Il mercato della fotografia è di fatto un predominio maschile. Esistono donne, tuttavia, come Monica Cordiviola che sono fotografe, professioniste, e ritraggono altre donne con la stessa carica erotica di un collega uomo. Il suo è un percorso “al contrario”: partita da un curioso rapporto con sé stessa, si risolve ed evolve nelle ragazze che fotografa, “le sue donne”. Cosi le piace chiamarle.
Nella fitta urbanità milanese dove ha piantato radici sette anni fa dalla Toscana, il suo genere è un continuo rimbalzo fra una sporcizia estetica che ti si sbatte in faccia senza limature e nudi che si riflettono su pavimenti vintage, specchi graffiati in post, bianchi e neri netti, rientrando comunque nelle linee del ritratto. Donne normali, lavoratrici, ma anche attrici conosciute come Martina Colombari o icone patinate quali Justine Mattera: tutte sotto gli stessi filtri con cui “sporca” i suoi scatti, storie di femmine valorose che si spogliano di corazze e di facciate, per mostrarsi ciò che sono.
La fotografia è un mondo fatto soprattutto di uomini. È per questo che ho dovuto spingere la mia merce come un caterpillar
Quando ha risposto alla mia video chiamata, immancabile nei suoi mega occhiali stile “Colazione da Tiffany”, piega e tonalizzante a posto, era decisamente in forma, come sempre. Monica ha 50 anni. Monica, a che età hai iniziato e da cosa è nata questa urgenza di fotografare? “Avevo 35 anni. So che è tardi, ma in verità l'interesse per la fotografia c'è stato da molto prima. Ricordo che mi piaceva collezionare foto di top model: le ritagliavo dai giornali e poi me le appendevo in camera. Quando però si trattava di me, finiva sempre che non mi piaceva come venivo in foto. Non capivo perché, eppure guardandomi allo specchio mi vedevo diversa, mi garbavo. Così, caso volle che un giorno vinsi una causa da 2000 euro per un incidente, e decisi di comprare la prima macchina fotografica: una semiprofessionale. Mi mettevo davanti allo specchio, così com'ero: timer, e via. Per un anno ho fatto solo questo, tutti i giorni". Insolita come cosa. Generalmente il processo è all'inverso: si parte dall'esterno per poi (forse) arrivare alla faccenda più nodosa, trovarsi faccia a faccia con la persona più difficile di sempre: noi stessi. "È vero! Me lo hanno fatto notare in molti. Sicuramente però da questo percorso ho capito una cosa: la differenza sta tutta in chi ti fotografa, se sa farlo nella maniera giusta. Poco dopo, infatti, sono passata a fotografare le mie amiche, poi le amiche delle amiche… nel giro di breve ero finita a passarci le notti su quel PC a lavorare scatti di modelle. Al che mio marito mi fa: scusa perché non ne fai il tuo lavoro?”. È stato difficile iniziare, data la forte concorrenza? "Nel mio percorso ho imparato prima di tutto a coltivare i rapporti interpersonali, fondamentali per me in questo settore. Essendo questo ancora un mondo fatto di uomini, ho spinto la mia merce come un caterpillar. Non ho MAI bussato alla porta di nessuno, e di questo non solo vado fiera ma posso dirlo a voce alta. La mia vita sociale si chiama lavoro e passione per le pubbliche relazioni. Purtroppo le malelingue quando è una donna a farsi largo nel mondo del marketing sono più frequenti, ma professionalmente, potete giurarci, sono libera”.
Produrre tante immagini inutili non porta mai a nulla di buono
Ci sono delle cose per cui pensi di distinguerti rispetto ai collegi uomini riguardo il tuo stile? “Il mio percorso interiore è servito decisamente perché faccio riflettere attraverso me stessa la parte sensuale di tutte donne. Quindi e un modo diverso da quello maschile per forza, perché è passato dal filtro di un confronto in prima persona. Prendo quello che neanche loro hanno notato di loro stesse e lo amplifico, proiettandoci il mio occhio sopra, che diventa la mia firma". Quindi riconduci sempre tutto a te. “Certo. Ovviamente punto sul loro lato dominante e lo faccio venire fuori col loro aspetto: non chiederei mai ad una donna più cazzuta di interpretare il ruolo del “piccolo fiore timido” e viceversa, sarebbe come tirare fuori il sangue da una rapa. Risulterebbe finto, poco credibile". E se il soggetto non è in linea con le tue corde? “Può succedere. A quel punto, specie se si tratta di lavori commissionati e magari reciprocamente non ci si “annusa” a genio, si lavora per portare intelligentemente il risultato a casa".
