Se da giorni tengono banco molte polemiche legate al settore della ristorazione, in particolare nella pasticceria, non potevamo non contattare Ernst Knam, che ha accettato di risponderci mentre, con la moglie Alessandra, si trovava in un momento di relax in Alto Adige. Uno dei maître chocolatier più famosi d’Italia (e anche del mondo), con il tono della voce come quello che usa quando bacchetta i concorrenti di Bake Off Italia sulla perfezione del ricamo di una torta, al quale si aggiunge l'accento teutonico e il carisma di chi parla con alle spalle una lunga esperienza, ci ha detto la sua su tutti i temi caldi che ruotano intorno all'ambiente del food: dalle chiacchiere di Iginio Massari a 100 euro al chilo a molto altro. E ci ha svelato il segreto rispetto a risottatura e mantecatura...

Knam, in televisione cucinano tutti da almeno 15 anni. Come mai prosegue questo assedio culinario al piccolo schermo?
Non è vero che cucinano tutti, non basterebbero i canali che abbiamo se cucinassero tutti. Il picco più alto in quanto a programmi culinari c’è stato 7-8 anni fa. Ora la cosa sta regredendo. Poi tutti cucinano perché dobbiamo mangiare, dobbiamo nutrirci. A cominciare dalla colazione per arrivare fino alla cena.
Ma 20 anni fa non ci nutrivamo lo stesso senza programmi di cucina?
Anche prima cucinavano tutti, solo che adesso fare lo chef fa figo. Prima il cuoco non era così considerato. La gente pensa questo, che fare il cuoco sia figo, ma tanti dimenticano che è un duro lavoro. Perché lavoriamo in piedi, lavoriamo quando gli altri sono liberi, quando a pranzo o a cena in un ristorante arrivano tutti nello stesso momento, c'è uno stress che si può tagliare come una fetta di torta. È diverso cucinare a casa o in un laboratorio. In tanti, quando hanno visto Masterchef o Bake Off, hanno detto: "Vogliamo diventare Carlo Cracco o Antonino Cannavacciolo". Tutte le scuole erano invase dalle "nuove promesse" della cucina, ma quando poi sono stati buttati in una cucina vera in tanti sono scappati.
Quindi il lavoro di cuoco e poi di chef è stressante, non è solo una leggenda?
È stressante quando uno non sa compensare lo stress. Io penso che in ogni mestiere, quando lo si fa ad un certo livello, sopraggiunga sicuramente la fatica, Ci sono quelli che corrono, quelli che fanno sport, ognuno compensa lo stress a suo modo. Io ho sempre visto lo stress come una cosa positiva, da tradurre in energia produttiva. Al mattino non vado a lavorare, ma a divertirmi. Qualsiasi lavoro che si fa deve essere una passione, così lo facciamo molto meglio.
Da dove è scaturita questa passione che l’ha portata dove è ora?
Quando ho deciso di intraprendere questo mestiere, ovviamente, mi sono posto un obiettivo. Il mio scopo era avere un mio negozio e fare tutto ai massimi livelli, ma anche se avessi scelto di fare il muratore o il fioraio sarebbe stata la stessa cosa. Certo, con la pasticceria il percorso è un po’ diverso. Ho girato il mondo e da ogni posto in cui ho lavorato ho preso il meglio per creare la mia nicchia. Per esempio 33 anni fa, a Pasqua facciamo 33 anni, ho aperto la pasticceria senza mignon che in Italia, a Milano, era qualcosa di considerato impossibile. La gente all'inizio era un po' perplessa, perché c’era tutto tranne brioche e mignon, alla fine sono 33 anni che mangiano la colomba e il panettone.
Qual è stato il segreto?
Io devo fare cose che piacciono alla gente, perché devo vendere, e anche se amo così tanto questo lavoro è vero che comunque è sempre un'attività commerciale che deve creare utile. Questo è importante non dimenticarlo. Oggi il dolce è diventato un lusso, perché i prezzi sono aumentati ma gli stipendi sono rimasti uguali. Non è facile, per questo proviamo ad essere appetibili, in modo che la gente venga in negozio e assaggi le nostre cose.

