Non sono mai stato un grande estimatore del wrestling, ma ricordo che quando ero giovanissimo, cioè nei primi anni in cui il wrestling ha fatto irruzione dentro la nostra tv commerciale, diventando in qualche modo parte del nostro immaginario, mi capitava a volte di seguirlo. Ricordo che, nella palese finzione degli incontri, le botte da orbi che non producevano né ferite né lividi, c’erano alcuni incontri che mi appassionavano più di altri, quelli cioè nei quali a menarsi, o a fingere di menarsi, erano parecchi atleti. Sì, una sorta di tutti contro tutti che, per logiche di spettacolo, diventavano di volta in volta articolate alleanze momentanee, nelle quali un comune nemico univa altri due nemici, coalizzati contro di lui, salvo poi dar vita a nuove dinamiche e nuovi equilibri, in una sorta di megarissa alla Bud Spencer e Terence Hill, quelle sì parte da sempre del nostro immaginario. Vorrei dire che ricordo di aver visto anche incontri del genere con wrestler donne come protagoniste, ma mentirei sapendo di mentire, a mia memoria, quindi per quel che riguarda il wrestling al suo ingresso in Italia, era faccenda solo per uomini. Siccome però sto andando ad allestire, è chiaro, un parallelo tra qualcosa che concerne il mondo della musica e il wrestling, è il mondo della musica quello di cui in genere mi occupo, ma nello specifico sto andando a parlare di qualcosa che riguarda le donne nel mondo della musica (mi sa che mi tocca mollare qui il wrestling) passando a parlare d’altro. Potrei, ma temo che sposterei l’attenzione su una certa morbosa attenzione, parlare delle lotte nel fango, quelle so per certo che riguardano prevalentemente le donne, anche se qui di fango c’è davvero poco, anzi, niente, quindi finirei davvero fuori tema. Quindi niente, alzo le mani, mi arrendo. Niente paragoni o metafore. È che nel mercato anglosassone, e quindi internazionale, ancora oggi, forse a parte l’Italia, quel che succede negli Usa e in Gran Bretagna ha una influenza notevole su buona parte dei mercati discografici mondiali, sta succedendo davvero qualcosa di anomalo, di mai visto prima. Da noi ci siamo abituati, da tempo, a questo mesto teatrino per cui chi sta per uscire con un disco che si suppone potrebbe ambire a occupare un posto di rilievo nella classifica di vendita, per una buffa questione si chiama ancora così, si accorda con i papabili competitor, per mezzo delle case discografiche, parlo dei papabili competitor che a loro volta stanno per uscire con un qualche lavoro che possa avere le medesime ambizioni, al fine di non andare mai a uno scontro diretto. Esco io questa settimana, tu esci tra due settimane, così almeno mi godo un paio di settimane in vetta, questo il sottotesto. Poi, certo, le nostre classifiche sono piene zeppe di vecchi album, lì da mesi, a volte da anni, quindi molto si gioca sull’immediato, lo streaming e gli ascolti bulimici a questo portano, ma in genere non succede mai che due dischi che potrebbero scontrarsi a sangue escano in contemporanea. In genere, a dirla tutta, i dischi che possono farsi male a vicenda escono proprio in periodi diversi dell’anno, così da stare alla larga dai pericoli.
Negli Usa e in Uk, oggi, e quindi nel mondo, invece, succede che quasi tutte le popstar di rilievo, parlo di quelle che fanno numeri pazzeschi, seguite da milioni di fan, e quindi di follower, che producono milioni, miliardi di streaming, si sono date appuntamento, date perché sono quasi tutte donne, e stanno uscendo una via l’altra, andando a creare una sorta di cartello di popstar, di confraternita che, essendo donne, è una consorellanza, in realtà. Quindi ecco che esce Ariana Grande con Eternal Sunshine. Ecco Shakira, con Las Mujeres Ya No Lloran. Quindi ecco Beyoncé con Act II: Cowboy Carter. E a seguire, ecco Taylor Swift con The Tortured Poets Departement. Ecco Dua Lipa con Radical Optimism. Ecco Billie Eilish con Hit Me Hard and Soft. A seguire arriveranno anche Lana Del Rey e Lady Gaga. In pratica, tranne forse Rihanna, toh, Sia, è come se tutte le artiste donne più rilevanti nel pop si fossero date appuntamento e avessero scelte come luogo d’incontro il mercato discografico, andando a scontrarsi l’una con l’altra, senza paura di farsi male, anzi, come a voler sottolineare come mai come oggi il pop sia prevalentemente abitato e gestito da loro. Un vero pantheon di artiste dai numeri pazzeschi, ma ovviamente prima ancora dal talento pazzesco, a portare una ventata d’aria nuova in un genere dai contorni talmente labili da poter ospitare al suo interno un po’ di tutto, dalla retromania anni Ottanta e Novanta, al country, passando per le influenze latine e quell’urban che mai come oggi sembra destinato a confermarsi come il genere del momento. Musica capace di dominare le classifiche, di attraversare indisturbate i confini, di farci ballare, emozionare, pensare, sognare, volendo anche di spingere a un abbattimento di quegli stereotipi che così tanto sembrano inossidabili. Certo, da noi sembra che un minimo spiraglio di cambiamento si possa quantomeno ipotizzare, dopo dieci anni di assenza una donna ha vinto il Festival di Sanremo, Angelina Mango con La noia, le classifiche sono state a lungo dominate da Annalisa, quattro singoli di fila arrivati al primo posto in classifica di vendita e radiofonica, altre donne stanno facendo molto bene nello streaming come nei live, penso a Elodie, indubbiamente, ma anche a Madame, ad Anna, a Rose Villain a Emma. La Top 10 è però in balìa di uomini, parlo delle classifiche di fine anno, e sono uomini quelli che poi riempiono gli stadi e le grandi arene. Unica arista che andrà a San Siro, Taylor Swift, la donna dei record, prima artista ad aver superato il miliardo di entrate con la sola musica, due miliardi e passa di dollari coi biglietti dell’Eras Tour. Che fosse l’ennesimo caso di aiuto da parte degli americani per salvarci dall’invasione, nello specifico della trap? Sperare, checché ne dicesse Mario Monicelli, sarà pure una trappola, ma aiuta a volte a vivere meglio.