Sono stati Marco Ferdico e Andrea Beretta a tirare dentro gli affari della curva Antonio Bellocco, rampollo della ‘ndrina di Rosarno. Il calabrese doveva impedire, grazie al suo peso criminale, che altri potessero avanzare pretese sulla Nord, orfana di Vittorio Boiocchi, ucciso il 29 ottobre del 2022. Questo almeno è quanto ha sostenuto Berro nelle conversazioni con i pm Paolo Storari e Sara Ombra. Poi, però, Bellocco aveva preso sempre più potere all’interno dei gruppi ultrà interisti, con Ferdico che si era messo dalla sua parte. “Marco aveva proposto a P. di fare l’azione nei miei confronti, gli aveva proposto 100mila euro”, dice Beretta, “Io P. l’avevo conosciuto come un bravo ragazzo s’era comportato bene, non aveva fatto niente lì in curva”. Ma la ‘ndrangheta, suggerisce ancora il pentito, voleva prendersi tutto, anche il suo negozio, We Are Milano, che si occupa del merchandising della Nord. Beretta però non cede: “Mio padre mi dice che sono fuori di testa: come fai a non esserti spaventato di questa situazione qua?”. Un uomo di cui non conosciamo il nome, B. nelle carte, informa l’ultrà del piano dei compagni: “Volevano portarmi in un posto, tipo farmi bere delle robe tipo nel caffè, delle gocce, io arrivavo a questa macchina… con questi, e tipo... perdevo tipo i sensi, mi tiravano, mi sotterravano e la mia macchina la portavano a Nizza, visto che noi siamo gemellati”. Il 4 settembre Beretta arriva preparato in palestra a Cernusco sul Naviglio e riesce a difendersi dal rivale, che aveva con sé una pistola: Berro uccide Bellocco con diverse coltellate.
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Altre novità in merito alla vicenda ultras, lato Milan, sono state analizzate da Massimo Giletti a Lo Stato delle cose. In particolare, l’inviato Silvio Schembri è di nuovo andato da Emis Killa, definito dagli investigatori come “uomo di fiducia del capo”, ovvero Luca Lucci: “È una situazione delicata”, ha detto subito il rapper, che ha preferito rinunciare a Sanremo per evitare di trasformare la competizione in “un circo mediatico”. Killa è indagato per associazione a delinquere. Sulle armi che sono state ritrovate in casa sua, invece, ha chiarito che sono “tutte acquistabili legalmente online”. I tirapugni sono “oggetti griffati, che avevano il mio brand. Che la gente ci creda o no, quelli sono regali”. Lo storditore elettrico, “che ho acquistato da un ferramenta”, serviva per “legittima difesa”. “L’anello a Luca Lucci? È un regalo”, dice Emis Killa rispetto al gioiello tutto diamanti, d’oro bianco che il rapper ha fatto fare in doppia copia, “uno per me ed uno per lui”. E sugli eventi in Calabria, organizzati dalla società riconducibile al Toro: “Sono cose fatte nel pieno della legalità”, è un lavoro per cui “ho preso un pagamento tracciato”. L’inviato prosegue chiedendo come si potesse non essere a conoscenza della attività “private” dei leader ultrà, dato che, seguendo le parole della Procura di Milano, c’è stato un “progressivo avvicinamento della ‘ndrangheta alla curva del Milan”. Ma il rapper replica che non si può giudicare una persona perché i suoi amici sono “inciampati”, e che quelle serate sono state gestite dall’agenzia che si occupa dei suoi eventi live: tutto, dice Killa, è avvenuto in maniera legale.
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