Monica è una donna piuttosto parca, il suo pragmatismo l'ha resa col tempo una pesca matura: ma tutte le pesche più buone nascondono al loro interno un nocciolo molto duro. Cosa che le è tornata utile quando si è trovata a lavorare direttamente con gli uomini, fotografando chef stellati di fama internazionale. Dalle modelle alla cucina dei migliori ristoranti: Come sei finita a fotografare gli chef? “Collaboro con una rivista di luxury food, ma per intenderci, non fotografo il cibo (che di per sé ha altre luci e una filosofia completamente diversi). Si tratta sempre di fotografare persone iconiche nei loro contesti lavorativi". Non solo donne insomma… “Quindi fotografo anche uomini, faccio loro ritratti. L'anno scorso ho fotografato Enrico Bartolini, poi Cracco… è sicuramente gratificante.” L'importanza del frequentare ambienti e coltivare contatti a Milano è un aspetto che non trascuri di certo. “Ma non parlo per forza di vernissage e feste dove stringere rapporti eh, non solo! Bisogna frequentare mostre, esposizioni, lectio magistralis ogni quando possibile: come si può pensare di esprimere dei contenuti senza prima essersi fatti un'idea del mondo e delle opere che altri più grandi hanno fatto prima di noi?” Consigliaci dei riferimenti: ad esempio un libro da leggere assolutamente. “Sulla Fotografia di Susan Sontag (donna intellettuale, per altro ultima compagna della celebre fotografa Annie Leibowitz). Poi La camera chiara di Roland Barthes (che è un saggista e non un fotografo). Fa una riflessione sulla fotografia e il rapporto che c'è fra realtà e immagine, una via di mezzo fra un libro storico e un saggio. Un bagaglio che non è solo tecnica ma un vero e proprio carico di nozioni. Con la tecnica si può essere abili quanto vogliamo e avere anche i migliori strumenti, ma senza contenuti, non si va proprio da nessuna parte. Per esempio io fotografo spesso con il cellulare, e quello che ne viene fuori mi piace comunque un casino".
Fotografo spesso con il cellulare e quello che ne viene fuori mi piace comunque un casino
Ricordo una chiacchierata con Monica di tempo fa, si parlava di bellezza nella naturalezza delle donne. Chissà se ha ancora questa idea di estetica, spoglia da artefizi… “Inizialmente fotografavo molto più nudo. Adesso le mie stesse donne tendo a coprirle: l'erotismo è nei dettagli, nei piccoli pezzi di pelle scoperta, è lì che si concentra la sensualità. Da più giovane tendevo a spogliarle. Ad oggi posso dire di avere iniziato a fare vera fotografia erotica cominciando a vestirle”. In pratica un gusto che si è affinato con l'esperienza e la crescita, sia fotografica che di vita. Ricordo che una volta te lo dissi, che il tuo stile stava trovando !a sua direzione. Adesso pare proprio che questa identità tu l'abbia raggiunta appieno. “È vero. Tempo fa andai a farmi leggere il portfolio da alcuni noti fotografi e la cosa che si notava era proprio questa: le foto erano belle, sì, ma non c'era la mia firma. Ho capito che trovare la propria identità è fondamentale: ora so dove vado, so quello che voglio, so come prendermelo. Nel lavoro a volte scherzano sulla mia fermezza nel dare le direttive: non so se c'è o meno un lato maschile in me. La verità è che ho trovato la mia direzione e sono decisa nel perseguirla: il mio carattere, unito all'esperienza fotografica, hanno formato in me questa consapevolezza. Produrre tante immagini inutili non porta mai a nulla di buono. L'ho imparato sulla mia pelle ed è esattamente ciò che tento di trasmettere a chiunque mi segue.” E direi che è sulla strada giusta.