Marc Marquez è tornato a vincere a Misano, un circuito destrorso: per lui significa ritrovare un’abitudine che mancava da 735 giorni, a Motegi 2019. Non solo però, anche Pol Espargarò ha chiuso la miglior gara dell’anno con un secondo posto che arriva dopo una stagione complicatissima. Per l’8 volte iridato vincere nel weekend dedicato a Valentino Rossi - inutile girarci intorno - dev’essere stato ancora più dolce, se non altro per zittire i tifosi che sistematicamente l’hanno fischiato (quasi) ad ogni passaggio. Poco importa che Fabio Quartararo abbia vinto il titolo: per quello, Marc lo ha sempre saputo, c’è il 2022, quando la moto sarà certamente più competitiva ed anche il compagno di squadra avrà trovato fiducia.
Fra tutti i festeggiamenti della domenica quindi, dal mondiale che torna in Yamaha a Valentino che saluta la MotoGP, quello del Team Repsol non poteva certo mancare. Certo però che sentire tutto il box intonare Bella Ciao, un po’ come fanno gli italiani allo stadio con Seven Nation Army, fa un po’ sorridere. Anche perché, a differenza del coro dedicato alla nazionale, questa è una canzone con una storia ben più grande di quanto si possa immaginare ad un primo ascolto. Le cose sono due: o Marc Marquez e soci si sono voluti dipingere come la resistenza nei confronti del popolo giallo - non troppo diversamente da come aveva fatto Jorge Lorenzo definendosi uno spartano - oppure, cosa decisamente più probabile, in Spagna la Casa di Carta ha ormai preso il sopravvento. La scena della serie Netflix in cui i personaggi cantano la canzone è diventata celebre, catapultando il brano in quell’immaginario popolato da maschere di Salvador Dalì, nomi di città ed imprese eroiche.