Ci sono ancora misteri da chiarire sulla morte di David Rossi, responsabile della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena che il 16 marzo 2013 è precipitato dalla finestra del suo ufficio a Rocca Salimbeni? Per Raffaele Aschieri, autore di “Cronaca di un suicidio (annunciato)”, assolutamente no.
Quel che si sa per certo è che il 19 febbraio la guardia di finanza, su ordine della Procura di Siena, aveva perquisito l’ufficio e l’abitazione di Rossi nell'ambito di un'indagine sull'acquisizione della Banca Antonveneta. Poco meno di un mese dopo, Rossi fini giù dalla finestra del suo ufficio e poco dopo morì. La Procura senese aprì un fascicolo ipotizzando come atto dovuto quello di istigazione al suicidio, in modo da poter compiere le indagini. Il caso fu archiviato dalla magistratura come suicidio. Alcuni elementi hanno portato successivamente alla riapertura delle indagini, ma anche in quel caso c’era stata l’archiviazione. Ciononostante, la famiglia di Rossi non si è mai arresa. Nel frattempo soprattutto “Le Iene” hanno dato molto risalto alla vicenda. Anche a livello internazionale c’è chi se n’è occupato, con un discusso scoop-non scoop video del New York Post in cui si vede la caduta di Rossi e poi due persone che si avvicinano apparentemente senza prestargli soccorso. Persone che in realtà sarebbero già state identificate come l’amico Giancarlo Filippone, allertato dalla moglie di Rossi, e Bernardo Mingrone di Mps, colui che avvisò il 118.
“Quel video – il commento di Ascheri durante la presentazione del suo volume edito da Cantagalli – a mio modo di vedere fu molto scorretto e fu un esempio della spregiudicatezza della campagna che sostiene la tesi dell’omicidio. Filippone era un amico di lunghissima data di Rossi e viene additato come una persona che quantomeno ha qualcosa da nascondere, perché non si è strappato i capelli davanti all’amico morto. Questo è un esempio tipico di manipolazione indiretta dal punto di vista mediatico. Quando è stato riproposto centinaia di volte quel video, nessuno si è premurato di dire che Filippone aveva già visto, perché lui è uno dei tre che si affacciano alla finestra e dalla finestra purtroppo vede l’amico immaginando che sia morto. E ancora ci sono interviste in cui si dice che Filippone ha qualcosa da nascondere. E queste campagne, in questo caso assolutamente infondate, hanno contribuito a indebolire la magistratura. E questo credo che a molti parlamentari non possa che fare piacere”.
A seguito dell'archiviazione delle indagini, nel 2020 la Procura di Genova ha aperto un'inchiesta sui magistrati che si erano occupati del caso per accertarne il corretto adempimento delle attività. Un'indagine a sua volta archiviata.
Non è finita, però, perché a maggio di quest’anno sul caso Rossi è partita una commissione d’inchiesta parlamentare: “Si possono fare tante ipotesi – ha detto nei giorni scorsi il procuratore capo di Siena, Salvatore Vitello, secondo quanto riportato dal Corriere – ma il dato che emerge per quello che rileva sul piano probatorio è il seguente: dai sopralluoghi vi è la totale assenza di indizi violenti che si sarebbero trovati se Rossi avesse dovuto difendersi da una aggressione, se avesse ingaggiato una lotta, se fosse scappato da qualcosa, trascinato con forza, non vi è nessun dato che lo rileva”. Secondo il magistrato, in quel periodo “gli stati emotivi di David Rossi erano molto preoccupanti. Cinque giorni prima del decesso aveva esternato in modo irrazionale la paura di essere arrestato, poi il 4 marzo ci sono le mail a Viola, con titolo «help», in cui manifesta l’intenzione di suicidarsi”. Vitello però sottolinea che Rossi nonostante la caduta si sarebbe potuto salvare: “Non c’erano lesioni che avevano attinto in maniera mortale la persona. Probabilmente se si fosse intervenuti in tempo si sarebbe salvato”. In effetti nel video si vede Rossi muoversi dopo essere finito a terra, almeno per qualche istante.
