Il Giubileo è come il Natale, quando arriva arriva. Per la chiesa cattolica l’anno giubilare è l'anno della remissione dei peccati, della riconciliazione, della conversione e della penitenza sacramentale. In questo gran ripetere il termine come se fosse un destino collettivo al quale niuno può sottrarsi, “er Giubbileo” ha condizionato i romani, vessati dai cantieri del sindaco Gualtieri, impegnato con le inaugurazioni di piazze e sottopassi come mai prima d’ora, ha deluso i pronostici delle strutture ricettive, i tassinari e pure i ristoranti. Roma non è deserta ma quasi, per quanto a noi, che nell’Urbe ci risiediamo e che nel dna abbiamo robore imperatoris a pacchi, non ci sarebbe cambiato comunque un bel niente; ci siamo abituati. Tra l’altro ci siamo giustamente detti “che fai qui da solo, in due più azzurro è il tuo volo” e siccome siamo anche grandi fan del peccato di gola, siamo andati a pentirci in Prati al ristorante di Renato Zero, o meglio di suo figlio Roberto Fiacchini. Camminando adagio adagio sotto al Palazzaccio guardato amorevolmente a vista da Camillo Benso in bronzea effigie, abbiamo aperto un’altra porta santa, con rispetto parlando, ma anche squisitamente profana: quella di Casamatta. Senza indugio abbiamo dato fiato allo jobel, il corno di montone di tradizione ebraica all’origine della parola Giubileo che annunciava le cerimonie sacre e intonato l’inno dei sorcini ‘Resisti! Fammi sentire che esisti’.
![I calamari fritti del ristorante Casamatta](https://crm-img.stcrm.it/images/42532902/2000x/20250218-153146372-3471.jpg)
![Lo sformato con crema di patate e porri](https://crm-img.stcrm.it/images/42532916/2000x/20250218-153316807-1147.jpg)
![https://mowmag.com/?nl=1](https://crm-img.stcrm.it/images/42532922/2000x/20250212-172126693-2619.jpg)
Quante volte abbiamo guardato il cielo? Troppe, ma questa sera la pioggia di gennaio scompare per lasciare il posto ad un tuffo negli anni Ottanta in chiave futuristica, ed è subito nella mente Zerolandia, i bei locali, Manuel Fantoni, il Piper, le palle strobo, l’arte metafisica e le spalline azzimate, con Roberto che accoglie spesso i clienti in questa bellissima sala Lgbtq+ friendly, come è specificato sul sito. Abbiamo idea che qui si mangi e pure sul serio e dal menù scegliamo i calamari fritti con mayo al lime e il tortino di spinaci con crema di porro e patate, filetto di spigola al forno con patate julienne e pomodorini e pollo alla cacciatora. Al tavolo accanto una coppia formata da una gentil dama ed il suo commensale succhiano con vigore la fettuccina Alfredo decantandone la burrosità; lei festeggia il compleanno e noi ci uniamo al coro di auguri. È così che acquisiamo dettagli sul raduno di fan avvenuto nella ridente location di Anagnina nei giorni scorsi. “Una Signora si è spogliata mostrandomi Renato tatuato sul braccio e sulla pancia, un ragazzo grosso come un armadio a muro ha espresso la sua disperazione, qualora Renato dovesse morì si ammazzerebbe pure lui”, spiega il garçon servendoci i fritti con il flan di spinaci. Renato si ama, chiosiamo ingollando i cefalopodi dorati avvolti nella crema di uovo al lime che ci porta in alto e ancora su, fino a sfiorare Dio – cit. Questa crema di patate e porro merita la scarpetta, insieme allo sformato dalla smeraldina sontuosa sofficità, sormontato dalla sua Spada nella Roccia di speck croccante e noi siamo Artù che fieri la estraiamo urlando Excalibur, o una roba così. La spigola acquattata sotto ettogrammi di minuscole patate chips, olive e datterini ci sorprende, ha qualcosa di classico, rassicurante come la nostra adolescenza ballata a suon di lacca e permanente ma calda e attuale come questa sala, come Renato e distrutto l’ambaradan che lo ricopre, il branzino si fa apprezzare. Il pollo alla cacciatora giunge tenero e affogato nella sua blanquette al rosmarino, reclama mezza pagnotta per sfinirlo come merita e siccome noi il triangolo lo abbiamo considerato eccome, ci spariamo accanto pure la parmigiana di melanzane, manco fosse luglio, nella sua azzurrità. Una nota di demerito per il crème caramel, in una carta di dolci eccelsa, presentato sull’onta di un piattino sfregiato come la zanna dell’elefantino del Bernini in Piazza della Minerva, ma noi, che con la nostra leggendaria faccia come il culo incontrammo Renato sotto casa nostra intento a mangiare un panino e ci facemmo piccoli piccoli per rispetto, tanto che se ci disse piano “te vojo bene Nì”, daremmo in baratto un pezzo de core per lui. Gentilezza estrema, professionalità e senso di casa abbiamo trovato da Casamatta di Roberto Fiacchini, con una ottima cucina alla quale diamo 10 pieno, con la promessa di tornare. Proprio qui fuori c’è l’ex Hotel Cicerone appartenuto a Franco Sensi, che dovette venderselo per comprare Batistuta e vincere lo scudetto della Maggica del 2001. Ma non canteremo stasera “Maciniamo chilometri, superiamo gli ostacoli con la Roma in fondo al cuor”, piuttosto rivolgeremo il canto di speme che l’inverno passerà, tra la noia e le piogge, finché ci siano presto, e ancora, nuove Spiagge.
![La spigola del ristorante Casamatta](https://crm-img.stcrm.it/images/42532908/2000x/20250218-153217496-9334.jpg)
![https://mowmag.com/?nl=1](https://crm-img.stcrm.it/images/42532934/2000x/20250212-172126693-2619.jpg)