A proposito di lusso, le chiacchiere di carnevale di Iginio Massari a 100 euro al chilo costano troppo?
Ognuno fa i conti a casa sua e ogni pasticcere ha il suo ricarico, che pensa vada bene per sopravvivere. Noi abbiamo la nostra attività e non guardiamo gli altri, perché io devo fare il meglio per noi. Cosa fanno gli altri in casa loro sono problemi loro, non nostri.
Quanto costano al chilo le sue chiacchiere?
50 al chilo.
Quindi 100 euro sono troppi? È esattamente il doppio...
Non è troppo, è stato un geniale coup di marketing. Per una settimana tutta l'Italia ha parlato di questo. Quindi è stato geniale, direi chapeau! Però sono anche d'accordo con Guido Mori e Valerio Visintin, che avete intervistato. E poi sono sicuramente super buone, perché Iginio è un grande maestro.
Massari si è difeso sostenendo che c'è differenza tra "costoso" e "caro". È così?
Io sono tedesco, non capisco bene l’italiano... (ride).

Come in tutti i campi, anche nelle cucine sta arrivando l'intelligenza artificiale. Tra i primi a introdurla in questi giorni è Carlo Cracco. Un vantaggio, ma anche un pericolo?
Sarà più un danno che un aiuto se mettiamo il nostro cervello in frigorifero. Io vorrei creare cose con il mio palato, con quello che ho imparato, con tutte le esperienze che ho fatto. Sicuramente, in certi mestieri l’intelligenza artificiale può anche funzionare, ma per quanto riguarda il mio sono contrario. E sono anche vecchio, quindi un po' all'antica.
Quindi sempre meglio la creatività umana dell'intelligenza artificiale?
Molto, direi di sì. Perché penso di essere già abbastanza intelligente, quindi non la userò. Non so poi se toglierà posti di lavoro, non ho mai pensato all'intelligenza artificiale, per cui non commentare cose che non conosco.
La cucina del lusso, il cosiddetto "fine dining", è al tramonto?
Ho lavorato sempre nella cucina "fine dining", ma ovviamente all'epoca era diverso. Il problema è che la Michelin dovrebbe fare una cosa bellissima, dare cioè le stelle alle attività commerciali di ristorazione che stanno in piedi senza sponsor o che non abbiano dietro alberghi di lusso. Attività che riescono a pagare i loro dipendenti e i fornitori e guadagnano davvero. Questa è una ristorazione sana. Così cominciamo a vedere veramente chi ha le stelle. Ma come la Michelin, come il tennis, come tutto il resto, tutto è purtroppo governato dai soldi, dal potere e dalla politica. Equesta è una cosa che non mi piace.
Infatti tanti ristoranti di "fine dining" chiudono perché non sono sostenibili.
Sicuramente tutti i ristoranti recensiti dalla Michelin hanno qualità. Io ho lavorato tre anni con Gualtiero Marchesi, mi insegnava la semplicità per arrivare al pubblico. Tante volte vai al ristorante e vedi un bellissimo piatto, lo guardi, lo mangi e dici che era bello immaginandolo e poi guardandolo, ma mangiare per me è un'altra cosa. Bastano tre ingredienti per un fantastico piatto. L’Italia insegna, il piatto più difficile è lo spaghetto al pomodoro.
Insomma, ci sono dei giochi di potere dietro le stelle Michelin?
Non potere, conoscenze. Sì, sicuramente.
Quindi i ristoranti più di moda o che costano troppo sono in declino?
