“Osservavi con le dita / quell’abito di Saint Laurent, / aderente, leggero, con le spalle nude / e i miei seni coperti da due labbra di tessuto”. Inizia così la poesia di Arianna Galli, classe 2002, ventunenne nata a Brescia ma cresciuta a Milano, sui social si mostra in vestiti lunghi ed eleganti con scatti un po’ alla Nouvelle Vague, che forse possiamo anche perdonargli come forma di giovanilismo estetico, che in ogni caso lei sa reggere bene. Poetessa della moda, si definisce. Sui suoi social conta molti follower e ha pubblicato due libri con due editori molto seguiti nell’ambiente poetico italiano: Ladolfi ed Ensemble. Scrive per alcune riviste letterarie e non, tra cui Satisfiction e Studi Cattolici. La poesia all’inizio di quest’articolo è uscita nel blog di Interno Poesia e ha scatenato non poche polemiche. Il motivo? Facilmente intuibile: “Ma quelle sono rifatte?”; “Metafore… eccelse”; “Ma le labbra sono merito del chirurgo o di photoshop?”. È questa l’esperienza di lettura l’appassionato medio di versi? Tutto questo non è una critica al testo: Arianna Galli è stata messa sotto processo per essere troppo bella. Un giudizio che danno, in modo più o meno gentile, autentici sconosciuti. Ma qui qualcosa si perde di vista. Non siamo di fronte a una poetessa e basta. Forse è una nuova frontiera che dimostra il ritardo decennale della poesia sulla narrativa o su altri campi (dalla fotografia al cinema). Quella della poesia brandizzata, dove l’abito di Saint Laurent non è l’occasione di fare la poesia, ma la poesia diventa l’occasione di parlare dell’abito di Saint Laurent, come se l’arte sappia esprimersi in dialogo solo con l’arte.
Un commento però ha dato uno spunto, involontariamente, più serio del previsto: “Ma è una poesia o uno spot pubblicitario?” E ancora: “Forse è pagata da Vaccarello”. Ecco, ma perché Saint Laurent non la assume? (Mi immagino la carovana di pubblicitari sotto le porte di MOW, pronti a chiedere il rispetto delle gilde e dei confini tra professionisti di settori diversi; ovviamente dimenticando la grandezza di chi pubblicitario è stato perché poeta, come Leonardo Sinisgalli). Yves, amico dell’oro (come nota proprio Arianna Galli in un suo articolo), distribuisci la tua ricchezza ai giovani poeti. Perché un abito aderente e leggero sui seni coperti di una giovane poetessa potrebbe essere il futuro almeno di una parte della poesia contemporanea, che non sa isolarsi (e non ne ha voglia) e che può crescere stimolata dalla nobile tessitura dei tuoi capi. Non poetessa influencer, ma poetessa della moda, ascoltatrice privilegiata di un mondo che chi legge poesia non sente vicino e pretende che non si avvicini, per paura che il settarismo da vittime venga infranto, lasciando spazio a sentimenti migliori della frustrazione, della rabbia e della denuncia sociale. Arianna Galli ha buone idee, bocciarla per questo significa voler bocciare la maggioranza dei poeti (e la maggioranza dei lettori che tentano di scrivere buone poesie). In fondo Carlos Drummond de Andrade scrivere che il culo era una meraviglia: “È tutto un sorriso”, e mi sembra che sia questo a mancarci oggi. Un sorriso: all’iniziativa, alla funzione imprenditoriale, all’idea di farsi da sé e soprattutto alla volontà di sfruttare in armonia tutto ciò che ci appartiene. In fondo non ci saremmo scandalizzati se una donna o un uomo avessero usato il proprio fisico (menomato o fuori forma) accanto ai propri versi, nel tentativo di normalizzare una forma esteriore, un astuccio. Eppure quanto accaduto dimostra che, nonostante la poesia dovrebbe essere per questo un luogo privilegiato, a non essere ancora normalizzata è proprio la bellezza.
La poesia completa:
Abito di Saint Laurent
Osservavi con le dita
quell’abito di Saint Laurent,
aderente, leggero, con le spalle nude
e i miei seni coperti da due labbra di tessuto,
lasciando in mezzo uno spazio profondo,
due gocce simmetriche di pelle.
Dicevi che con quel vestito monocromo
ero essenziale e liscia, curvilinea, sensuale,
nuda, come se addosso non avessi nulla a parte me stessa,
perché quel taglio risaltava i tratti francesi del mio volto,
il neo marrone ebano poco al di sopra della mia bocca,
e il mio sguardo affilato e malinconico da gatta.
Il deserto di Milano (Ensamble, 2023)