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Perché i Maneskin stanno spaccando all’estero? Perché dietro di loro c’è Fabrizio Ferraguzzo.
Ecco tutti i suoi segreti

  • di Maria Francesca Troisi Maria Francesca Troisi

11 novembre 2021

Perché i Maneskin stanno spaccando all’estero? Perché dietro di loro c’è Fabrizio Ferraguzzo. Ecco tutti i suoi segreti
Produttore che li ha sostenuti dall’inizio, ora manager che li ha portati a diventare un fenomeno globale. Da sempre si muove dietro le quinte, non ama apparire, ma la sua figura è stato l'incastro finale. Un personaggio ben noto agli addetti ai lavori, ma di natura riservata, anomalo nell’ambiente. Grazie a dei ganci ben informati, abbiamo scoperto alcuni particolari inediti sulla sua vita, non solo professionale

di Maria Francesca Troisi Maria Francesca Troisi

Dalle strade di Roma all'opening per i Rolling Stones, l'escalation planetaria dei Måneskin somiglia a una favola. Un gioco d'incastri che parte da lontano, sin da XFactor (2017), dove salgono sul podio dietro Licitra (l'unico che li ha superati. Sì, ma che fine ha fatto?). Poco dopo esce il primo album, "Il ballo della vita", con conseguente tour europeo e piogge di platino. La giostra continua a girare, next stop il Festival di Sanremo di quest'anno, dove si sceglie di puntare su un pezzo rockeggiante, invece della solita ballad (ne hanno a pacchi e pure ben fatte). L'intuizione è giusta, "Zitti e buoni" vince il Festival, e porta il quartetto dritto a Rotterdam, con storico trionfo allegato. Post Eurovision, l'exploit è di quelli impensabili, per Damiano e soci si spalancano persino le porte internazionali. Va da sé, talento e culo non bastano per sfondare. La dea è bendata, a fotterti ci mette un attimo, e se tutti quelli capaci riuscissero a spaccare, sarebbe un gioco da ragazzi fare il discografico. Senza dubbio i “romanacci” hanno saputo cavalcare l'onda, senza farsi disarcionare, sostenuti dalla bravura di chi lavora tra le quinte. La Sony, ça va sans dire, che ha fiutato subito il fenomeno, investendo sentimenti e soldi a palate, ma ancor prima il produttore degli inizi, Fabrizio Ferraguzzo, da alcuni mesi anche manager dei quattro, che si muove nell'ombra, accompagnandoli fin dai primi passi. La sua figura è l'incastro finale. Un personaggio ben noto agli addetti ai lavori, ma di natura riservata, particolare piuttosto anomalo, che lascia a bocca asciutta i più appassionati. Grazie a dei ganci ben informati, abbiamo scoperto alcuni particolari inediti sulla sua vita, non solo professionale.

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Ferraguzzo e i Maneskin a Sanremo

Il neo-manager di Damiano e compagni è "de Roma" come loro, nasce e cresce nel quartiere Pietralata. Col pallino della musica sin da bambino, ereditato dal padre, dopo un paio di tentativi fortunati “in casa”, a 33 anni (dieci anni fa) prova a inseguire la fortuna lontano dalla Capitale, lasciandosi alle spalle famiglia e compari. A Milano gli inizi sono tutt'altro che facili, povero in canna alloggia perfino in un garage. Post fatica iniziale, coi primi giri arrivano anche le conoscenze utili. L'incontro con Pico Cibelli (Sony Music) è la sua svolta personale. Il discografico (primo a credere nelle sue capacità), in quattro e quattr'otto se lo porta alla Sony. Poiché la sua indole indipendente rischia di prendere il largo, per convincerlo a restare, il presidente della multinazionale (Andrea Rosi) gli monta uno studio all'interno della società. Detto fatto, con l'avvallo della casa discografica Ferraguzzo firma i primi contratti.

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Fabrizio Ferraguzzo nel suo studio

Nell'arco di pochi anni, dalla maison Sony produce alcuni degli artisti rivelazione della recente scena musicale italiana, a cominciare dall'ultimo terzetto piazzato al Festival di Sanremo. Nel 2019 la vera sorpresa in riviera è Achille Lauro, ai tempi cavallo di razza della sua scuderia. I due lavorano insieme anche sul disco "1969", una delle ultime cose ben fatte dall'ex trapper "de Roma", prima di perdere la trebisonda e fare anche cambio discografica. Separazione artistica a parte, i due restano in ottimi rapporti. Nel 2020 tocca invece ai Pinguini Tattici Nucleari, che centrano il podio e fanno il botto pure in classifica. La band è un'altra scoperta del discografico romano. Siamo al 2021, l'anno dei Måneskin. Post Eurovision, i musicisti si affidano a Ferraguzzo anche col management, dopo un divorzio, non proprio consensuale, da Marta Donà. Nelle nuove vesti, il neonato manager (e talent scout dei quattro) chiude, in men che non si dica, diversi contratti importanti (e plurimilionari). Da Iggy Pop al Circo Massimo, passando per il tour europeo sold out in poche ore, fino a Jimmy Fallon e il pre - show dei Rolling Stones (dove i nostri hanno fatto sfracelli, vestiti a stelle e strisce), con finale ospitata nel salotto di Ellen Degeneres e promo mondiale affidata a Gucci, marchio non proprio semplice da affiancare a una rock band.

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Ferraguzzo, i Maneskin e il primo disco della band

A tutto questo si aggiunge pure il pass per Rock in Rio (il più grande festival di musica rock del Brasile) e altri agganci, in territorio Usa e altrove. Intanto, il romano asso piglia tutto ha ingaggiato anche Ron Laffitte, manager di Pharrell Williams, che seguirà con lui le gesta dei Måneskin sul suolo americano, creando un ponte Milano/Los Angeles che potrebbe ampliarsi anche ad altri. Insomma, il produttore asocial guarda lontano, e zitto zitto cacchio cacchio, senza compiacere nessuno, fa delle cose mirabolanti. A tal proposito, secondo i “nostri rumors”, Ferraguzzo ha in mente un altro progetto, stavolta in coppia con Shablo. Prevista per il prossimo gennaio, a Milano, l'inaugurazione di una factory di 2500 metri quadri, un posto inedito in cui far incrociare talenti di vari ranghi, non solo musicali. È chiaro che il discografico "de Roma" (laziale per i ben informati: ognuno ha la sua croce) concepisce il sistema in modo inusuale, non solo per quanto concerne le realizzazioni professionali, ma anche per l’ostinato confinarsi lontano dal glamour e dai social account (non ha più Facebook da un pezzo e su Instagram ha postato dieci foto in 3 anni). Nel frattempo, si è licenziato dalla direzione musicale di XFactor, dopo 5 anni (i Måneskin li ha beccati proprio lì, dopo un provino al Massive Arts Studios) e dimesso pure dalla Sony Music, un cambio di vita che non ha intaccato le relazioni con un'azienda che gli ha dato tanto, e con cui continua a collaborare col quartetto romano e per altri. La riprova del legame con la multinazionale è nel logo RCA (di proprietà dell'etichetta), con cui ha coniato il suo studio di registrazione a Milano, battezzandolo RCA Recording Studios. Un desiderio del romano, nato da un ricordo romantico legato alla sua infanzia, quando da piccolo pedalava alla volta dell'allora casa madre (sulla Tiburtina). Per dirla in parole povere, siamo al cospetto di un produttore-manager anomalo e fuori dagli schemi, che spacca più di tanti. In fondo non si è avverato solo il sogno dei Måneskin, ma pure il suo. C’è speranza anche per gli altri.

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