Cosa è costoso e cosa è lussuoso? Sicuramente il "fine dining" non è per tutti. Una bottiglia di vino che costa 800 euro non è per tutti, lo sappiamo. Se guardiamo bene, la Michelin cosa produce? Cosa fa? Gomme. La guida è nata per consumare gomme. Se ci si fa caso, tantissimi ristoranti stellati sono in campagna, dove per andarci bisogna consumare le gomme, andare con la macchina. Questo era lo scopo, per cui ci sono più ristoranti stellati fuori dalla città che in città. Sicuramente, se io potessi scegliere tra l’aprire un ristorante stellato a Milano oppure sulle Dolomiti o in campagna, preferirei la natura, perché lì farei anche una scelta di vita. Io voglio vivere bene, a me piace la natura, sono del Lago di Costanza. Milano sicuramente ha il view pubblico. Di certo il mercato più ampio. Ma Norbert Niederkoffler ha mostrato come con Cook the Mountain possiamo fare un ristorante tre stelle con tutti i prodotti che abbiamo in montagna. Lei che è andata a mangiare nei ristoranti di Niederkoffler, si è trovata bene?

Molto bene. Ma invece i food influencer sono il male, oppure hanno anche una loro dignità?
Faccio una controdomanda: quanti tennisti ci sono? Moltissimi. Quanti di loro sono bravi? Pochi. Quanti food influencer ci sono? Tantissimi! Quelli bravi si contano sule dita di una mano. Molti lo fanno anche per mangiare gratis. Quindi bisogna saper riconoscere tra coloro che sono bravi e quelli che chiamano i ristoranti per mangiare gratis. Questo secondo aspetto non mi piace.
Cosa pensa dell’innovazione in cucina, come per esempio sta facendo Valerio Braschi con un cioccolatino aglio e olio?
Il cioccolatino è sicuramente interessante, perché anch'io ho fatto già il cioccolatino alla carbonara. Quindi va bene, ma non c'è niente di nuovo. Qui si chiama "food pairing". Tutto sta con tutto. Quello che predico a tutti i giovani è di imparare le materie prime, poi la tecnica arriva. Perché la materia prima, ogni materia prima, è performante. Dipende se la conosci. Se io vado in Ferrari e non so cos'è una Ferrari non riesco a tirare fuori il massimo. I giovani devono studiare le materie prime. Come si studiano? Mangiandole, annusandole, toccandole e capendole. È tutto lì. Io dico sempre che non c'è innovazione senza tradizione. Tutto è passato attraverso la tradizione, questo ci ha insegnato Adrien Ferrand. Lui ha imparato fino in fondo la cucina tradizionale e dopo l'ha fatta diventare quello che è diventata. Senza la tradizione non sarebbe mai arrivato alla cucina molecolare.
A furia di difendere la tradizione non si rischia di frenare l'innovazione?
Io penso che la tradizione sia la tradizione e vada mantenuta. Poi, ognuno, ovviamente a seconda delle proprie conoscenze e di come ha vissuto, può aggiungere ai piatti quello che vuole. Io dico sempre che se vado in un ristorante, apro il menu e non mi piace quello che c'è scritto e mangio lo stesso per criticarlo dopo, non va bene. Non ti piace? Ti alzi e te ne vai. Non puoi criticare una cosa che non ti va e poi la mangi lo stesso. Nessuno è obbligato a stare in un posto che non gli piace o mangiare un piatto perché sulla carbonara hanno messo i funghi.
Gli insetti cambieranno la cucina?
La tradizione non verrà mai abbattuta, ci sarà sempre. Io in questi cibi futuristici non ci credo. Ovviamente, anche io dico sempre di mangiare meno carne e più verdura, perché ci fa molto meglio, soprattutto meno carne rossa, che non fa benissimo. Ma ogni tanto ci vuole. Poi ammiro chi ha scelto di essere vegano, ma io non potrei. La scelta dell’alimentazione vegana, che sia condivisibile o no, è personale e ognuno deve pensare a cosa vuole per se stesso.
Una curiosità: la pasta si risotta oppure no? Ci sveli questo segreto...
Il risone o la fregola li risotto. Se cucino la pasta la manteco. Io in questo momento mi trovo con mia moglie Alessandra in una foresta con un metro di neve a destra e uno a sinistra, siamo a 5 gradi in Alto Adige. C'è un sole splendido, un cielo azzurro meraviglioso e mangiamo canederli e speck. E lei?