Il libro di Ascheri: “Contro l’informazione unilaterale”
“Credo che alcuni leggendo il libro – le parole di Ascheri – potranno cambiare idea rispetto a un’idea pregressa. Credo che si facesse un sondaggio a livello nazionale il 90% delle persone intervistate direbbero di avere forti dubbi e di propendere per l’omicidio poi coperto dal «suicidato». Perché purtroppo c’è stata un’informazione unilaterale a livello mediatico, in particolare con quella che definisco la grande offensiva nazionale dell’ottobre 2017 a livello crossmediale (quindi libri, trasmissioni televisive, articoli su importanti quotidiani). È passata una linea che è stata assolutamente prevalente secondo la quale le indagini sarebbero state fatte malissimo da pm sostanzialmente incompetenti (se non peggio) e che quindi tutto è stato un grande complotto per coprire un omicidio. Spero con questo libro di far venire perlomeno qualche igienico dubbio, perché la narrazione messa in campo in particolare dal 2017 ha volutamente (credo si possa dire) oscurato tutta una serie di cose, come la documentazione sulla situazione devastante di David Rossi. Oltre al libro, le querele fatte dai magistrati accusati credo porteranno alla luce numerosi elementi”.
“Finora la narrazione complottista ha vinto. Anche a livello politico”
Secondo l’autore di “Cronaca di un suicidio (annunciato)”, dal punto di vista mediatico la narrazione dietrologica ha vinto: “E ha vinto anche dal punto di vista politico, perché altrimenti non si sarebbe arrivati a questa a mio modo di vedere incredibile commissione parlamentare monocamerale di inchiesta che, votata all’unanimità nel marzo scorso, ha portato già alcuni testimoni a essere ascoltati. Una commissione, lo dico con il massimo rispetto istituzionale, che secondo me in gran parte dei suoi componenti non conosce le carte. La commissione ha ampi poteri e ciò rende il tutto particolarmente inquietante, perché credo che se i componenti avessero almeno letto i fogli principali questa commissione non sarebbe mai nata. Se dopo la pausa estiva il presidente della commissione volesse sentirmi ovviamente non sarò certo io a tirarmi indietro, così come in questo mese di luglio sono previste tre audizioni di tre giornalisti che si sono occupati a vario titolo di questo fatto”.
“Evidenze schiaccianti a favore della tesi del suicidio”
Per Ascheri, come per la magistratura, si è trattato di un suicidio: “Ovviamente fino a prova del contrario, ma le prove del contrario non sono quelle portate dal pool di specialisti che ha agito sotto sollecitazione della famiglia. Questo caso Rossi non aveva alcuna ragione di essere, perché purtroppo si tratta solo di una tragedia personale. Tutte le possibilità alternative, a modo di vedere mio ma anche dei giudici, vengono poi a infrangersi contro la logica. Con il senno di poi sicuramente in primo grado si sarebbe potuto fare di più (come la storia dei fazzolettini macchiati di sangue che si sarebbero potuti analizzare), ma lo diciamo ex post, dopo. La narrazione mediatica ha atomizzato e dato il massimo clamore possibile a queste presunte mancanze e lacune dei pm, ma ha completamente sorvolato su tutta una serie di altre cose che invece sono evidenze schiaccianti a favore della tesi suicidaria, che va sempre vista nel contesto. Non essendoci un assassino, si sa che seminando dubbi i dubbi resteranno e alimenteranno questa narrazione del complotto, sapendo che dal punto di vista delle responsabilità del singolo non ci sarà mai nessuno che dirà il contrario. Ma il metodo giudiziario seguito è del tutto scorretto e infatti sono arrivate tre pronunciamenti sfavorevoli alla tesi omicidiaria e francamente non vedo come possa esserci un futuro, anche se ovviamente la famiglia continuerà a cercare e a tentare”.
“Versioni contraddittorie da parte della famiglia”
A proposito di famiglia, per l’autore del libro “dalla documentazione e dai fatti viene fuori purtroppo per qualcuno in maniera implacabile che alcuni esponenti della famiglia Rossi hanno prima detto una cosa e poi hanno detto una cosa altra. Lo dico con amarezza, perché credo non faccia piacere a nessuno, però se si va a guardare la documentazione questo è. E non si venga a dire che si è cambiato idea, perché tutti noi cambiamo idea sulla politica, sulla religione, su tante cose. Ma qui non si tratta di cambiare idea, qui si tratta di avere detto su un singolo fatto, per esempio nel 2013, una cosa X e poi di avere in successivi momenti, interviste facilmente rintracciabili, avere detto Y. Questo non è cambiare idea, è cambiare versione. E io credo che questi cambiamenti di versione, una volta finita la fase degli insulti e delle offese nei confronti di chi ha scritto il libro, forse andrebbero chiariti. Perché nel momento in cui ci si pone su un piedistallo a pretendere giustamente la verità e la giustizia, se c’è qualcosa di ambiguo dall’altra parte bisogna pretendere giustizia anche in questo senso. Emergono delle incongruenze tra il 2013 e gli anni successivi, ma emergono anche versioni differenti su fatti fondamentali, passaggi cruciali anche all’interno della stessa cerchia familiare: questo è evidente ed è documentabile. Quindi per il principio di contraddizione c’è qualcosa che non torna”.
