italia ne costa 7. Diventa sempre meno attraente per tutti restare qui in Italia. Il presidente della Camera di Commercio Italo-Tedesca, Gatti, mi dice sempre che ogni anno porta via 100-150 ingegneri del Politecnico di Milano per lavorare in Germania. I nostri ingegneri non restano più qui.
Altrove ci sono più prospettive?
E paghe migliori. In Italia c'è stato uno dei più grandi "brain drain" del mondo. Un professore universitario che conosco, a 60 anni, ha accettato una proposta da un'università americana che non poteva rifiutare. Qui in Italia si rimane solo per attaccamento agli affetti, alla famiglia, il sole, il mare e tutto il resto, ma dal punto di vista razionale non ha più senso restare.
Il governo sta provando a riportare indietro i cervelli con gli incentivi fiscali, ma è sufficiente?
Funziona, ma non è risolutivo. Qui abbiamo un sistema che non si può più sostenere. Prendiamo la Sanità: so che stanno portando medici dall'estero, addirittura da Israele, per tenere aperto un ospedale della Val Bormida. In alcune aree chiudono interi ospedali. Stiamo tagliando servizi essenziali per risparmiare, ma a che costo? Molti ospedali sono a rischio chiusura.
Si spinge sempre di più verso la privatizzazione?
Oggi un medico che va nel privato guadagna molto di più, senza doversi nemmeno trasferire lontano da casa. Un mio amico esamina Tac da casa e lavora per alcuni ospedali in Norvegia, guadagnando molto di più di quanto farebbe qui. Basta guardare le cifre: la Francia stanzia 60 miliardi per la sanità, noi riusciamo a malapena a raggiungere i 25 miliardi. Il nostro stato è povero. Non capisco perché i partiti vogliono governare un paese in queste condizioni. Ma chi glielo fa fare?
Perché la politica è ancora un ottimo mestiere?
Ok, ma è una prospettiva a corto raggio. Con il debito pubblico che abbiamo, siamo messi male. Abbiamo persino chiamato BlackRock perché ci compri i titoli di Stato. Sentiamo ancora parlare di eccellenze italiane solo per tirarci su il morale. Ma guardiamo la realtà: stiamo spendendo milioni per i centri in Albania per migranti, soldi che potrebbero essere spesi meglio. E nel frattempo non chiediamo niente all'Europa: Erdogan si fa dare miliardi dall'Europa per i rifugiati, mentre noi siamo qui a chiedere spiccioli. Manca la capacità di farsi valere a livello internazionale. Erdogan si porta a casa 6 miliardi di euro, e noi non riusciamo nemmeno a ottenere il minimo indispensabile per gestire i migranti.
A proposito di Albania, cosa pensa dell’hotspot?
Mentre elemosiniamo soldi col cappello in mano da Blackrock andiamo a buttare 800 milioni per fare il lager in Albania. Però su questo punto, io che lavoro per un giornale di sinistra come il Manifesto, ti dico una cosa di destra. Quanto mi è costato il viaggio da Lampedusa a Shengjin e tutto il resto? Quanto mi sono costati questi 16 migranti sulla nave militare? Si faceva prima a dargli un assegno di 30.000 euro: lo prendete, vi accompagniamo al vostro paese e amici come prima.
Ma così ci guadagnano tutti, compresi Meloni e Rama. Noi ne abbiamo parlato in seguito al filmato sulla Trattoria Meloni.
Edi Rama lo conosco da metà degli anni novanta, è stato anche mio traduttore una volta, per due o tre giorni. Era, ed è, un uomo furbissimo. Ha capito che poteva mungere la vacca Italia. Ha fatto gli interessi suoi e del suo paese. Porta a casa dei soldi che noi gli diamo. La Trattoria Meloni mi ha fatto pensare al Circolo Berlusconi, ma sul giro di affari che c'è dietro a tutto il protocollo Italia-Albania che dire, è un classico. Io sono stato tanto tempo in Albania, negli anni Novanta. Gli albanesi sono lì che stanno ad aspettare solo noi e la nostra dabbenaggine. Loro ormai non sono più migranti classici, ormai l'Albania si sta occidentalizzando, con tutto quello che ne consegue.
Hai qualche aneddoto su Rama, visto che lo hai conosciuto?
Lui è un pittore, ogni tanto viene in Italia in veste non ufficiale, è stato anche alla Biennale di Venezia. Comunque è stato molto bravo a crearsi tante relazioni internazionali in questi anni. Parla un ottimo inglese, e l'italiano ovviamente. Ha saputo creare un tessuto di relazioni internazionali che il paese prima non aveva, o che comunque aveva in maniera molto subordinata, e lui è riuscito, ha giocato con la Turchia di Erdogan, ha giocato con la Germania, con l'Italia, con gli Stati Uniti. È uno che se la cava molto bene.
E intanto la politica italiana non riesce a vedere oltre la campagna elettorale.
Sì, è tragico. Magari è brutto da dire, ma io spero che un giorno rinasca la Democrazia Cristiana. Loro almeno sapevano come tenere in piedi la baracca. Prendi l'esempio dell'accordo sulla cyber-security di cui parlavo all'inizio. Lo ripeto perché è una questione a cui tengo, e che solo io ho affrontato in Italia. La stessa cosa la stava facendo Renzi nel 2016, con una società israeliana ma con sede in Lussemburgo, di proprietà di un ex del Mossad. Infatti adesso Renzi è durissimo con la Meloni, perché ha sottoscritto un accordo che avrebbe voluto firmare lui.
E come mai era saltato?
Glielo avevano fatto saltare perché non volevano legarsi mani e piedi a una società israeliana che non si conosceva, e che poteva spiarci in qualsiasi momento. Adesso invece è tutto possibile.