“Avevo attaccato Rossi quando era potente, ma nei suoi confronti massima pietas. E probabilmente poco prima del suicidio ha esitato”
Ascheri ha ammesso di non aver avuto simpatia personale per David Rossi “quando era in vita e ben potente. Nel mio blog l’avevo attaccato spesso, era reciproca ovviamente la mancanza di simpatia e di amicizia, ma questo non impedisce che ci sia il massimo della genuina pietas da parte mia verso una persona che è morta troppo presto e in modo particolarmente drammatico, perché non tutti i suicidi sono uguali e non so se si sarebbe potuto salvare, ma è probabile che lui (e questa è la dinamica del suicidio con esitazione) nell’ultimissimo momento della vita, come succede spesso (la letteratura scientifica lo dice, c’è una casistica in questo senso), abbia ripensato a quello che stava per fare e abbia cercato invece una soluzione diversa, ma era troppo tardi. Questa è una cosa che non è provata ma che è provata nella letteratura scientifica statisticamente per i suicidi con esitazione. Però nel libro non c’è assolutamente alcun attacco alla figura di David Rossi, con il quale ho polemizzato e che ho criticato duramente come piace fare a me quando una persona non solo è viva ma è anche nel pieno della sua potenza. E lui era una persona potente. Le uniche cose che scrivo di lui da questo punto di vista sono che anche lì nella narrazione che è venuta dopo è stata portata avanti una immagine che oggettivamente non è nei fatti. Per esempio il legame amicale con Giuseppe Mussari era un legame forte, invece c’è chi ha cercato di negarlo o di sminuirlo in modo completo e abbastanza clamoroso”.
Gli elementi oscuri: l’orologio e i fazzolettini
Uno dei misteri riguarda l’orologio di Rossi, ritrovato a terra, con le lancette ferme a circa mezz’ora dopo la caduta. E nel video di sorveglianza più o meno a quel punto temporale si vedrebbe un bagliore che secondo la tesi “complottista” sarebbe l’orologio rimasto in ufficio che sarebbe stato lanciato giù in seguito da qualcuno (a sostegno della tesi della collutazione anche le ferite sui polsi di Rossi, con il segno del quadrante del cronografo che potrebbe essere compatibile con uno strappo violento dell’orologio dal braccio piuttosto che con la caduta). “È molto suggestiva questa storia – il commento di Ascheri – ma vorrei sapere quali sono gli assassini che ammazzano una persona, restano 20-25 minuti dentro la stanza dell’omicidio e chissà perché poi buttano giù l’orologio della vittima”.
L’autore torna poi sulla questione dei fazzolettini macchiati di sangue: “Sicuramente con un’ottica ex post sarebbe stato molto facile analizzarli per vedere a chi apparteneva il sangue. Però non essendoci stato nessuno all’interno della stanza, come emerso da tutti i passaggi, il sangue non può che essere di David Rossi. Ma dipende dall’impostazione della prima inchiesta che era orientata verso il suicidio. E meno male, perché erano così tante le evidenze in quel senso che io veramente avrei dubitato dell’integrità dei pm se avessero pensato ad altro”.
“Sfido chiunque a trovare un suicidio più annunciato di questo”
Per Ascheri “ci sono delle cose insuperabili. Oltre ai fazzolettini c’erano anche dei cerotti. Parliamo di quelli, o parliamo delle lettere suicidarie. Sfido chiunque a trovare un suicidio di una persona importante più annunciato di questo. Non esiste nella cronaca degli ultimi decenni un suicidio più annunciato di questo. Ci sono tutti gli elementi e le circostanze, comprese quelle iniziali date dalla famiglia, e il contesto psicologico in un suicida credo abbia una sua decisiva cogenza. Non esiste una testimonianza in senso contrario, comprese quelle della famiglia all’inizio: David Rossi non era più David Rossi. C’è la questione appunto delle ferite autoinferte, su cui ovviamente si è cercato di fare una mezza marcia indietro, documentate dalla famiglia 24 ore prima del suicidio. Sfido chiunque a trovare una situazione in cui un suicida viene sentito per due ore, non cinque minuti, da una persona comunque esperta di psicologia come la dottoressa Ciani, che è quella con cui parlò per due ore la mattina del 6 marzo 2013, e il quadro che viene dato dalla dottoressa Ciani è un quadro purtroppo di una persona psicologicamente devastata, che sentiva imminente la tragedia: dice delle cose che più chiare e apodittiche di queste non è possibile. E questa parte è stata espunta. In televisione la dottoressa Ciani chi la conosce? Chi ha visto la dottoressa Ciani in faccia? Nessuno, perché avrebbe dovuto dire quello che ha messo a verbale”.